Ambasciatrice straordinaria e plenipotenziaria della Repubblica del Kosovo in Italia, Malta e San Marino, per tre anni, fino al 2019, deputata dell’Assemblea del Kosovo per due legislature, Alma Lama, personalità di spicco e giornalista molto nota nei Balcani, è da sempre impegnata nel processo di democratizzazione del suo Paese.
Componente del consiglio di Women Caucus, nel 2012 è stata selezionata come una delle 50 donne leader emergenti del mondo, dal
programma del Dipartimento di Stato (USA) “Women in Public Service Program”. Con lei affrontiamo temi di strettissima attualità, a fronte soprattutto degli accadimenti del mese scorso, che hanno registrato qualche frizione al confine con la Serbia.
Lama, quale situazione si registra oggi in Kosovo?
“La situazione adesso è calma e stabile, anche se i problemi con la Serbia continuano ad essere presenti. Fortunatamente, la NATO ha aumentato la disponibilità delle truppe della KFOR in tutto il territorio, e c’è stato un incontro tra il primo ministro del Kosovo e il presidente serbo a Bruxelles, volto essenzialmente a ridurre le tensioni. Va detto che, vedendo la guerra in Ucraina, l’intera area dei Balcani è preoccupata, soprattutto per la tendenza della Russia ad estendere la sua influenza nella regione, mirando alla destabilizzazione della Bosnia e del Kosovo, attraverso la Serbia. Proprio per questo il governo ha aumentato il budget per la difesa e ha richiesto più truppe della KFOR, arrivando a contare oggi ben 3500 unità. Allo stesso tempo, anche i rappresentanti dell’UE stanno lavorando intensamente per ridurre le tensioni e trovare soluzioni attraverso il dialogo, soprattutto sul tema più spinoso, ovvero il rilascio delle targhe e la conseguente libertà di circolazione, che tanto ha fatto discutere in quest’ultimo periodo. Sul tema, si cerca finalmente un accordo finale”.
A tal proposito, può spiegarci esattamente cosa è successo?
“Nel nord del Kosovo, un mese fa, si sono registrate tensioni dopo che il governo del Kosovo ha cercato di attuare la reciprocità con la Serbia per quanto riguarda la circolazione di persone e veicoli ai valichi di frontiera. La situazione è peggiorata soprattutto dopo il posizionamento di barricate da parte dei serbi nel nord, che hanno portato prima al blocco delle strade e poi addirittura alle minacce di una guerra. Successivamente, come detto, è stato raggiunto a Bruxelles un accordo tra Kosovo e Serbia, attraverso il quale le parti hanno rinunciato a fornire documenti temporanei per i cittadini che attraversato i rispettivi territori. Il fatto è che la Serbia non riconosce il Kosovo e di conseguenza nemmeno i documenti emessi dalle sue istituzioni. In base a un accordo del 2011, i cittadini sono dotati di documenti temporanei quando attraversano il confine ma, mentre la Serbia applica tanti costi per i permessi, il Kosovo ha scelto di non fornire ai cittadini serbi questi documenti temporanei. Stante questa situazione, la Serbia ha continuato a rilasciare documenti illegalmente ai cittadini serbi del Kosovo. L’1 agosto ci sono state reazioni a questo stato di cose, durante le quali sono state bloccate le strade, proprio mentre i media sostenevano, sulla base di alcune dichiarazioni pubbliche di alti funzionari, che Mosca era coinvolta e voleva incitare tensioni fra i due Paesi per i propri interessi, anche a fronte della brutale guerra che sta conducendo in Ucraina. Certo è che la Serbia continua a collaborare strettamente con Mosca, ma è stata la NATO a reagire decisamente, dichiarando che le proprie truppe di stanza nel nord del Kosovo sarebbero state pronte a qualsiasi tipo di intervento”.
Cosa possiamo aspettarci per il futuro come scenario geopolitico?
“Oggi è difficile prevedere uno scenario in quanto, a mio avviso, l’epilogo della guerra in Ucraina avrà un ruolo importante anche per la nostra regione. Una vittoria dell’Ucraina e dell’Occidente comporterebbe il “ritiro” della Serbia e manterrebbe in vita le rivendicazioni territoriali di Kosovo e Bosnia. Senza la Russia come “fratello maggiore” che la sostiene nell’arena internazionale, la Serbia sarebbe costretta a seguire un’altra politica più pacifica e probabilmente si impegnerebbe a far parte dell’Unione Europea. Ma anche senza la guerra in Ucraina, la Serbia, ha sempre mal tollerato i suoi vicini, dunque non vedo una strada facile per accordi nel prossimo futuro. Tuttavia, a mio avviso, va sottolineato il serio impegno nella questione di Ue, Usa e Gran Bretagna, che hanno nominato anche delegati speciali per il dialogo. Mi auguro che anche l’Italia abbia il suo giusto ruolo in questo processo, come uno dei paesi più importanti per tutti i processi che il Kosovo ha attraversato, oltre che come sostenitore della sua sicurezza nazionale. Con l’impegno di queste potenze, oltre che dei paesi della regione, ritengo che si possano aspettare risultati positivi, capaci di mettere fine ad interminabili trattative”.