di Elda Fauci
In un caldo pomeriggio d’inizio giugno, abbiamo raggiunto il Senatore emerito ed ex presidente dell’associazione “Parlamentari Amici della Filatelia”, e raccolto il suo punto di vista sul conflitto russo-ucraino, raccogliendo la sua proposta d’un francobollo di solidarietà dedicato al popolo ucraino.
Senatore Giovanardi, lei ha proposto al ministero dello Sviluppo Economico l’emissione di un “francobollo di solidarietà” dedicato al popolo ucraino. Dopo Austria, Croazia, Estonia, Lettonia, Polonia e Ungheria, anche l’Italia avrà il suo francobollo commemorativo.
“Sono già usciti in vari paesi europei francobolli che riguardano l’Ucraina e la guerra in corso. l’Ucraina stessa ne ha prodotto uno, nel mondo degli appassionati quindi è nata una nuova tematica. onde evitare polemiche o l’accusa di politicizzazione, la mia proposta è che il ricavato della vendita o l’eventuale sovraprezzo vada interamente all’assistenza dei profughi ucraini che sono venuti in Italia. Uno strumento dunque di solidarietà ed assistenza. Ricordiamo che ci sono milioni di persone che son dovuti fuggire da quel paese e sono state ospitate in Italia ed in altri paesi europei, ci son tante persone che vogliono contribuire ad aiutare queste famiglie e questo può esser un modo. Il vice ministro ha detto di esser favorevole e dal Ministero mi hanno fatto sapere che dovrebbero inserire questa emissione già in questo semestre, tra giugno e dicembre. Mi sembra quindi un’opportunità per dare una mano a queste persone”.
Mentre parliamo, abbiamo già superato i 100 giorni di combattimenti, la sua posizione rispetto a questa guerra o ritiene possa ancora essere definita crisi?
“La mia posizione è assolutamente a favore del popolo ucraino. Nel momento in cui è pacifico che ci sia un aggressore ed un aggredito, l’unica posizione è schierarsi a favore dell’aggredito. È evidente che non possiamo intervenire militarmente, fare la nofly zone etc… ma dargli i mezzi per difendersi mi sembra il minimo sindacale. L’unica scelta politicamente e moralmente accettabile.”
Secondo lei, da dove deve ricominciare l’Europa? Ritiene opportuno questo allargamento della Nato ad est?
“Se noi crediamo che in democrazia i popoli abbiano il diritto di autodeterminarsi, allora il principio vale per tutti: se gli svedesi, i finlandesi ritengono utile aderire alla Nato, chi può dir loro di no? Chi poteva dire all’Italia “No, tu alla Nato non aderisci”? Se qualcuno mi viene a raccontare oggi che l’Italia o la Francia, o qualsiasi altro paese europeo ha intenzione o si accinge ad invadere la Russia io direi ricoveratelo. Ma c’è qualche paese europeo che abbia mai pensato di invadere la Russia? Basta guardare la cartina geografica: la Russia ha i porti sull’Atlantico e sul Pacifico, rispetto al Mediterraneo ha le basi in Siria, sta lavorando con la Libia e ancora penetrando in Africa. Ha un’estensione gigantesca”.
Quindi ritorniamo al principio dell’autodeterminazione dei popoli.
“Appunto. Qualcuno ha il coraggio di sostenere che la Nato si appresta ad invadere la Russia? Che poi siamo stati talmente ingenui, o generosi, da metterci nelle mani della Russia per quanto riguarda il gas, l’energia, abbiamo detto di no al nucleare, al carbone, a tutto quello che poteva garantirci l’autosufficienza energetica, adesso ci mettiamo nelle mani di Putin. A maggior ragione ci eravamo già messi economicamente nelle mani della Russia, da un punto di vista politico non ne parliamo. Alla luce di questo, come si fa a dire che Putin ha una giustificazione per tutto quanto sta accadendo? A meno che qualcuno dica che visto che Milano e Venezia sono state città austroungariche, sarebbe stato giusto che alla fine del secondo conflitto mondiale Germania ed Austria le riavessero indietro.
Il ragionamento che fa Putin è questo: l’Ucraina è nostra perché storicamente etc..
Ragionando così salta in aria l’Europa. A questo punto diciamo che Londra è nostra perché era una città romana.
Si sperava, fino a febbraio, che dopo la seconda guerra mondiale, l’idea della guerra per recuperare spazi geografici fosse tramontata. Qualcun invece vuole creare un precedente per cui questo principio sacro viene rimesso in discussione.
Putin dice di intervenire in difesa delle minoranze.
“Si gioca sull’equivoco e le spiego perché: a Odessa, nel Donesk, non si parla Russo? Sono zone dove parlano tutti russo. Se poi vogliono dire che in quelle zone la lingua ufficiale sia l’ucraino, faccio notare che a Malta la lingua ufficiale è il maltese, in Irlanda il gaelico. Ad oggi in Europa non c’è nessun paese la cui lingua ufficiale sia l’inglese, eppure è la lingua scelta dall’Unione Europea. Quindi a Odessa parlano tutti russo e la propaganda russa dice che in Ucraina lo hanno proibito. Come in Italia: la lingua ufficiale è l’italiano, ma parlano tedesco in Alto Adige, in Veneto usano molto il dialetto, nessuno lo proibisce, semplicemente però la lingua ufficiale resta l’italiano.
Che a Pola e Fiume, per esempio, si debba tutelare la minoranza e la cultura italiana è sacrosanto. Ma ci si arriva con mezzi pacifici. Questo per dire quanta doppiezza e quante menzogne dietro alle motivazioni per cui si fanno migliaia di morti, comprese donne e bambini.
Torniamo indietro di qualche settimana: che idea si è fatto del caso Orsini, il cui contratto con la Rai è stato annullato all’indomani della guerra: atto di responsabilità o tentativo di controllare l’opinione pubblica?
“Il tentativo di controllo dell’opinione pubblica mi sembra evidente. Orsini poi basta che accendi la tv e lo ritrovi da tutte le parti. Per me dice robe che non stanno né in cielo né in terra, va in giro a raccontare che Draghi è come Lukashenko, compare dappertutto, tv di stato compresa. A me pare che in Italia ci sia una sfrenata propaganda filorussa, in Europa guardano all’Italia come un caso particolare: è evidente che bisogna dar voce al pluralismo, ma io sinceramente ho qualche dubbio sul fatto che se c’è un’aggressione militare in atto sia possibile dare direttamente voce alla propaganda degli aggressori, non è questo il pluralismo dell’informazione. Come mi raccontava il mio amico Berlusconi, se il 90% del mercato è in mano al panettone Rossi e tu vuoi lanciare invece il panettone Bianchi, investi in pubblicità. Il novanta per cento diventa sessanta e lo zero passa a trenta. Un investimento pubblicitario massiccio ti comporta che sposti l’opinione pubblica. Se accendi la tv e trovi una serie infinita di propagandisti, è come nel commercio: chiaro che dopo una settimana hai spostato una fetta di opinione dall’altra parte. Cosa questa propaganda serva all’Italia, alla questione atlantica, davanti al tentativo di tutti di non creare un precedente devastante, questo spazio enorme dato ad Orsini non si capisce”.
Degli ultimi giorni la notizia di orfani ucraini partiti alla volta della Russia. Come crede si debba agire a livello internazionale?
“Il problema è che parliamo di uno stato dove la democrazia non c’è, il pluralismo non c’è, i dissidenti di solito fanno una brutta fine, la censura copre ogni cosa, c’è solo da sperare poiché tutti vogliamo la pace, che Putin chiarisca cosa vuol fare da grande. Se Putin decide di fermarsi, la guerra finisce in un secondo”.
C’è una maniera intelligente secondo lei per spronarlo verso un esito del genere?
“Poiché il voto delle nazioni Unite, la posizione unanime dell’Europa, la posizione della Nato, la posizione dell’opinione pubblica in tutto il mondo non bastano, l’unico modo è dimostrare che l’aggressione non paga, fermare l’aggressore. Gli ucraini la guerra se la fanno da soli, nessuno mette in dubbio la volontà degli ucraini di resistere a questa invasione, non è un problema di Zelensky è un problema del popolo ucraino. Il popolo ucraino ha il diritto di non essere dominato dai russi? Io penso di sì. È un popolo sovrano, ha restituito tutte le armi nucleari che aveva in cambio della garanzia assoluta della sua indipendenza e della sua integrità territoriale. Se poi andiamo nel Donbass, lì è in corso una guerra civile dal 2014, in cui la Russia è intervenuta militarmente. Ora, se l’Austria avesse attaccato Bolzano o il Sudtirolo, l’Italia non avrebbe mandato forse alpini e carabinieri? Se si mettono in discussone questi capisaldi, salta in aria l’Europa. Vogliamo ridisegnare i confini della seconda guerra mondiale? Il problema è che molti forse non vogliono leggere la storia.
Sacrosanto che ci sia la tutela delle minoranze in tutto il territorio europeo, il bilinguismo, la toponomastica… ma non la fai con la guerra”.
Prima di salutarci, un invito al voto per il referendum del prossimo 12 giugno, sulla riforma della giustizia.
“Io andrò e voterò tutti si. Credo che uno dei problemi giganteschi dell’Italia di oggi sia che chiunque faccia volontariato, chiunque faccia impresa, pubblica amministrazione, l’imprenditore o chiunque faccia politica, chiunque faccia qualcosa con l’espansione delle norme penali rischia di vedersi rovinata la vita. Bisogna impedire che ci sia questo potere illimitato delle procure. Non è possibile che negli ultimi 30 anni la politica italiana sia stata sempre influenzata da queste.
Ci sono correnti della magistratura che teorizzano il dovere delle procure di intervenire per orientare politicamente la vita italiana. Le faccio un esempio: io sono di Modena, la città di Enzo Ferrari, di Panini, due grandissimi imprenditori. Fino al 1992, alla caduta dell’Unione Sovietica, in Russia quelli come Ferrari e Panini li mettevano in galera. Se la magistratura vuole imporre una visione del mondo per cui chi fa impresa è un criminale, siamo nella posizione ideologica che c’era nei paesi dell’est. La magistratura deve smetter di fare politica”.
Ottima intervista