Studentessa modello, mentalità internazionale, una passione smisurata per l’equitazione e tanta voglia di cimentarsi in sfide sempre più impegnative: Tiziana Ricciardelli, giovane e promettente bioinformatica campana, a un certo punto del suo percorso di studi matura una scelta decisamente poco comune, ovvero, partire per l’Arabia Saudita.
“Se vogliamo essere pignoli – ci spiega – parte tutto dalla passione per i cavalli. Ho sempre nutrito interesse per la cultura araba in generale, e specialmente per quella dell’Arabia Saudita, terra natia di razze equine meravigliose. Sono cresciuta vedendo da piccola bellissimi cavalli arabi sfilare, perfetti in ogni loro centimetro negli show di morfologia, molto popolari in Italia negli anni duemila. Uno degli stalloni per cui avevo particolare preferenza, Bj Thee Mustafa, venne acquistato dalla scuderia reale Saudita e portato da Capua, vicino Caserta, a Riyadh. È in quel momento che mi sono incuriosita maggiormente e ho iniziato ad avere particolare attenzione per questo Paese. Dunque, nel 2017 non ho avuto la minima esitazione ad accettare un tirocinio presso la King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) proprio in Arabia Saudita, su proposta dei miei professori Luigi Cavallo e Romina Oliva”.
Come vive una donna, per giunta giovanissima, in Arabia? “Per quanto mi riguarda, si è trattato della prima esperienza a lungo termine lontano da casa, da sola. Che dire, sono stata così bene che quando mi è stato proposto di tornare per il dottorato di ricerca, ho fatto le valigie in un lampo”.
Com’è l’Arabia Saudita vista da una studentessa italiana? “Esattamente il contrario di quello che si possa apprendere comunemente dai media italiani. L’Arabia è un posto magico, il suo popolo è uno dei più accoglienti in assoluto e, quella che io definisco “incontaminazione dei suoi luoghi”, è introvabile. E poi, soprattutto, negli anni è diventata l’ombelico della ricerca scientifica mondiale. Dal 2006, infatti, per volere del Re, King Abdullah, è nato il campus presso il quale oggi faccio ricerca e vivo. La parola d’ordine del Paese in questi anni è stata innovazione, per il progresso della nazione e del mondo. Il KAUST conta migliaia di studenti, professori e lavoratori da tutti i continenti, ed è a mio avviso un ambiente internazionale unico. Al suo interno ci sono conferenze, seminari e workshop quotidiani, che permettono agli utenti di essere sempre al passo con i tempi nel loro ambito scientifico, incubatori di start up e challenge per spronare i giovani a fare del loro meglio per il progresso sociale e scientifico. Penso che l’Arabia sia uno dei Paesi che investe di più per la ricerca scientifica a livello mondiale, anche se questa, purtroppo, non è una notizia frequente tra i titoli dei media occidentali”.
Eppure, nei paesi occidentali, si parla molto della condizione della donna in Arabia… “È vero, è innegabile che la condizione della donna qui sia molto diversa dalla nostra. Una cosa è certa: rispetto al 2017 ci sono stati molti progressi. Per quanto mi riguarda, mi è capitato di percepire davvero la differenza di condizione della donna qui in Arabia una sola volta. Appena arrivata, cinque anni fa, l’autista del taxi che mi avrebbe portato al KAUST è stato fermato da un poliziotto al gate di uscita della città di Jedda. Hanno parlato per quasi 20 minuti in arabo e io, convinta che fosse a causa del fatto che non indossassi l’abaja (vestito nero lungo da collo a piedi) allora fortemente consigliato anche alle donne non musulmane, ho cercato di intervenire in inglese scusandomi e spiegando che ero appena arrivata dall’Italia, dove non avevo trovato nulla di simile da poter indossare. Il poliziotto non mi ha mai rivolto lo sguardo né la parola, se non per dirmi, alla fine della discussione con il tassista, che dovevo sedermi assolutamente dietro la volta successiva. Poi, però, non mi è mai più capitato nulla del genere. Da allora molte cose sono cambiate, una fra tutte, che le donne possono guidare. Lo so, può sembrare una banalità, ma non si può essere convinti di poter cambiare dall’oggi al domani le tradizioni millenarie di un popolo. I cambiamenti devono essere graduali, per il bene e la stabilità del tessuto sociale. Ma, in fondo, noi siamo sicuri di poter giudicare, guardare sempre dall’alto al basso le altre culture, mentre in casa nostra si viene ancora accusate di aver avuto un vestito troppo corto?
Bilancio dunque positivo… “Come già detto sono alla seconda esperienza in Arabia Saudita. La prima solo per qualche mese nel 2017, ora in maniera più stanziale mi trovo qui dall’ottobre del 2021. Le possibilità di crescita lavorativa, di far parte di un ambiente scientifico internazionale, unitamente alla meraviglia delle mete turistiche e non di questo Paese, hanno portato a farmi percepire l’Arabia come una seconda casa. Ed è esattamente così che mi sento: a casa”.
Consiglieresti ad altri studenti di cimentarsi nello stesso tuo percorso? “Assolutamente sì. Provare per credere. Che sia per turismo, lavoro o studio, l’Arabia è un paese da vivere almeno una volta nella vita”.
Ora quali prospettive si aprono per la tua carriera? “Sono appena all’inizio, essendo al primo anno di dottorato, quindi non saprei. Sicuramente immagino il mio futuro nell’ambito della ricerca e spero vivamente di poter dare il mio massimo contributo in Arabia, Paese che ho imparato ad amare”.
Brava Tiziana! Alla grande!!!
Proud!!!