Giovedì 3 ottobre, nella prestigiosa sede del Circolo degli esteri di Roma, si è tenuto il vernissage della mostra “Aspetti della Metarazionalità” di Beppe Bonetti, nell’ambito del Progetto artistico Internazionale “Storie”.
Per l’occasione, davanti a un parterre d’eccezione, assieme al Professor Carlo Franza, ideatore della rassegna, sono intervenuti gli Ambasciatori Umberto Vattani e Gaetano Cortese.
“STORIE” è un progetto appositamente ideato per il Circolo Esteri del Ministero Affari Esteri di Roma nel quadro della Collezione Farnesina di Arte Contemporanea. Esso vive nobilmente sulle arti che riprogrammano il mondo, si campiona ad essere uno spettacolare archivio decentralizzato ove le diverse discipline si nutrono di arte-mondo, mira a rappresentare come si abita la cultura globale, ovvero l’altramodernità, che altro non è che una sorta di costellazione, una specie di arcipelago di singoli mondi e singoli artisti le cui isole interconnesse non costituiscono un continente unico di pensiero, ma lo specchio di un’arte postproduttiva e frontaliera, mobile, ipermoderna, ipertesa, ipercolta, mente e cuore, ma anche progetto e destino della comunicazione estetica. E’ con questo progetto, ideato e diretto dall’illustre Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea Prof. Carlo Franza, intellettuale di piano internazionale, che si vuole indicare e sorreggere un’Europa Creativa Festival e, dunque, protagonisti e bandiere, bandendo ogni culto del transitorio per porgere a tutti il culto dell’eterno. Il terzo millennio che fa vivere i processi creativi nel clima di abitare stili e forme storicizzate, perchè il futuro è ora, fra rappresentazioni e interpretazioni, ci porta a cogliere il nuovo destino della bellezza. Con l’arte vogliamo aprire finestre sul mondo, con l’arte vogliamo aprire stagioni eroiche, con l’arte vogliamo inaugurare una nuova civiltà. Con “STORIE” (2024-2026) si porgono dodici mostre personali di dodici artisti contemporanei, taluni di chiara fama. Questa mostra dal titolo “Aspetti della metarazionalità” è la prima del nuovo percorso, ed è già una novità in quanto si veicolano a Roma nomi dell’arte contemporanea di significativo rilievo, che evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio. L’esposizione curata dall’illustre Storico dell’Arte Contemporanea di fama internazionale, Prof. Carlo Franza, che firma anche il testo in catalogo dal titolo “Aspetti della metarazionalità”, riunisce una serie di opere dell’artista Beppe Bonetti, già apparso agli occhi della critica italiana e internazionale come una figura delle più interessanti e propositive dell’arte contemporanea, ed ancor oggi nella memoria di tutti ricordato come chiaro e significante interprete.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Poesia, filosofia e pensiero sono poli in cui si coniuga il linguaggio visivo di Beppe Bonetti, profondo, elementare, iniziale, infinitamente vibrante in tutta la sua estensione. L’intero suo lavoro e percorso artistico, pur senza irrigidirsi in schemi e scuole, appartenenze, è parso subito alla critica internazionale innovativo e capace di scompaginare la diaphora iniziale che secondo Platone era già “una rivalità antica”, quella visione costituita da miti e favole, e legata all’infanzia dell’umanità. La sua è divenuta una lettura e una rappresentazione del mondo, -da lui fin dal 1982 chiamata “metarazionale”- un perpetuum, un’arte in stretto rapporto con la filosofia, forse ossessiva. La poesia è irrazionale, emozione, sentimento, immaginazione, rivelazione. Il pensiero è rappresentazione, razionalità, logica. Si sa che i decostruzionisti sono giunti a ipotizzare che poesia e filosofia sono la stessa cosa, e si diversificano solo nei segni e nelle forme che utilizzano. Nell’elegia, per la filosofia delle origini (i presocratici), traspare una nostalgia dell’unità del sapere, del saper dire e del saper fare (arte). L’originalità del mondo greco -ha scritto Joe Bousquet- “consiste, grazie a un fenomeno mirabile e unico, nell’afferrare l’idea tra il momento in cui essa è concepita e quello in cui nelle palpitazioni dello spirito essa cerca la propria espressione”. Il loro dissidio, nell’inseparabilità, ha ritmato la cultura occidentale fino all’epoca attuale. Da qui l’interesse di Beppe Bonetti per il pensiero filosofico di Parmenide di Elea, filosofo greco vissuto intorno al 515 a.c. e autore di “Sulla natura” e considerato tra i più importanti presocratici. Bonetti da sempre lavora sul mondo, sullo spazio, sulle costruzioni e sulle disgregazioni, sulle intermittenze, sulle rotture, sulle implosioni ed esplosioni, sullo spazio aperto e chiuso, e altro; un linguaggio e un alfabeto magico, quasi segni dello yin e dello yang nello spiritualismo taoista, dove la linea spezzata e la linea intera hanno in sé “un discorso silenzioso”. Bonetti elogia superficie e profondità incrociando una bellezza errante e sfuggevole, mostrando ordine e disordine, un mondo o più mondi che si mostrano ancorati alla triade modulo, segno, linea, una geometria aggregativa e disgregativa che talvolta precipita nel caos. Mondi sotto un cielo monocromo, che va dai grigi ai neri, dai gialli ai bianchi; la sua ci pare una “poetica del limite”, perché come già osservavo, sotto lo stesso cielo, la sua ricerca vive fra meditazione e contemplazione, per quel suo porsi osservativo dinanzi a un orizzonte fra visibile e invisibile, quasi a voler scoprire un altro luogo, un altro spazio, un luogo “altro” ove poter far navigare la mente. Un luogo che va oltre la materia, la geografia, la storia, una sorta di limbo paradisiaco, senza barriere. Questi mondi e queste spazialità, con varianti e variabili, vivono per volontà di Beppe Bonetti un processo esemplato da un lavoro quasi scultoreo di addizione e sottrazione, di ricerca di nuove forme casuali, forme-informi, svelate come campo aperto di potenziale significato.
Bonetti si muove nel cerchio di un pensiero, dopo essersi fermato a pensare, anche solo un momento, a qualcosa di immanente, mostrando come la costruzione di quel pensiero è una forma d’arte, quel suo stringersi attorno a poesia, filosofia e pensiero, da richiamare per quei pensieri dati in forma, le parole di una poetessa: “la casa della poesia non avrà mai porte”, o ancora: “nel cerchio di un pensiero a volte mi riposo sognando”.
Frammenti, Meta-strutture, Variazioni, Variazioni su un errore di Parmenide, Variazioni sul 7, Metarazionalità, tutto si muove sotto un cielo, un firmamento apparentemente vuoto, statico, e fissando un punto di questo firmamento, volta dopo volta, questo comincia a rivelarsi. E’ valido per Bonetti l’assioma di Paul Klee nel voler significare il suo lavoro come “una pratica con i mezzi formali”, sollevando così una serie di problemi fisico-matematici avviati naturalmente verso la più pura poesia. Negli spazi fondali di Bonetti, in quei cieli monocromi che ci invitano a riflettere su un’idea di altro, -quasi un paradosso- un cielo contiene dentro di sé un altro cielo, e a distogliere lo sguardo da linee, segni e moduli, l’attenzione cade sull’immateriale, lasciandoci percepire la presenza di ciò che non possiamo vedere. E’ così che si spiega che ogni ciclo di opere rivisita e riattraversa questo orizzonte tra il visibile e l’invisibile, mostrando una visione che ci trasporta proprio al margine del “finito”; ci chiama al limite del piano visibilmente intellegibile e noi, su questa linea, oscilliamo oltre il confine, verso l’infinito. Pensare di ridurre il lavoro di Bonetti
a un capitolo astratto-geometrico può essere fuorviante, perché il suo intero lavoro, pregno di poesia, è serie di simboli, perché i simboli non sono altro che un grido verso il cielo, un ponte fra cielo e terra, indice di una loro perfetta corrispondenza. Simboli multidimensionali, simboli di ritmi temporali o di figure spaziali in cui si succedono i moti celesti o in cui si raggruppa l’universo. Punti di luce, traiettorie stellari, moti di stelle, configurazioni, terre-moti, co-stellazioni, ideogrammi, composizioni non umane, perché il cielo è la poesia originaria, e le sue tracce si ritrovano anche sulla terra,; il poema originario è il mondo, è il mondo che a noi si rivela. Lo svelamento artistico e poetico di Beppe Bonetti ha dato vita alla restaurazione del poema del mondo, perché l’artista è stato capace di andare oltre le apparenze di un reale. Nel Dialogo di Luciano di Samosata il tardosofista, mette in scena una coppia di opposti, vale a dire che se Democrito ride perché nelle opere degli umani tutto è poco serio, Eraclito piange perché vede bene che niente è stabile, tutto si mescola e si confonde (“di dolce e amaro /saper e non saper / picciolo e grande / e come un ciceòn / tutto si porta e si trasporta, or sopra or sotto / nel giogo dell’aiòn”). A ben osservare le opere di Bonetti le divagazioni o deviazioni privilegiate, da una direzione privilegiata, tracciano un’antologia pittorica dell’instabilità universale, della relatività generalizzata, ponendo in essere l’idea del frammento puro legato a un tempo e a uno spazio in transizione che separano lo stato nascente dell’opera dalla sua compiuta architettura, come se l’inizio della costruzione dovesse cominciare dalle rovine e la sua conclusione differita. Senza dimenticare che la pittura -come dirà Cèzanne- è un “modulare” e non un modellare, capace di dare rilievo plastico all’immagine, lasciare che il concreto giunga ad apparire come uno stagliato. Preziosa questa pittura di Beppe Bonetti, una geografia di mondi aperti, pittura che mostra la sapienza dei linguaggi più antichi -punti / linee / moduli / strutture /faglie / e altro-, un percorso che esalta la fenomenologia delle forme elementari, il loro interagire, dove tutto vive nel ritmo della differenza, universi mentali esplorati perchè carichi di energia cosmica, forme costruttive e imprevedibili che sono spazio in bilico e si proiettano nella dimensione dell’indistinto, alla ricerca di possibili equilibri, per un’idea di arte totale. Il miracolo di questa
pittura di Beppe Bonetti è di aver acceso uno spettacolo reale attraverso problemi assoluti, cercando quella “breve eternità” che si annida in ogni pretesto, e raggiungere quella configurazione globale di mirabile tensione”.
Sarà possibile visitare la mostra fino al prossimo 16 novembre.
Biografia dell’artista
Beppe Bonetti nasce nel 1951 a Rovato (Brescia). L’attività espositiva comincia a fine anni 70 con la Galleria Sincron di Brescia e per un certo periodo sarà caratterizzata da un rigore astratto/geometrico e da una decisa programmazione. Iniziano i primi viaggi a Parigi, mostre e partecipazioni ai Saloons. (Nell’80 un lavoro verrà comprato dalla società petrolifera Elf). Nel 1982 alla Galleria Vismara di Milano presenta lavori (recensiti da Gillo Dorfles) che segnano il passaggio verso un nuovo modo d’intendere la razionalità definita dall’autore con il termine “METARAZIONALITA’”. Nell’84 mostra ad Amsterdam, all’Art Stable. Prima mostra in Giappone nel 1985 al Foritsu Modern art Center di Osaka, il primo viaggio sarà nel 1987 in occasione della personale alla Dan Gallery di Osaka e Tokyo. Gli anni ottanta sono anni di intenso lavoro e di esposizioni personali, in Italia con le gallerie La Chiocciola, Melesi, Spriano, Galliata, Vismara, Nike, Vinciana. Sono anche gli anni della prima mostra negli USA, a New York alla Columbia University, a Los Angeles con l’Hartman Gallery. In seguito Rotterdam Cadaques, Barcellona, Hamburgo, Copenhagen e mostre nei Centri Culturali Italiani e Ambasciate Italiane di Zagabria, Belgrado, Vienna. Per anni lavorerà a Parigi, nello studio del collega Jonquieres. Nella capitale francese allestirà personali, all’Espace du Triangle e in seguito con la galleria Claude Dorval. Un altro viaggio in oriente, per una mostra personale a Seoul, lo porterà ad approfondire il rapporto -mai concluso- tra segno e scrittura. Questa ricerca, iniziata nel 1985 verrà sviluppata su carte e su grandi tele come “VARIAZIONI SUL NUMERO SETTE”. Al suo lavoro sono state dedicate Esposizioni Antologiche; nel 1992 a Macerata, nella Chiesa Storica di San Paolo; nel 1999 alla Galleria Civica di Gallarate; nel 2006 a Rovato nella Chiesa Storica di San Vincenzo, alla Biblioteca Queriniana di Brescia e alla Fondazione Morcelli di Chiari. Nel 2009/10 (per un anno) il Museo d’Arte Moderna di Hunfeld (D) ha ospitato una mostra personale con grandi lavori su tela. Tra le ultime mostre personali la Tsuchiya Contemporary Art Gallery di Osaka, la 54a Biennale Internazionale di Venezia con le “Variazioni su un Errore di Parmenide” (3 grandi sfere di 3 mt. di diametro). A Berlino alla Russisches Haus der Kunstwissenschaft und Kultur. Nel 2013 a Villa Reale di Monza la Biennale Italia / Cina dal tema “naturaLmente” e a Pechino la Biennale China / Italia dal tema “memory” nel 2014. Berghaun (D) Heinz Kasper Museum. Szentendre (H) Muvèszet Malom. Berlino (D) Hungarisches Academy. Nel 2015 a Torino nel Mastio della Cittadella la Biennale Italia / Cina. Nel marzo del 2016 allestirà una sala personale al Museo D’Arte Moderna di Minsk. Tra le numerose
pubblicazioni che riguardano il suo lavoro; Beppe Bonetti, 1978 / 1989 AA.VV. Punto e linea editore (MI). Nel 1995 Beppe Bonetti METARAZIONALITA con testi di
G.Dorfles,F.Fournier, E.Bonessio, ed. GAM. Beppe Bonetti, opere, mostra antologica, Dalle prime astrazioni alla METARAZIONALITA’AA.VV. Ed. Civica Galleria d’arte
Gallarate (Va). Beppe Bonetti, METARAZIONALITA’ a cura di Maurizio Sciaccaluga ed. Galleria delle battaglie (Bs). Nel 2006 è pubblicato il volume, Beppe Bonetti
METARAZIONALITA’ con antologia di testi di AAVV, ed. Colorart (Bs). Nel 2009 è uscito il Primo Volume Beppe Bonetti CATALOGO GENERALE, edito da Christian
Maretti Editore e ARTantide, curato da Sandro Orlandi con testi di AAVV. In occasione della 54° Biennale Internazionale di Venezia nel 2011 il volume Beppe Bonetti
VARIAZIONI SU UN ERRORE DI PARMENIDE, aspetti della METARAZIONALITA’ edito da Christian Maretti Editore e ARTantide, curato da Sandro Orlandi e Fabio
Anselmi, con antologia di AAVV. Il presente volume VARIAZIONI SUL 7, aspetti della METARAZIONALITA’ mette in evidenza uno dei 3 principali indirizzi di ricerca entro i quali il lavoro procede, indagando la dialettica tra ordine e disordine, regola e casualità, razionalità e gestualità.
Biografia del Curatore
Carlo Franza è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Nato ad Alessano (Lecce) nel 1949, è vissuto dal 1959 al 1980 a Roma dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Sociologia e Filosofia); dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Allievo e Assistente di Giulio Carlo Argan. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, già Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose Università Estere (Università della Slesia, Università di New York). Docente nell’ Executive Master “Diplomatic, Economic and Strategic Perspectives in Global Scenarios” alla School of Management dell’Università LUM nella Villa Clerici sede del Campus di Milano, Docente nel Master di Fotografia (ARD&NT Institute di Milano – Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano) dell’Accademia di Brera e Politecnico di Milano e nel Master Universitario in Management dei Beni Culturali allo Ied di Milano. E’ Consulente Tecnico del Tribunale di Milano per l’Arte Moderna e Contemporanea. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa. Giornalista, Critico d’Arte dal 1974 a “Il Giornale” di Indro Montanelli, poi a “Libero” fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro. Nel 2012 riprende sul quotidiano “Il Giornale” la collaborazione giornalistica come opinionista, unitamente alla sua Rubrica “Scenari dell’arte”, divenendo una delle Firme più lette. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E’ fondatore e direttore del Mimac della Fondazione Don Tonino Bello. Fa parte del Comitato Scientifico di importanti Archivi per l’Arte (Archivio Arturo Vermi- Milano, ecc.). Dal 2022 è nel Comitato di indirizzo della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi presso l’Università di Milano. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, il Premio delle Arti-Premio della Cultura nel 2000 (del quale è oggi Presidente di Giuria) e il Premio Salento Arte – Città di Tricase nel 2008 (del quale è oggi Presidente di Giuria), il Premium International Florence Seven Stars per la docenza universitaria e il giornalismo nel 2017 (del quale è oggi Presidente di Giuria). Nel 2013 ha vinto il Premio “Berlino” per il Giornalismo e la Critica d’Arte. Nel 2016 ha vinto a Roma-Sala Vanvitelliana il Premio ARTECOM-onlus per il Giornalismo, la Docenza Universitaria e la Critica d’Arte. Nell’ottobre 2020 gli viene assegnato a Roma nella Biblioteca Vallicelliana il Premio Artecom-onlus come Protagonista della Cultura 2020.