Matematico, docente universitario e Presidente del Comites di Manchester da circa un anno, Cesare G. Ardito unisce rigore analitico e passione civile nel rappresentare la Comunità italiana nel Regno Unito. A partire dalla sua esperienza accademica alla University of Manchester, passando per il volontariato per “Settled” e “the3million”, fino alla creazione del portale “I3Italy”, il suo impegno, da diversi anni, è sempre stato al fianco dei connazionali. Eletto nel Comitato degli Italiani all’Estero con la lista “Italia4Italy”, oggi ritiene doveroso difenderne l’indipendenza da ogni influenza partitica. E’ un piacere incontrarlo per ascoltare le sue riflessioni sull’impatto della Brexit, le criticità dei servizi consolari e sulle azioni concrete portate avanti nel suo primo anno da Presidente. Facendo leva sulla ricchezza multiforme degli italiani di Manchester, un dialogo costante con il Consolato e avendo ben delineato le sfide per il futuro, Ardito rappresenta oggi un modello ideale di cittadinanza attiva all’estero.
Cosa significa per lei rappresentare, in qualità di Presidente del Comites, la comunità italiana che vive a Manchester? “Per me, il compito più importante affidato ai Comites dalla legge è rappresentare i connazionali, facendo da contrappeso e da voce indipendente nel dialogo con le Istituzioni. Significa essere presenti sul territorio, ascoltare la voce e le esigenze di chi vive in ogni angolo della circoscrizione consolare e farsi portavoce di questi bisogni. È una responsabilità fondamentale, perché i Comites danno voce a chi altrimenti non ne avrebbe. Proprio per questo ritengo essenziale che la politica dei partiti resti fuori dai Comites. Infatti, se un organo di rappresentanza fosse legato ad una sigla politica, sarebbe davvero libero di criticare una scelta di un governo di cui quella sigla fa parte, se tale scelta danneggiasse gli italiani all’estero? Purtroppo questa indipendenza non è sempre garantita, né tutti gli eletti nel mondo condividono questa impostazione. Personalmente credo che solo mantenendo i Comites indipendenti sia possibile tutelare davvero gli interessi concreti della comunità, e questa è una posizione che porto avanti sin dall’inizio del mio mandato”.
Come si lega la sua storia personale al Regno Unito? “Sono arrivato nel 2016 per motivi lavorativi, un dottorato in matematica alla University of Manchester… e sono ancora qui. Anche senza aver vissuto in prima persona il periodo del referendum, ho toccato con mano gli effetti della Brexit sulla comunità italiana ed europea. Da subito ho cercato di dare il mio contributo: sono volontario per la charity Settled, direttore della non-profit I3Italy, che informa la comunità su temi di attualità e di interesse pratico, e il mio impegno nel Comites si inserisce nello stesso percorso di servizio. La Brexit ha avuto e continua ad avere un impatto pesante, soprattutto sui più vulnerabili, ed è fondamentale offrire sostegno concreto a chi si trova in difficoltà”.
Proviamo a stilare un bilancio del suo primo anno da Presidente… “È stato dominato dal lavoro amministrativo: il ruolo richiede molta attenzione alle regole, alla burocrazia e alle procedure, specialmente considerando che la situazione che ho ereditato non era delle più semplici. Nonostante si possa sempre fare di più, sono soddisfatto: abbiamo rafforzato la collaborazione con gli altri Comites del Regno Unito e avviato diverse iniziative comuni per la comunità italiana. Siamo riusciti a sostenere e organizzare, insieme ad alcune associazioni, vari eventi sul territorio e ne abbiamo altri in programma. Abbiamo inoltre finalizzato “Gocce d’Italia”, un documentario in 18 puntate di Mirko Ricci e della squadra di Complitaly sugli italiani nel Regno Unito, che sarà presto disponibile in streaming”.

Ricordo più bello? “Tendo a guardare più al futuro che al passato, però se penso a un ricordo bello mi viene subito in mente il momento dopo la proiezione di “Gocce d’Italia” a Manchester, lo scorso marzo. I feedback ricevuti dai presenti sono stati molto positivi: è stata la prima volta in cui ho visto concretamente l’impatto del lavoro fatto per realizzare questo progetto, che tra l’altro mi sta molto a cuore perché andando ad intervistare tantissimi italiani documenta anche, settore per settore, come la Brexit abbia colpito la nostra comunità in modi diversi e spesso imprevedibili”.
E il più brutto? “Sicuramente il momento in cui abbiamo ricevuto parere negativo per assumere un elemento di segreteria. Ci ha impedito di avviare un progetto importante che la comunità ci chiede a gran voce: offrire assistenza pratica, di persona e vicino agli uffici consolari, a chi ne ha più bisogno. La comunità italiana si scontra spesso con difficoltà nell’accesso ai servizi consolari, soprattutto per chi ha poca dimestichezza con le pratiche o con i portali informatici, e purtroppo queste difficoltà vengono sfruttate da alcune realtà con secondi fini economici o politici. Un presidio civico del Comites sarebbe a mio avviso anche una garanzia di imparzialità e trasparenza: ci riproveremo nel 2026”.
E’ possibile tracciare un profilo che ben rappresenti gli italiani che vivono a Manchester? “Dare un unico profilo sarebbe riduttivo, perché la comunità italiana a Manchester è molto stratificata e varia. La maggior parte è composta da giovani adulti, arrivati negli ultimi dieci anni (tra cui il sottoscritto!). Ma convivono realtà molto diverse: ci sono discendenti di emigrati di oltre un secolo fa, che mantengono ancora vive alcune tradizioni italiane. Ci sono italiani arrivati negli anni ’90, oggi prossimi alla pensione. C’è anche una presenza significativa di “nuovi italiani”: persone originarie di Paesi come Pakistan, Bangladesh o Brasile, che dopo aver vissuto e ottenuto la cittadinanza in Italia sono emigrate nel Regno Unito. Nel nostro Comites questa ricchezza di percorsi è ben rappresentata nella composizione dell’assemblea”.
In generale, a suo avviso, come si è integrata la nostra comunità? “Gli italiani sono ben integrati nella società britannica, presenti in tutti i settori come università, sanità, imprese, ristorazione e pubblica amministrazione. Molti hanno raggiunto posizioni di rilievo, e nel complesso sono apprezzati e riconosciuti per la propria professionalità. Negli ultimi anni, il clima post-Brexit ha richiesto uno sforzo in più da parte di tutti, ma la maggioranza degli italiani ha saputo adattarsi. Resta però il fatto che la battuta d’arresto imposta dalla Brexit, se non verrà sostituita da qualche nuova forma di libertà di movimento, segna una vera discontinuità per una comunità che fino a oggi aveva mantenuto legami stretti con l’Italia”.

Come definirebbe il rapporto fra il Comites da lei presieduto e la rete diplomatica italiana? “I rapporti con la rete diplomatica sono sempre stati buoni: il Consolato è il nostro principale riferimento e mantiene un dialogo costruttivo, coinvolgendoci in molte iniziative e dimostrando apertura anche di fronte alle critiche. In questo anno da presidente ho avuto modo di confrontarmi anche con altri esponenti della rete diplomatica, e il clima che ho percepito è quello di una squadra che lavora insieme per il bene dei connazionali. Detto questo, i Comites restano enti particolari, con una governance spesso complessa e, di fatto, lasciati molto autonomi da una normativa che li rende autoreferenziali. Da anni si discute di una riforma che però non si è mai concretizzata, e questa situazione comporta un carico amministrativo significativo, nonché il rischio di paralisi decisionale dovuto all’incertezza normativa e al fatto che, per legge, molte responsabilità di regolazione interna ricadono sugli stessi Comites. Secondo me, una supervisione più strutturata—ad esempio con un addetto consolare dedicato—potrebbe paradossalmente renderli più efficienti. Si teme spesso che più controllo tolga autonomia, ma nella pratica una guida chiara e un supporto concreto aiuterebbero a lavorare meglio e con meno incertezze”.

C’è un diplomatico in particolare che le fa piacere ricordare in questa intervista per la sua vicinanza agli italiani all’estero? “Certamente, mi fa piacere ricordare Matteo Corradini, Console di Manchester dall’apertura del Consolato fino a marzo 2025. Ho molto apprezzato la sua apertura al confronto con tutte le realtà del territorio e la costante presenza e vicinanza dimostrata alla comunità italiana. Nei rapporti con il Comites si è sempre distinto per il dialogo aperto e costruttivo con tutti i consiglieri, ascoltando le istanze e coinvolgendoci nelle iniziative. In inglese, si direbbe che è andato “above and beyond” nel suo ruolo istituzionale”.
Siete in contatto anche con Comites che operano in altre parti del mondo? “Oltre ai Comites del Regno Unito, con cui collaboriamo strettamente su molti progetti, non abbiamo rapporti strutturati con altri Comites nel mondo. Tuttavia, mantengo contatti informali con alcuni consiglieri di Comites in Europa e America: ci confrontiamo ogni tanto, ci scambiamo consigli, idee e pareri sulle varie sfide che affrontiamo”.

Prossime iniziative in programma? “Proprio in questi giorni chiederò ai consiglieri di proporre progetti per il preventivo 2026, che dovremo finalizzare entro il 30 settembre. Per quanto mi riguarda, insieme all’esecutivo, abbiamo due priorità principali: ripresentare la richiesta di finanziamento per una sede e una figura di segreteria a Manchester, così da offrire un aiuto concreto ai connazionali che si trovano in seria difficoltà nell’accesso ai servizi consolari, e completare la pubblicazione in streaming di “Gocce d’Italia”, per renderlo finalmente disponibile a tutti. Continueremo inoltre con le iniziative di informazione e supporto sull’EU Settlement Scheme, fondamentali dopo la Brexit, e su temi di attualità come la nuova legge sulla trasmissione della cittadinanza italiana ai nati all’estero. Siamo poi sempre disponibili a collaborare con associazioni, enti e patronati presenti sul territorio, ogni volta che gli obiettivi sono in linea con le finalità dei Comites”.
Intervista di Marco Finelli