Ingegnere civile esperto di rigenerazione urbana, professore universitario, più volte Rettore, Ministro dei Trasporti del Governo Prodi: Alessandro Bianchi è un intellettuale dotato di uno spiccato senso critico, che non ama i toni accesi, ma che, al contempo, sempre con innata eleganza, sa essere molto diretto. Interpellato, accetta di buon grado di approfondire i temi connessi all’occupazione militare russa in Ucraina.
Professore dove vanno cercate, secondo lei, le cause del conflitto in atto?
Le cause sono le stesse di quelle che hanno dato vita all’occupazione della Crimea e alla presenza armata nel Donbas, vale a dire le mire espansionistiche della Russia putiniana. E siccome quella Russia non conosce modalità diverse per le relazioni internazionali, persegue quelle mire con atti di guerra.
Cosa pensa di Putin e della Russia di oggi?
Premetto che ritengo errato considerare oggi Putin e la Russia come due cose distinte, perché è come dire che a suo tempo la Germania era cosa diversa da Hitler o l’Italia era cosa diversa da Mussolini. Evidenti falsi storici. Ora come allora le diversità sono del tutto marginali, mentre la condivisione è ai massimi livelli. Detto questo, penso che la Russia putiniana sia il simbolo di una nuova barbarie, perché non vedo come altro possa definirsi chi uccide e violenta migliaia di persone, distrugge intere città e crea milioni di profughi.
E Zelensky?
Penso che Zelensky sia un caso tipico di cambiamento della personalità a seguito dell’acquisizione di un ruolo. L’attore era un tipico personaggio di stampo berlusconiano. Il Presidente della fase precedente all’invasione russa era un populista che si stava invischiando con le solite oligarchie. Il Presidente di guerra è il sicuro interprete della volontà di un popolo di difendere la propria libertà e sovranità, anche mettendo in gioco la vita.
Oggi è più che mai legittimo interrogarsi su quali saranno nel prossimo futuro le conseguenze di questo conflitto per il nostro Paese.
Ho scritto di recente che quello su cui ci dobbiamo interrogare è da quale parte del mondo vogliamo stare. Da quella che non conosce la parola democrazia, in cui esiste solo l’informazione di Stato, in cui i dissidenti vengono eliminati fisicamente, in cui si nega l’evidenza dei fatti, in cui i rapporti tra Stati vengono regolati con la guerra? Oppure dalla parte di un mondo che ha certamente generato i suoi mostri e le sue mostruosità ma che li ha saputi riconoscere, combattere, spesso condannare e, pur faticosamente, estirpare? Non c’è dubbio che nella situazione attuale per salvaguardare la nostra parte, i suoi valori fondanti, i suoi principi e le sue regole, ci sarà un prezzo alto da pagare. Ma è il prezzo giusto per difendere la civiltà dalla barbarie.
Aumento del budget della Difesa per le spese militari, c’è chi parla di necessità, chi di uso strumentale della tragedia in corso. Lei da che parte si schiera?
Sono dalla parte opposta di tutti quelli che mentre un Paese viene distrutto da un esercito di invasori, ci spiegano che le cause sono ben altre, che la situazione è più complessa, che bisogna capire le ragioni di tutti. Una posizione eticamente aberrante.
Finlandia e Svezia, intanto, pensano di entrare nella Nato.
Era evidente che sarebbe accaduto, ed è la dimostrazione che gli oligarchi russi oltre ad essere dei criminali di guerra sono anche stupidi nel senso che ha ben stigmatizzato Carlo M. Cipolla: “Una persona stupida è una persona che causa danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita”.
Dopo la guerra, che tutti ci auguriamo possa finire quanto prima, c’è il tema della ricostruzione. In un suo recente articolo lei si è soffermato soprattutto su due città: Mariupol e Odessa.
Per il rispetto che dobbiamo a tutti quelli che continuano a morire e a soffrire sotto i bombardamenti dei russi, lascerei questo tema fuori dai discorsi attuali. Quello che ho scritto su Mariupol e Odessa voleva solo mettere in evidenza come la furia distruttrice della guerra si abbatta anche sui luoghi simbolo della vita di una città.
L’Università Bicocca, nel marzo scorso, ha annullato un corso su Dostoevskij, ma poi, a fronte delle numerose polemiche suscitate, è tornata indietro su questa decisione, confermando l’insegnamento. Ad aprile, invece, a una compagnia di ballo ucraina è stato vietato di andare in scena con il “Lago dei cigni” perché opera del compositore russo Cajkovskij. Lei come commenta queste due vicende?
Credo siano errori nei quali si finisce per cadere sotto l’impeto dello sdegno che sale contro tutto e tutti assistendo ogni giorno alla violenza messa in atto dalla guerra. Detto questo ritengo che la Russia di oggi vada messa ai margini delle relazioni di civile convivenza in tutti i campi in cui questa si esplica: economico, sociale e culturale.