Raffinato oratore dallo sguardo affabile e gentile, nel corso della sua carriera diplomatica l’Ambasciatore Daniele Verga si è distinto non solo per la capacità di rappresentare l’Italia in contesti complessi e delicati, ma anche per la sua sensibilità verso le minoranze. Con una carriera iniziata nel 1974, ha attraversato decenni di storia internazionale da protagonista della diplomazia, ricoprendo incarichi di altissimo profilo sia in Italia che all’estero. È stato Ambasciatore a Lubiana e ha prestato servizio in sedi strategiche come Belgrado, Bastia, Ankara e presso le Nazioni Unite e altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra.
Alla Farnesina ha diretto l’Ufficio Stampa italiana e l’Ufficio Stampa estera del Servizio Stampa e Informazione, l’Ufficio Mediterraneo, Medio Oriente e Golfo della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza, ed è stato Vice Direttore Generale per i Paesi dell’Africa sub-Sahariana. Ha inoltre ricoperto il ruolo di Coordinatore per le minoranze e gli esuli e quello di Inviato Speciale del Ministero degli Affari Esteri per l’Artico.
Oltre alla sua carriera istituzionale, Daniele Verga è attivamente impegnato nella promozione della diplomazia anche in ambito associativo. È Vice Presidente e Segretario Esecutivo dell’“Associazione Nazionale Diplomatici a riposo – Costantino Nigra” (ASSDIPLAR), da lui co-fondata nel 2011, e Presidente dell'”Unione dei Consoli Onorari in Italia” (UCOI). Ha inoltre ricoperto il ruolo di Consigliere Diplomatico del Gran Cancelliere del Sovrano Militare Ordine di Malta.
E’ un piacere incontrarlo per ripercorrere i momenti salienti della sua carriera, ragionare sulle sfide della diplomazia contemporanea e riflettere sul valore del servizio pubblico in un mondo in continua trasformazione.
Ambasciatore, a suo avviso, com’è cambiata la diplomazia italiana dagli anni ’70 ai giorni nostri? “Operativamente sono mutati profondamente i modi, i luoghi, i tempi di fare diplomazia. Nel 1970 eravamo in piena Guerra Fredda, in un mondo essenzialmente bipolare contrassegnato da blocchi contrapposti. Le Nazioni Unite contavano 127 membri, a fronte degli attuali 193. L’ Unione Europea, come la conosciamo oggi ancora non esisteva; si chiamava allora Comunità Economica Europea (CEE) ed era una delle tre comunità europee accanto alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) ed alla Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom). Le normative europee si limitavano essenzialmente ai Regolamenti e Direttive; oggi abbiamo un corposo e complesso diritto europeo che rientra nel programma di studi per il concorso diplomatico. Si sono moltiplicati gli attori e non soltanto statuali nelle relazioni internazionali. I tempi di reazione per un diplomatico si sono estremamente ridotti nell’era di Internet, dei cellulari, dei social media, dei twitter. E poi l’IA è un alleato o un concorrente?”.
In molti si chiedono oggi quale debba essere il giusto rapporto fra politica e diplomazia. “Deve essere sempre il corretto rapporto fra chi elabora la politica estera e chi deve eseguirla. Il diplomatico non ‘fa’ la politica estera, che spetta al Governo ed al Parlamento delinearne le linee direttive ed i contenuti. Il diplomatico contribuisce con le sue conoscenze, competenze, esperienze, analisi ed intuizioni a fornire gli elementi e le valutazioni per l’elaborazione della politica estera; al tempo stesso provvede ad eseguirla con la propria personalità, sensibilità, carattere e con la diretta conoscenza degli interlocutori, degli ambienti, degli interessi di volta in volta in gioco. Quando si stabilisce una perfetta sintonia tra governanti e diplomatici, come nel caso di Cavour e Costantino Nigra, allora si fa la storia”.

Cosa distingue, secondo lei, la diplomazia italiana da quella di altri Paesi? “L’Italia ha una lunga e riconosciuta tradizione diplomatica che risale lontana nel tempo, parallela alla storia ricca e diversificata del nostro Paese. Tant’è che fino a tempi recenti nella Carriera si distinguevano i diplomatici di formazione veneziana, sabauda, borbonica ed anche…papalina”.

In un’epoca di crisi del multilateralismo, quale ruolo può giocare l’Italia? “Negli ultimi decenni abbiamo assistito allo sviluppo crescente delle organizzazioni internazionali. Attualmente si contano circa 300 maggiori organizzazioni internazionali, gran parte delle quali ha carattere regionale o sub-regionale; basti pensare all’Africa. Parallelamente alla diplomazia bilaterale si è quindi sviluppata negli ultimi decenni la diplomazia multilaterale, che ha le sue leggi, regole, tradizioni, liturgie che più che sui manuali si apprendono ‘sul campo’, ove si affina ogni giorno ed in ogni consesso l’arte del negoziato. La crisi del multilateralismo – ed in particolare la crisi delle Nazioni Unite, organizzazione internazionale per eccellenza, e le tante e ripetute violazioni del diritto internazionale scaturiscono da una fase delle relazioni internazionali complessa e confusa, in cui sono ‘saltati’ i parametri di riferimento ed i tradizionali valori, principi, regole e meccanismi perdono il rispetto ed il consenso generale. La struttura e le regole di azione delle Nazioni Unite – ed in particolare del Consiglio di Sicurezza – risentono di un impianto costruito nella realtà post bellica di ottanta anni fa. Basti pensare che al momento della fondazione l’ONU contava 51 Stati membri. Da decenni si discute animatamente ed invano sulla riforma del Consiglio di Sicurezza, che è l’organo propulsivo delle Nazioni Unite. Ma potrà il CdS riformare sé stesso con la conseguente perdita di potere e ruolo dei 5 membri permanenti? Una proposta provocatoria: perché i membri che vogliono effettivamente una riforma delle N.U. non si coordinano, ne escono e le rifondano su regole e meccanismi nuovi che rispettino l’uguaglianza fra i membri ed assicurino alle decisioni dell’Assemblea Generale e del nuovo CdS il necessario potere esecutivo e sanzionatorio. In politica ed in diplomazia a volte ci vuole creatività e coraggio; ma, come diceva Don Abbondio, “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Fra i tanti Ministri degli Esteri conosciuti, ne ricorda uno in particolare? “Ho avuto l’opportunità di ‘vedere da vicino’ molte delle personalità politiche, italiane e straniere, che hanno fatto la storia delle relazioni internazionali della seconda metà del XX secolo e degli inizi del XXI. Con alcune delle italiane ho avuto anche il privilegio di collaborare. Di ognuna mi è rimasto impresso un particolare e da ognuna ho appreso qualcosa: l’alterigia, oppure la personalità, il carisma, l’empatia, il tatto, la signorilità, un gesto, un comportamento, il tono della voce, un’intuizione, una risata schietta. Per motivi ‘affettivi’ ricordo Aldo Moro, Ministro degli Affari Esteri al momento della mia entrata in Carriera e che accompagnai, nella delegazione italiana, nel giugno 1974 nella sua visita in Polonia e subito dopo nel suo incontro con l’omologo francese Jean Sauvagnargues in Sardegna. Furono i miei primi due impegni ‘ufficiali’ all’estero e come il primo amore… Conservo gelosamente il mio libretto universitario in cui figura il trenta che presi nell’esame di Penale e Procedura Penale alla Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, con interrogazione e firma dello stesso Aldo Moro, allora Presidente del Consiglio!”.

C’è una figura di spicco o una personalità che ha particolarmente ispirato la sua carriera? “Ho avuto il privilegio di lavorare con grandi diplomatici italiani che mi hanno insegnato l’arte della Diplomazia. Ho sempre tenuto a mente le parole del mio primo ‘Capo’, l’Ambasciatore Bruno Bottai, Capo del Servizio Stampa ed Informazione che, in una piacevole e lieta serata conviviale, mi esortò ed ammonì a considerare sempre la Farnesina “una famiglia e non un mestiere”. Un grande insegnamento sui rapporti umani ed interpersonali di cui ho fatto tesoro”.
Belgrado, Bastia, Ginevra, Ankara e Lubiana sono le tappe principali della sua carriera diplomatica. In definitiva, cosa ha significato per lei rappresentare il nostro Paese nel mondo? “Un grande orgoglio ed una grande responsabilità. All’estero, nei Paesi in cui siamo destinati a prestare servizio, l’Italia è vista, giudicata e valutata in primo luogo attraverso la figura, il comportamento e l’azione dei suoi rappresentanti ufficiali. Il diplomatico è il primo biglietto da visita del proprio Paese. Non si può disgiungere la vita privata da quella pubblica; si è ‘sempre in presa’ e si è sempre sotto osservazione. Per servire bene il proprio Paese occorre serietà, correttezza, rispetto ed autorevolezza”.

Se dovesse descrivere il diplomatico Daniele Verga con tre aggettivi, quali sceglierebbe? “Mi piace sempre richiamare la Seconda lettera di S. Paolo a Timoteo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”. Ho la coscienza e la soddisfazione intima di aver servito il mio Paese con dignità ed onore e perché no, con qualche successo. Come posso definirmi? ‘Determinato’, ‘intuitivo’, ‘apparentemente freddo ma sensibile’. Quattro aggettivi, ma del resto sono del segno dello Scorpione!”.
Qual è in assoluto il suo ricordo più bello legato alla carriera diplomatica? “Ogni volta che mi è stato possibile portare al successo una candidatura italiana, presiedere onorevolmente e fruttuosamente un gruppo di lavoro UE, difendere positivamente gli interessi italiani, sostenere e far affermare una posizione, una proposta italiana. E’ un lavoro che richiede studio, conoscenza dei dossier e degli interessi in gioco, tecnica negoziale, pazienza, tenacia, fermezza, flessibilità e, appunto, autorevolezza”.
E il più brutto? “Non scorderò mai il dover trovare le parole giuste per comunicare ad una famiglia lontana il tragico decesso di un loro familiare o per accogliere ed assistere una madre venuta a riconoscere il proprio figlio ventenne deceduto durante un’immersione subacquea, oppure accompagnare un gruppo di congiunti ed amici in una foresta dell’Alta Corsica per apporre una targa in memoria di quattro giovani turisti intrappolati e carbonizzati in un devastante incendio boschivo nell’area. Sono esperienze umane che formano e maturano! Perché il Console è confrontato quotidianamente a casi umani di vario genere e come tali meritano attenzione, rispetto, riflessione e possibilmente soluzione”.
C’è un luogo al quale è rimasto particolarmente legato? “Sono tanti, perché ogni Sede all’estero ha rappresentato un periodo della mia vita non soltanto professionale, ma anche familiare. Ed un grazie riconoscente va a mia moglie che ha condiviso con me gli anni in servizio ed alla quale va il merito di aver saputo rappresentare la migliore arte italiana del ‘saper ricevere’: una tradizione che va purtroppo perdendosi. Che emozione il ricordo dell’annuale solenne cerimonia di commemorazione al Sacrario di Caporetto in Slovenia nella ricorrenza del 24 ottobre 1917, inizio della omonima, tragica battaglia! Ancora oggi mi assale la commozione ogni volta che rivado con il pensiero all’ alpino trombettiere che intonava il ‘silenzio fuori ordinanza’ allorché l’Ambasciatore d’Italia a Lubiana, accompagnato dal Console Generale a Capodistria, deponeva una corona d’alloro ai piedi della lapide in cui è scritto “Onore a voi che qui cadeste combattendo” ed al Coro degli Alpini che accompagnava la S. Messa nell’affollata, sovrastante chiesetta dedicata a S. Antonio da Padova”.
E un aneddoto singolare che le va di raccontarmi? “Più che singolare, si tratta di un’esperienza particolare, intima, che rientra nelle funzioni consolari. Ho celebrato tre matrimoni: due a Bastia in Corsica ed uno a Lubiana. Non le nascondo la mia emozione del momento: celebrare e certificare l’unione di una coppia e condividere la loro gioia ed i sentimenti di una giornata radiosa e importante per la loro vita. Fanno parte dei ricordi degli anni di servizio all’estero e dei tanti volti conosciuti, con i quali abbiamo incrociato gli sguardi per tempi più o meno lunghi, ma che tutti ci rimangono impressi nella memoria”.

Lei è stato Inviato Speciale per l’Artico: quali sono le implicazioni geopolitiche di quell’area oggi? “L’Artico è stata un’affascinante e densa esperienza professionale che meriterebbe un’intervista a parte. Mi limito ad accennare che il Mar Glaciale Artico è un immenso oceano delimitato dalla terraferma e di rilevante importanza geostrategica, accresciuta in questi ultimi decenni dal progressivo scioglimento dei ghiacci, che ha reso possibile –pur con limitazioni tecniche, ambientali e stagionali – l’ambìta rotta artica di collegamento tra l’Asia e l’Europa in alternativa a quella più lunga e rischiosa attraverso lo stretto di Malacca ed il canale di Suez, se non addirittura circumnavigando l’Africa. Si calcola che una nave portacontainer da Tokyo a Rotterdam attraverso la rotta artica dovrebbe percorrere soltanto 13.000 km rispetto ai circa 21.000 km della tradizionale rotta meridionale, con un significativo risparmio di tempo e costi. E container cinesi hanno già iniziato a frequentare la rotta artica! Ci sarebbe tanto da parlare e da essere fieri della antica e consolidata presenza scientifica italiana nell’Artico!”.
Ambasciatore d’Italia a Lubiana. Che esperienza è stata? “Lubiana ha chiuso il cerchio delle mie sedi estere: ho terminato nella stessa regione – la penisola balcanica – ove 35 anni prima avevo iniziato come giovane Primo Segretario a Belgrado, allora autorevole capitale della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia. Ho servito a Lubiana nel periodo aureo della politica estera slovena: ingresso nella NATO il 29 marzo e nell’Unione Europea il 1° maggio 2004; poi ingresso nella zona Euro, nello spazio Schengen ed infine, prima fra i 12 Paesi di ultima adesione, la Slovenia ha assunto la Presidenza UE dal 1 gennaio al 30 giugno 2008. Un periodo intenso e proficuo. Ho avuto l’onore d accogliere il Presidente Napolitano in visita ufficiale; ho avuto l’emozione, il 9 gennaio 2007, di vivere l’incontro tra D’Alema e Rupel – il primo tra due Ministri degli Esteri – sulla piazza della Stazione Transalpina che per tanti, troppi anni ha simboleggiato la divisione di Gorizia; la famosa ‘soglia di Gorizia’ che ha marcato il confine tra l’Italia e la Slovenia e la separazione ideologica dell’Europa; ho vissuto la commozione della visita del Presidente del Consiglio Prodi al Sacrario di Caporetto nel settembre 2007 in occasione della sua visita ufficiale in Slovenia. E’ con grande soddisfazione che, nell’ambito delle manifestazioni per GO! 2025 ASSDIPLAR sta organizzando con l’omologa Associazione slovena un Convegno il 23 ottobre a Gorizia/Nova Gorica per testimoniare il lungo cammino di vicinanza, collaborazione, ed amicizia compiuto da Italia e Slovenia nello spirito dei comuni valori e principi dell’Unione Europea. E mi sia consentito un pensiero affettuoso alla comunità italiana in Slovenia, che pur integrandosi lealmente ha saputo mantenere la propria identità, la propria cultura, la propria memoria”.

Oggi lei è Presidente dell’UCOI, Unione dei Consoli Onorari in Italia. “I Consoli Onorari sono una realtà importante, crescente e non adeguatamente conosciuta e valorizzata nelle relazioni tra Stati. Attualmente operano in Italia oltre 600 Consoli Onorari con funzioni eguali a quelle dei Consoli di carriera (circa un centinaio di unità, fenomeno in ribasso ormai generalizzato in tutti i Paesi) in coerenza con le norme della relativa Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963. Nei suoi 45 anni di vita UCOI si è adoperata con impegno e successo per dare sempre maggiore autorevolezza, visibilità e riconoscimenti alla figura del Console Onorario, grazie anche all’azione, alla dedizione ed al dinamismo dell’attuale Segretario Generale, Avv. Elio Pacifico, con analogo incarico in UCOIM, che riunisce gran parte degli oltre 500 Consoli Onorari Italiani nel Mondo. UCOI e UCOIM costituiscono una vasta e consolidata rete diffusa sul territorio nazionale e nei Paesi esteri di conoscenze, esperienze, competenze, opportunità, energie, potenzialità da utilizzare e da valorizzare sempre più”.
Ed è anche Vice Presidente – Segretario Esecutivo dell’”Associazione Nazionale Diplomatici a riposo – Costantino Nigra”(ASSDIPLAR), da lei co-fondata. Quali obiettivi si pone? “L’idea è scaturita nel 2011 dalla constatazione che tutti gli altri Corpi dello Stato – magistrati, ufficiali delle FF.AA., prefetti – hanno da tempo Associazioni di propri ex; l’unico Corpo dello Stato a disperdersi e ad essere dimenticato dopo aver varcato per l’ultima volta il portone della Farnesina era quello dei diplomatici. Le finalità statutarie dell’Associazione – che oggi conta oltre 140 Soci – sono: mantenere i legami tra i funzionari diplomatici a riposo del Ministero degli Affari Esteri; contribuire alla valorizzazione della figura e del ruolo del diplomatico nella società contemporanea e nella storia delle relazioni internazionali, nonché alla conoscenza delle tradizioni e della professionalità della Diplomazia italiana. In 14 anni di vita abbiamo svolto numerose attività ed iniziative fra le quali convegni e pubblicazioni; abbiamo bandito un Premio di € 2.000 ciascuno – giunto alla IV edizione – per tesi di Laurea o di Dottorato su argomenti di politica internazionale con riferimento all’azione diplomatica italiana. Per i dieci anni dalla fondazione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci ha fatto l’onore di concederci una medaglia commemorativa, che custodiamo gelosamente nella sede dell’Associazione nel palazzo della Farnesina. Il perché e lo scopo di ASSDIPLAR si possono sintetizzare nel valore della Memoria: la Memoria che alimenta e sviluppa lo spirito e l’orgoglio di appartenenza di un gruppo, di un popolo, di una nazione”.
Intervista di Marco Finelli