Patetica l’esposizione ai Fori Imperiali in Roma dell’ambulanza ucraina mitragliata dai russi a Kharkiv. Se non fosse per il richiamo operato dal veicolo alle tante vittime di questa guerra – aspetto che ben merita tutto il nostro senso di pietà e commiserazione – la scena sarebbe perfino risibile se pensassimo alla astuta semplicioneria dei suoi ideatori nell’immaginarsi che solo guardando la carcassa del mezzo potremmo tutti essere indotti a sostenere la causa degli ucraini.
Una pensata certamente d’effetto quella di portare il veicolo in un tour europeo per esibire al più ampio pubblico i segni deplorevoli e orrifici della guerra. Non c’è dubbio. Ma più verosimile sarebbe l’obiettivo che in esso si nasconde, di raccogliere consensi nella prospettiva di convincere quante più persone su quale sia il lato giusto della Storia. In fondo, l’organizzazione no-profit LUkraine, promotrice della campagna “Ukraine is calling”, non farebbe che proporre una visione strettamente manichea della guerra, ovvero quella di un mondo diviso tra Bene e Male per convincere l’osservatore a identificare a prima vista i cattivi, coloro ovvero che avrebbero mitragliato l’ambulanza, impedendo con questo “crimine” il giusto soccorso a chissà quante altre vittime ucraine.
C’è molta ingenuità, certamente, in questa iniziativa. Purtuttavia è parimenti incontestabile l’effetto che l’immagine di certi tragici eventi può comportare a livello di comunicazione. Ma il credere che oggi la gente possa convincersi della giustezza di una guerra solo guardando i suoi tratti più esteriori, e per giunta proposti in maniera soggettiva, unilaterale, con evidente parzialità argomentativa e non senza una innegabile dose di prevenute convinzioni, è soltanto una vana illusione.
Portare la guerra russo-ucraina nella diretta percezione dei cittadini sarebbe, a quanto sembra, il dichiarato obiettivo degli organizzatori dell’iniziativa. Che poi serva anche per raccogliere fondi in favore degli ucraini potrebbe anche essere un comprensibile scopo collaterale. Ma sull’operazione, a ben guardare, aleggerebbe a grandi dimensioni il fine, ben mascherato da finalità umanitarie, di alimentare e nutrire una propaganda di schietta matrice filo-atlantista.
Per fortuna, sempre più politici, partiti e comuni cittadini stanno ora prendendo le distanze da questa guerra contro la Russia. Un conflitto le cui vere ragioni andrebbero meglio ricercate nelle dinamiche geopolitiche oggi imposte dagli Stati Uniti nella prospettiva di ottenere un indebolimento della potenza euro-asiatica creando una sorta di “cordone sanitario” attorno ai suoi confini, isolarla e possibilmente disgregarla. Un obiettivo, quest’ultimo, già messo in conto da Washington fin da quando, la Russia, superata la prima critica fase post-sovietica, ha riacquistato non solo quella stabilità interna che era stata messa a repentaglio dalla dissoluzione dell’URSS, ma anche quel ruolo di grande potenza che le consente oggi, sia di affrontare un protagonismo economico a tutto campo, sia di affermarsi quale centro catalizzatore di una nuova nascente comunità internazionale non più disposta a tollerare le sopraffazioni e i soprusi delle c.d. “corporate giants”. Ovvero di un’America divenuta strumento di egemonia delle più potenti multinazionali e fondi di investimento.
La prova di questo epocale riorientamento della pubblica opinione internazionale è del resto deducibile sia dal sempre maggior numero di Governi che chiedono di aderire ai BRICS – la nuova realtà che accomuna i Paesi allineati sul nuovo corso democratico-popolare –, sia dalle nuove tendenze anti-progressiste in corso di crescente affermazione nei contesti politici nazionali dello stesso Occidente, di cui le recenti elezioni regionali in Sassonia e Turingia (Germania) sono state una chiara e irrefutabile manifestazione emblematica.
È fuori questione, dunque, che ci troviamo oggi davanti ad una decisiva svolta della Storia. Un cambiamento di rotta indotto, peraltro, proprio da quell’egemonismo imposto con irriducibile sfrontatezza dagli esponenti più implacabili del moderno capitalismo americano di cui i popoli più avveduti hanno iniziato ora a percepire le profonde contraddittorietà e negatività.
Non guardiamo, allora, all’ambulanza ucraina per farci convincere che il male esista solo da una parte (quella russa). Cogliamo, invece, e più utilmente, nell’opera demolitrice della guerra la percezione sì del dramma che essa comporta per tutte le sue vittime indipendentemente dalla nazionalità, ma soprattutto l’opportunità di indurci – in vista di un nostro obiettivo e imparziale giudizio – ad una saggia riflessione sulle verità incontestabili della Storia molto spesso, purtroppo, come in questo caso, manipolate ad arte e scientemente da una parte per compiacere i propri egoistici interessi.
Bruno Scapini