Che questa UE non piaccia alle forze sovraniste è appurato. Ma non piace, a ben guardare, neanche all’America di Donald Trump!
Il discorso di J.D. Vance tenuto alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco lo avrebbe ben esplicitato. L’Unione Europea, nel ruolo e nel formato che ha oggi assunto, non serve infatti agli Stati Uniti, tant’è che l’avvio annunciato dei negoziati con Putin sull’Ucraina, non prevede – almeno per ora – la presenza di esponenti di Bruxelles, né quelli di Kiev. Probabilmente, è lecito ipotizzare nella contingenza che questi saranno ammessi al tavolo negoziale a giochi fatti, ovvero quando le linee fondamentali della proposta risolutiva della guerra saranno state già tracciate e sostanzialmente accettate.
Mancanza di fiducia di Trump verso l’Unione Europea? Possibile, oltre che probabile. Il pericoloso arretramento degli europei sul terreno della democrazia – di cui proprio Vance si è fatto interprete e portavoce a Monaco – non garantisce alla Casa Bianca oggi la sussistenza di valori condivisibili tra le due sponde dell’Atlantico. Nell’America di Trump ora si corre veloci verso un radicale cambiamento; e non solo nella nomenclatura istituzionale – posta sotto il torchio di una verifica sulla conformità della gestione finanziaria agli interessi dei cittadini americani – ma anche negli orientamenti del sistema valoriale imposto all’America dalle precedenti Amministrazioni. E’ una nuova era quella di Trump. Un’era di ritorno alla “normalcy”; ovvero a quella “normalità” che il neoeletto Presidente fortemente sostiene dopo le scriteriate politiche progressiste.
L’Europa, per contro, rimane immobile di fronte a tanto inaspettato cambiamento. E, asservita com’è alle forze globaliste che l’avevano prima espugnata (collocando ai vertici dei Governi fedelissime avanguardie del Forum di Davos), cerca ora, sentendosi spiazzata, di ridarsi una voce. E lo fa in modo scomposto, irrituale, raffazzonato, percependo chiaramente lo scollamento endemico dai suoi cittadini di cui sta perdendo gradualmente, ma ineluttabilmente, fiducia. Parigi è la sponda cui i leader europei guardano ora. Ma ancora una volta, l’iniziativa di Macron di convocare una riunione politica “informale”, come immediata reazione all’oltraggio subito a Monaco per voce di Vance, si dimostrerebbe espediente fallace per simboleggiare una unità europea che in verità non è mai concretamente esistita. Anziché sollecitare un Consiglio straordinario dell’UE, l’”enfant prodige” si limita invece ad invitare solo alcuni dei leader europei ai quali associa i vertici della NATO e dell’UE (Mark Rutte e Ursula von der Leyen), sopravvivenze espressive di un sistema globalista oggi messo decisamente al bando dalla nuova Amministrazione americana.
Tuttavia, non illudiamoci ancora di un ravvedimento di Bruxelles. Per quanto arduo possa sembrare, infatti, l’Araba Fenice potrebbe riprendere forza e vigore proprio dalle sue ceneri e, sebbene mortificata dagli strali provenienti da Washington, troverebbe nelle attuali circostanze una ragione più che valida per risorgere, proponendo non un arretramento delle posizioni comunitarie ma, al contrario, un loro avanzamento col pretesto di dover difendere l’Ucraina perché la sua difesa è la difesa della stessa Europa. L’Ucraina, infatti, nella corrente percezione europea, non sarebbe più oggi soltanto la vittima di una aggressione liberticida, né il soggetto soccombente di una disumana violenza, ma il simbolo stesso in cui le libertà europee si identificherebbero e per le quali varrebbe impegnarsi in un progetto di mobilitazione teso ad arginare le velleitarie ridondanze imperialiste del Cremlino!
Ecco allora che l’antica idea di una unione militare europea potrebbe riaffiorare alla mente di qualcuno ed essere ora riproposta e anche con probabili margini di relativo successo. Il formato scelto per la riunione di Parigi, con esclusione delle leadership più scettiche (Orban e Fico), confermerebbe d’altra parte una tale possibilità. Già da tempo, del resto, la Presidente della Commissione preannunciava un progetto di militarizzazione per l’Europa da realizzarsi trasformando la Comunità Politica Europea da mera piattaforma di consultazione in funzione anti-russa, in una vera e propria struttura militare comune. Un progetto, quest’ultimo, che però non prescinderebbe funzionalmente dall’altro – più schiettamente politico – inteso a spingere l’Europa verso una nuova configurazione in grado di rafforzare, con le dovute modifiche ai Trattati, il livello di istituzionalizzazione dell’Unione. Un ulteriore accentramento dei poteri nella Commissione, una accentuazione del ruolo del suo Presidente e l’abolizione della unanimità quale metodo di votazione nel Consiglio Europeo, sostituendolo con quello della maggioranza qualificata, sarebbero, in quest’ottica, le condizioni imprescindibili per dare all’Europa la nuova dimensione militare auspicata da Bruxelles.
Una tale prospettiva sembrerebbe, considerata la stretta contingenza imposta dal nuovo inquilino della Casa Bianca, l’unica risposta di cui oggi le leadership europee sarebbero capaci. E la riunione di Parigi, voluta da Macron, potrebbe verosimilmente gettare le prime basi di questo progetto. Un progetto che se anche non fosse condiviso da tutti gli Stati membri, potrebbe comunque trovare realizzazione almeno in parte in virtù di quel principio di “cooperazione rafforzata” previsto proprio dai Trattati fondativi per spingere in avanti l’architettura europea limitandola ad alcuni membri più volenterosi e lasciando agli altri l’opzione di una astensione costruttiva.
Se così dovessero andare le cose a Parigi, la progettazione di questa nuova fase del corso europeo verrebbe a costituire una seria sfida per le democrazie europee, le quali diverrebbero sempre più vittime inconsapevoli di una deriva autocratica dell’Unione senza che ad essa si accompagni, per legittimarla, un quanto mai necessario rafforzamento della rappresentatività democratica dei popoli europei fino ad oggi sottostimata, se non addirittura volutamente rigettata.
Bruno Scapini
Ottima analisi che condivido in pieno
ANALISI LUCIDA. POTREBBE ACCADERE DI TUTTO