È primavera in Polonia. È quel periodo dell’anno in cui le attività riprendono con un ritmo diverso, in cui, finalmente, dopo due anni di chiusure e restrizioni dovute alla situazione pandemica mondiale, si torna ad organizzare eventi, festival, momenti di scambio e incontro. Riaprono ristoranti, bar, hotel e locali in cui ascoltare musica e gustare i sapori, i profumi, le essenze di questa terra. È il momento dei viaggi, dei fine settimana lunghi. Di quelli che… parto giovedì e torno domenica e mi godo l’eleganza di Danzica, la classe e la storia di Varsavia, l’energia avanguardista di Lodz.
È primavera ma tutto sta rallentando, come quando il mondo inizia ad entrare nell’inverno e si rinchiude in sé stesso.
La guerra in Ucraina sta riversando milioni di profughi in terra polacca.
È questo il primo Paese in cui trovano riparo, per poi proseguire verso altre destinazioni europee. Alla luce di quanto sta accadendo in queste ultime settimane, la direttrice dell’Ente Nazionale Polacco per il Turismo in Italia, Barbara Minczewa, ha deciso di mandare un messaggio ad agenti di viaggio, tour operator e giornalisti perché l’attenzione sul suo Paese sia corretta e non segnata da luoghi comuni e percezioni distorte.
“La Polonia è stata coinvolta fin da subito nel primo aiuto ai milioni di profughi in fuga dall’Ucraina. La nostra popolazione sta rispondendo in maniera generosa a questa dura chiamata alla responsabilità e all’accoglienza. E sta dimostrando la vera anima del popolo polacco, che da secoli accoglie nelle sue terre flussi migratori provenienti dall’est, integrandoli in un tessuto sociale e culturale che, anche per questo, è oggi più ricco e intenso. Ma è importante sottolineare che la gestione di questa emergenza è limitata alla striscia di confine con Ucraina e Bielorussia. Il nostro Paese si estende da Nord a Sud per 649km e da Est ad Ovest per 689km. Ha una vastità di spazi, paesaggi e aree metropolitane che, come nel resto d’Europa, di tutta Europa, ogni giorno, stanno vivendo questo momento storico con dolore, apprensione, attesa, continuando a gestire la quotidianità. Come hanno fatto Italia, Grecia e Spagna con gli arrivi dei massicci flussi migratori dal Nord Africa e dal Medioriente nel corso di questi ultimi anni.
La Polonia NON è un Paese in guerra.
La Polonia sta accogliendo profughi che, dalla guerra, scappano.
In questi giorni, numerosi operatori polacchi hanno registrato cancellazioni di individuali e gruppi per tour organizzati da tempo nelle nostre città, con un ennesimo, grave, impatto sull’economia turistica del Paese, già ampiamente provata dalla pandemia. Sono molti, per altro, gli ucraini impiegati a vari livelli, nel nostro settore e anche, se non soprattutto, per loro questa crisi diventa un ulteriore motivo di apprensione. Oggi più che mai.
È primavera in Polonia e numerosi sono gli eventi che si stanno preparando per celebrare i più bei giorni dell’anno: le sentite e partecipi celebrazioni della Pasqua, i festival primaverili e di musica sacra a Varsavia (di Ludvig van Beethoven) e Sacrum Profanum a Cracovia, a maggio i concerti all’aperto di Chopin e una serie di eventi all’aperto e, ancora, il festival del design di Lodz. Momenti importanti per ritrovarsi, per tornare a fare quello che noi abbiamo imparato e sappiamo fare al meglio: viaggiare e far viaggiare. Oggi, organizzare un viaggio in Polonia, è anche un modo diretto e responsabile di aiutare una popolazione che si sta adoperando per portare aiuti e sostegno ai vicini ucraini.
In questo momento di attesa per la conclusione della guerra, e per il ritorno della pace, dobbiamo essere consapevoli che tutti, allo stesso modo, qui in Europa, siamo in pericolo se la situazione dovesse degenerare. La Polonia non sarebbe più in pericolo dell’Italia o della Francia o della Spagna. L’inasprirsi delle tensioni avrebbero conseguenze per tutti. Il settore turistico polacco sta pagando oggi il prezzo per appartenere ad un Paese che sta aiutando una popolazione a non morire.
Per questo faccio mie le parole di Federica, instagrammer di @miperdoetorno_: “viaggiare ad est, oggi, equivale a donare speranza, rivendicare il diritto alla vita”.
Ecco il perché del mio invito a tutto il comparto turistico italiano a continuare a lavorare con noi, a sostenerci e a far viaggiare in totale sicurezza i propri clienti, certi di trovare una situazione serena, affidabile e consapevole. Continuare a viaggiare e a far viaggiare nel nostro Paese significa, in questo momento, sostenere un settore che ha voglia di riprendersi gli spazi persi negli anni addietro e persone che di questo vivono. Perché il significato del viaggio sta proprio in questo: scoprire, accogliere, conoscere, confrontarsi, arricchirsi.
Uno strumento di pace forte e imbattibile.