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“Papa Leone XIV: il compromesso storico Vaticano II”, l’Editoriale dell’Ambasciatore Bruno Scapini

Redazione by Redazione
11 Maggio 2025
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“Israele e la parte sbagliata della Storia”, l’Editoriale dell’Ambasciatore Bruno Scapini
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A Conclave conclusosi, ed eletto il nuovo Pontefice nella persona di Leone XIV, al secolo il Cardinale Robert Francis Prevost, c’è da chiedersi cosa alla fine sia rimasto delle tante aspettative, attese e speranze nutrite, come anche dei molteplici pronostici fatti circolare a iosa da parte di opinionisti prestatisi all’occasione come esperti vaticanisti.

Sulla base della esperienza politica della polarizzazione che il mondo di oggi sta vivendo, non sono certo mancati coloro che spingevano per un Papa che seguisse pedissequamente il solco di Bergoglio. Ma, al contrario, erano anche in molti coloro che auspicavano un ritorno alla “regola”, ovvero ad un magistero ecumenico più terrestre, più prossimo alla tradizione e meno rivoluzionario nei modi e nel sentire. Abbiamo avuto già modo (con l’editoriale del 29 aprile scorso da Gazzetta Diplomatica) di prevedere come l’elezione del nuovo Pontefice, alla luce della estremizzazione ideologica che pervade le moderne società (e alla quale neanche la Chiesa di Roma avrebbe potuto sottrarsi), non sarebbe stato un facile esercizio curiale. I “Grandi Elettori” cardinalizi – e questa è sembrata l’ipotesi realisticamente più accreditabile – si sarebbero dovuti confrontare nell’eleggere il nuovo successore di Pietro con l’esigenza imprescindibile di dover fare “virtuosa sintesi delle spinte contrapposte”. Ed in effetti è proprio questo il risultato ottenuto.

Papa Leone XIV rappresenterebbe, infatti, la significativa “summa” delle opposte tendenze e aspirazioni. Né, peraltro, si sarebbe potuto trascurare, nel pronosticare l’esito della sacrale scelta, l’aspetto sociologico della costituzione del Conclave, risultando la stragrande maggioranza dei Cardinali ammessi al voto di nomina bergogliana. Ben 108 su 133!  Una circostanza che avrebbe facilmente, e con plausibile dose di plausibilità, indotto chiunque a ipotizzare un nuovo Pontefice fedele osservante delle “linee guida” di Papa Francesco sia nella loro esplicitazione concreta nel nuovo “magistero” pontificale, sia nella loro dimensione più strettamente pastorale che, in fondo, è stata quella più tangibilmente apprezzata nell’operato di Bergoglio.

Alcuni aspetti, comunque, ci possono aiutare a comprendere quale potrà essere, non tanto il ruolo – in quanto questo implicherebbe indiscutibilmente un protagonismo scenico che sembrerebbe mancare al nuovo Pontefice – quanto la posizione di Leone XIV avverso le divergenti tendenze che agitano un mondo segnato oggi da una crescente conflittualità bellica, da contrapposizioni politiche inconciliabili e da un risveglio incontrollato di ideologie che credevamo morte e sepolte e che invece vengono riabilitate per legittimare, con false e pretestuose motivazioni, la riscrizione della Storia.

Papa Prevost, in questo quadro di profonda instabilità politica ed emotiva, sembra proprio assicurare quella perfetta sintesi capace di compendiare in un “equilibrio disequilibrato e disequilibrante” quelle esigenze pragmaticamente avvertite dalla Chiesa di Roma per una conciliazione – forse dalle alterne vicende, ma coerentemente gestita nel lungo periodo – tra le istanze liberal-globaliste, più prosaicamente definibili come “progressiste”, e un desiderio di ritorno alla “norma”, ovvero ad un paradigma antropologico capace di riflettere la naturale natura dell’uomo, senza sostituirsi a Dio nel determinarne caratteri e inclinazioni. In questa prospettiva, i valori della teologia agostiniana, la reverenza verso la figura mariana della Chiesa e l’esperienza missionaria maturata in Sud America fanno indubbiamente di Papa Leone un “progressista moderato”. L’innovazione sì, sembra affermare il Pontefice, ma a dimensione umana!

Per contro, non sarebbero delusi da Papa Prevost neanche coloro che aspiravano ad un ritorno alla “normalità” della Chiesa. Il nuovo Pontefice, probabilmente rispettoso di una “ecumene” più fedele alle tradizioni, sembrerebbe rigettare esperienze dogmatiche rivoluzionarie o spinte innovative ad oltranza nel dimensionare il rapporto tra il terreste e il trascendente. Poco spazio verrebbe in tale prospettiva lasciato da Papa Leone ad una “mondificazione” della Chiesa, seppure con lo sguardo sempre puntato su quella umanità sofferente che, anziché migliorare di condizione sociale, viene vieppiù emarginata alla luce di quell’inesorabile scarto tra ricchezza e povertà che oggi contraddistingue le società capitalistiche occidentali.

Il cammino sinodale seguito da Francesco, farà così indubbiamente da guida anche per Papa Leone, seppure con taluni correttivi onde evitare di stravolgere proprio quel paradigma esistenziale che egli stesso si propone alla luce dell’insegnamento agostiniano imperniato nel riconoscimento del giusto rapporto tra fede e ragione. Un rapporto, peraltro, mirabilmente sintetizzato dal Santo nella locuzione “Credo ut intelligam, intelligo ut credam” (Credo per capire e capisco per credere).

Difficile, in ogni caso, non accettare questa predisposizione del nuovo magistero pontificale all’apertura verso gli uomini e al mondo. La Chiesa di Roma è per sua propria natura “universale”, e per tale sua profonda caratteristica non potrebbe sottrarsi al richiamo del confronto e del dialogo senza rinnegare la propria dimensione esistenziale e pastorale. Dunque, a ben osservare, ci sarebbe una profonda saggezza in questa scelta del Pontefice. Il Papa giusto al momento giusto! Si potrebbe affermare. La Curia, così agendo, avrebbe dimostrato in fondo di non voler compiacere nessuno, ma neanche di deludere nessuno. E non saremmo lontani dalla verità se dicessimo che Papa Prevost saprà certamente essere un Papa “diplomatico”. Un successore di Pietro in grado di far navigare la S. Sede tra rovinosi flutti, ma senza naufragio. E una considerazione dovrebbe convincerci dell’innegabile forza dimostrata dalla Chiesa in questa scelta: compressa tra le sollecitazioni più tendenzialmente progressiste rappresentate da Re Carlo III, in occasione della sua recente visita in Vaticano, e quelle di cui si sarà certamente fatto portavoce JD Vance per un Papa che rispondesse alle nuove istanze conservatrici dell’Amministrazione americana, la Curia di Roma, eleggendo Papa Leone, ha mirabilmente fuso le divergenti aspettative delle due opposte sponde dell’Atlantico, conciliandole in una figura di Pontefice che compiacesse, da un lato, le attese di Trump per dargli l’”onore” di vedere un Papa americano, ma che, dall’altro, costituisse al contempo – quale messaggio su una incondizionata volontà di indipendenza della Chiesa –  anche un velato smacco per non essere il nuovo magistero pontificale pedissequamente allineato sulle sue posizioni.

Bruno Scapini

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