“Le relazioni fra Messico e Santa Sede vivono un momento di estrema vicinanza”: non ha dubbi Alberto Medardo Barranco Chavarría, giornalista di successo e accademico prima, Ambasciatore del Paese dell’America Centrale in Vaticano oggi.
Già docente presso la Scuola di Giornalismo Carlos Septién García e all’Università Nazionale Autonoma del Messico, direttore del settimanale cattolico “Señal” e del Programma culturale delle Frontiere del Ministero della Pubblica Istruzione di Città del Messico, per anni è stato conduttore di programmi radio di successo in onda su Radio XEQ e Gruppo Radio Centro, nonché articolista ed editorialista per i maggiori quotidiani del Paese, per i quali si è occupato principalmente di politica, economia e cultura.
Persona amabilissima, dotata di ironia sopraffina, si distingue per la sua intelligenza vivace. Nel suo ricco curriculum anche conduzioni in TV su ADN40 e TV Azteca, con ben dodici libri di cronaca all’attivo, dedicati principalmente a Città del Messico.
Eccellenza, come definirebbe oggi le relazioni fra Messico e Santa Sede?
“Transitano per un momento di estrema vicinanza, data la coincidenza di posizioni su temi chiave come il disarmo nucleare, l’abolizione della pena di morte, la risoluzione pacifica delle controversie e la migrazione ordinata. Allo stesso tempo, c’è un’atmosfera di grande collaborazione per quanto concerne la ricerca storica negli archivi vaticani e degli ordini religiosi in generale, e un’apertura alla discussione su temi come il governo laico, la pedofilia tra i sacerdoti, la loro partecipazione in politica oltre a quella dei vescovi e la libertà religiosa”.
Qual è stata la sua emozione nel presentare le Lettere Credenziali a Papa Francesco nel 2020?
“Immensa. Un atto che commuove, sorprende e redime. Una di quelle cose che si percepiscono come un fuoco e rimangono impresse nel cuore. Ricordo in particolare l’affabilità del Pontefice, la disciplina marziale della Guardia Svizzera e l’infinita bellezza della Basilica di San Pietro. Ho provato la sensazione di essere non solo nel cuore della Chiesa cattolica, ma nell’epicentro della storia, una testimonianza infinita che riafferma la fede”.
C’è un aneddoto che la lega in qualche modo al Santo Padre che le va di raccontarmi?
“Dopo la discussione formale sulla politica del mio Paese, Papa Francesco mi ha chiesto della mia vita personale, sostenendo che, sebbene gli passino i documenti, lui non li legge e quindi opta per la conversazione colloquiale. Gli ho spiegato che sono stato direttore di una rivista cattolica e prima ancora chierichetto, servendo la messa per dieci anni, dai 7 ai 17. Siccome ero diventando grande, gli ho detto che “poi sono andato in pensione”. Il Papa allora mi rispose con il suo solito tono scherzoso: “Le pagano una pensione?”. La mia risposta fu: “no. Sono qui per reclamarla” (ndr ride)”.

Giornalista in programmi di successo, docente di giornalismo e scrittore: cosa significa per lei oggi rappresentare il Messico come Ambasciatore?
“Credo che la più grande “distinzione” che una persona possa avere nella vita sia quella di rappresentare il proprio Paese e, nel mio caso, la soddisfazione è anche doppia perché posso farlo presso il Vaticano, vivendo a Roma. Due luoghi di splendida testimonianza e importanza per la storia, l’arte e l’architettura, nonché di grande ispirazione per un giornalista. Mi sento come un Ambasciatore in paradiso”.
Qual è il suo ricordo più bello da Ambasciatore accreditato presso la Santa Sede?
“Sicuramente le udienze con il Santo Padre e gli eventi liturgici nelle varie Basiliche. La partecipazione a cerimonie come il giuramento delle nuove Guardie Svizzere e la visita a luoghi ad accesso limitato sia in Vaticano che nelle Basiliche maggiori. Tuttavia, il ricordo più profondo, al di là delle deferenze ricevute, è stata la vista di un Papa in piena pandemia, che in solitudine camminava in una piovosa Piazza San Pietro per andare verso il Cristo di San Marcello, come chi sta andando al Golgota portando tutte le croci del mondo”.
A fronte delle gravi crisi internazionali che si registrano oggi, in molti si domandano quale sia il vero ruolo della diplomazia.
“La diplomazia ha la responsabilità di costruire ponti per facilitare il dialogo, aprendo tutte le possibilità per mettere le fondamenta, siano esse di tipo familiare, storiche o religiose. Quando l’unilateralismo fallisce, il multilateralismo rimane una possibilità. Con l’unica avvertenza di principio che ogni negoziato è sostenuto da due parole chiave: cedere e concedere”.
Cambiando argomento, se dovesse descrivere il Messico con tre aggettivi, quali userebbe?
“Patria, sovranità e cultura”.
Chiuderei questa intervista dando qualche consiglio di viaggio a chi desidera recarsi in Messico come turista.
“Non recatevi in luoghi al di fuori del percorso tradizionale turistico, siano essi musei, teatri, chiese, palazzi, spiagge, senza aver prima chiesto alla direzione dell’hotel”.
Intervista di Marco Finelli
