Noi, Australia, Canada, Unione Europea, Repubblica di Corea, Malta, Nuova Zelanda, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, siamo profondamente preoccupati per l’escalation del conflitto in Myanmar e in particolare per i crescenti attacchi ai civili, che stanno causando un aggravarsi della devastante crisi umanitaria e dei diritti umani in tutto il Paese.
Dal colpo di Stato del febbraio 2021, il numero di persone che necessitano di aiuti umanitari è passato da 1 milione a 18,6 milioni. Continuano ad emergere notizie attendibili di violazioni e abusi commessi contro la popolazione civile, tra cui attacchi aerei su case, scuole, luoghi di culto e ospedali, oltre a torture, uso di civili come scudi umani e violenze sessuali e di genere contro donne e bambini. Con la continua escalation del conflitto, le comunità del Myanmar sono soggette a ulteriori sfollamenti.
Il regime militare sta sistematicamente limitando l’accesso all’assistenza umanitaria necessaria. Siamo preoccupati per la crescente carenza di acqua e cibo e per la diffusa negazione dell’accesso all’assistenza sanitaria, ai farmaci e ai servizi umanitari essenziali. Il continuo blocco delle strade e delle telecomunicazioni nelle aree di conflitto ostacola la fornitura di aiuti umanitari e l’accesso alle informazioni.
In tutto il Paese, più di 1.000 civili sono stati uccisi o mutilati a causa delle mine nel 2023, e le vittime sono in rapido aumento. Un numero crescente di persone viene coinvolto nella tratta e trattenuto contro la propria volontà. Tutte le parti devono assicurarsi di dare priorità alla protezione dei civili.
Siamo profondamente preoccupati per l’attuazione da parte del regime militare della legge sulla coscrizione del 2010, che sta aumentando il numero di persone sfollate. Questa misura continua a tentare di dividere le comunità e ad alimentare la violenza identitaria in tutto il Myanmar.
Nello Stato di Rakhine, città e villaggi sono stati costantemente presi di mira dal regime militare e dai gruppi armati. Siamo preoccupati per le recenti notizie di alti livelli di sfollamento a Buthidaung. Chiediamo a tutti gli attori armati di garantire la protezione dei civili. L’uso deliberato di disinformazione e incitamento all’odio sta alimentando il conflitto settario e intercomunitario. Le notizie di reclutamento forzato, anche di Rohingya, stanno ulteriormente dividendo le comunità e sfruttando tensioni e diffidenza. Tutte le popolazioni stanno affrontando livelli estremi di insicurezza alimentare. La situazione è sempre più pericolosa per tutti i civili, compresi i Rakhine, i Rohingya e le altre comunità etniche.
È necessario rendere conto di tutte le atrocità commesse in Myanmar. Ricordiamo l’ordine di misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e la necessità di rispettarlo per salvaguardare i diritti umani e prevenire le violazioni.
Accogliamo con favore la risoluzione 2669 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Myanmar, che chiede la fine immediata di ogni forma di violenza e sollecita tutte le parti a rispettare i diritti umani e a consentire un accesso umanitario pieno, sicuro e senza ostacoli.
Accogliamo con favore la nomina dell’Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Myanmar (UNSE) e gli sforzi unificati dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), dell’UNSE e degli attori regionali per risolvere la crisi. Ribadiamo la necessità di rafforzare la leadership delle Nazioni Unite nel Paese.
Ribadiamo il nostro appello a tutti gli Stati affinché impediscano o interrompano il flusso di armi o di materiale militare e a doppio uso, compreso il carburante per l’aviazione, verso l’esercito del Myanmar.
Il regime militare deve rilasciare tutte le persone detenute arbitrariamente e attuare pienamente il consenso in cinque punti dell’ASEAN. Invitiamo tutte le parti a creare uno spazio per un dialogo significativo e inclusivo, in modo da ripristinare pienamente la democrazia.
Confermiamo il nostro sostegno a tutti coloro che si impegnano a lavorare pacificamente per un futuro inclusivo, non violento e democratico per il popolo del Myanmar.