L’Italia “avrebbe potuto davvero ospitare l’incontro tra il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump”. Lo ha scritto l’Ambasciatore russo in Italia Aleksej Paramonov sul suo canale Telegram, spiegando. “Tutte le condizioni per farlo c’erano: sia una buona infrastruttura, sia un atteggiamento di rispetto e amicizia nei confronti della Russia, nonché l’esperienza nell’organizzazione d’importantissimi eventi multilaterali e bilaterali. Tra questi, merita ricordare le numerose visite italiane del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, a partire dal cruciale summit dell’agosto 2003 in Sardegna, alla recente visita di Stato a Roma del luglio 2019 (peraltro, il colloquio tra il presidente russo e Sergio Mattarella fu allora molto cordiale). Perché non è stato possibile? Cos’ha ostacolato un indubbio, storico successo diplomatico di Roma, successo che avrebbe facilmente potuto offrire all’Italia un ruolo di primo piano nella politica internazionale? – aggiunge Paramonov -. Ahimè, la solita russofobia della classe dirigente, la miopia politica complessiva e una linea di politica estera unilaterale e nociva che, a partire dal governo di Mario Draghi, in contrasto con la tradizione diplomatica italiana, ha consolidato una posizione ostile a Mosca, un insensato ‘sostegno a 360 gradi all’Ucraina’ e un totale rifiuto del dialogo”.
Il titolo non rispecchia le parole dell’ambasciatore. La russofibia non è italiana. È della classe dirigente (per utilizzare la definizione eufemistica del gruppo di persone che detiene il potere per grazia di Washington e di Bruxelles) italiana totalmente sconnessa con gli italiani. Basterebbe un qualsiasi sondaggio per constatarlo.