L’esodo di massa degli armeni dal Nagorno Karabakh, la situazione degli sfollati, la tutela del patrimonio artistico, storico e culturale nella Regione: questi i temi al centro dell’incontro che si è tenuto oggi fra l’Ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan e il Senatore Andrea De Priamo, che ha visitato la sede diplomatica a Roma del Paese dell’Asia occidentale per manifestare la sua vicinanza.
“Senza voler entrare nel merito del conflitto nel Caucaso – ha sottolineato il parlamentare di Fratelli d’Italia – ho voluto incontrare l’Ambasciatrice per conoscere meglio la situazione del Paese, preoccupato non solo per l’escalation militare del mese scorso, ma soprattutto per le sorti di diverse migliaia di profughi che in pochissimo tempo hanno dovuto abbandonare le proprie case per cercare fortuna e riparo altrove. Una tragedia enorme questa, per la quale è impossibile restare indifferenti, che per certi versi ricorda quanto accadde agli italiani in Dalmazia, Istria e a Fiume, dopo la seconda guerra mondiale. Per quanto mi riguarda – ha sottolineato De Priamo, che in passato anche da consigliere comunale a Roma aveva perorato la causa armena con alcune iniziative politiche – ho chiesto all’Ambasciatrice Hambardzumyan di restare in contatto ed essere aggiornato sull’evolversi della situazione umanitaria, manifestando la mia solidarietà al Paese”.
Nel corso del colloquio, molto cordiale, l’Ambasciatrice ha ringraziato il Senatore De Priamo per la sua attenzione e, manifestando tutta la sua preoccupazione per la situazione in essere successiva alla crisi, che ha comportato la lesione dei diritti fondamentali degli armeni in fuga dal Nagorno Karabakh, ha confidato in un’attenzione maggiore dell’Italia e della comunità internazionale, ricordando che in pochissimo tempo un Paese con circa tre milioni di abitanti si è trovato a fronteggiare prima una forte emigrazione dalla Russia a seguito del conflitto scoppiato in Ucraina, e poi l’esodo della popolazione in fuga dalla zona interessata dall’intervento militare dell’Azerbaigian, definito dalla diplomatica come “un’operazione di pulizia etnica”.