Non ci sono più parole per qualificare il comportamento tenuto dal regime israeliano nella sua recente aggressione al Libano.
Il principio di distinzione, che dovrebbe guidare l’azione delle forze armate in tempo di guerra, separando gli obiettivi militari da quelli civili nel rispetto non solo del diritto umanitario, ma anche, e soprattutto, di quello bellico garantito dalle Convenzioni internazionali, non esiste per Israele.
La serie di attacchi annunciati ed eseguiti in Libano nelle ultime ore da Netanyahu e dai suoi complici stragisti, contano già un tragico bilancio: 550 circa le vittime uccise (di cui decine di donne e bambini) e oltre 1800 i feriti. Tra civili e militari ormai non c’è più differenza per l’IDA (l’Esercito israeliano), sono tutti e indistintamente “animali umani” di cui liberarsi, come un giorno definì i palestinesi il Ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant.
Ed è in effetti proprio questo lo scopo manifesto della guerra ora intrapresa da Gerusalemme. Non è più questione di contenere la minaccia delle milizie di Hamas o di Hezbollah, né di applicare quel diritto di rappresaglia, tanto decantato da Netanyahu come espressione di legittima difesa, cui fare ricorso per pararsi dai colpi della minaccia terroristica. Il vero scopo del bellicismo incontenibile di Israele è la eliminazione fisica dei palestinesi, l’allargamento del conflitto all’area mediorientale e il controllo incondizionato di tutte le terre di quella che, stando alle pie speranze suscitate dalle tante Risoluzioni dell’ONU dal 1948 ad oggi, sarebbe dovuta divenire la Palestina quale entità politica statuale.
A nulla, però, sono servite le dichiarazioni rilasciate qua e là da esponenti dei Governi più sensibili alla causa palestinese. Israele, dobbiamo riconoscerlo – e questo dovrebbe risultare chiaro a tutti ormai se solo affrontassimo con spirito onestamente critico l’evoluzione della crisi fin dal suo insorgere – non ammette nessuna convivenza, e si oppone, con scontata determinazione, all’esistenza di uno Stato di Palestina ai suoi confini. Una soluzione, quest’ultima, che, benché prospettata in sede ONU fin dalle prime scaturigini storiche della questione, sembrerebbe oggi perdere vieppiù di consistenza e fattibilità proprio alla luce della violenza applicata con inusitata sconsideratezza, ma con criminale determinazione, dalla dirigenza politica del Paese. Oggi assistiamo così ad una lenta eutanasia di un popolo che, abbandonato a se stesso, non solo dagli occidentali benpensanti, ma anche dagli stessi Paesi amici di area disposti a non rischiare più di tanto nel disallinearsi dalle posizioni ricattatorie degli Stati Uniti, non riesce a trovare altra via se non l’accettazione di un destino infausto che lo vede oggi scalzato dalla propria terra di insediamento storico antichissimo. L’idea di uno Stato palestinese a fianco di uno Stato ebraico – soluzione in fondo condivisa dalla maggior parte della Comunità internazionale – non riesce ancora a trovare quel contesto di consensi in Occidente in grado di dare concreto seguito al progetto. L’ignavia di molti Paesi europei, favorevoli a parole, ma non nei fatti, non aiuta di certo a risolvere la crisi. E così, a dispetto perfino della recente Risoluzione delle Nazioni Unite, votata nel maggio scorso a favore del riconoscimento dello Stato della Palestina (dalla quale il Governo italiano si è vergognosamente smarcato con una inaspettata astensione), si continua a far strage, prima a Gaza, poi in Cisgiordania e ora addirittura nello stesso territorio del Libano in aperta violazione dei diritti di sovranità di questo Stato.
Colpire il terrorismo di Hezbollah è il dichiarato scopo del Governo israeliano in questa sua ultima mossa. Eliminare le sue basi logistiche la priorità manifesta. Tuttavia, costerebbe troppo all’IDA operare la doverosa separazione tra obiettivi miliziani e civili, e così si preferisce colpire tutti, miliziani, civili, donne e bambini inermi che cadono inesorabilmente e senza alcuna pietà sotto il fuoco israeliano. Un’azione vile e deplorevole è questa, condotta in totale disprezzo di quel sacrosanto principio di distinzione, di cui sopra si è fatto cenno, e che dovrebbe in qualche modo “umanizzare“ la più disumana attività degli uomini: la guerra. Ma innegabilmente, per consentire ad Israele di proseguire indisturbato con questo indiscriminato e irriducibile atteggiamento, senza concedere alcuno spazio ad alcuna trattativa negoziale, deve esserci anche una nostra colpa. E’ evidente che ci stiamo tutti sbagliando. O direttamente, con una aperta opposizione a qualunque progetto di pacificazione, o indirettamente, attraverso una colpevole inerzia nel condannare i misfatti di Israele. Di fronte alla follia omicida di un regime che non intende ammettere cedimenti dalla propria linea di condotta, né compromessi di qualsivoglia natura, a nulla vale allora ripercorrere le tappe della Storia per ricordare le gravi responsabilità britanniche nei confronti della Palestina “mandataria” derivanti dalla Dichiarazione Balfour del 1917; né vale rievocare la lunga teoria di eccidi, a partire dal 1948, e le guerre e le “intifada” combattute; né vale ricordare i vari accordi firmati col “beneplacito” americano, da Camp David del 1978 alle intese di Oslo del 1993/95 fino a quelli di Abramo del 2020; e né vale sperare in qualche ibrido atto di condanna da parte della Corte Internazionale di Giustizia! Israele è contro la Legge. Israele è sopra la Legge. Israele, quale sedicente unica vera democrazia del Medio Oriente – come si sostiene anche da più parti in Occidente – non è che un semplice, puro e mero luogo comune, e come tale è solo da smitizzare. La realtà, con quest’ultima efferata aggressione al Libano, e dopo le stragi attribuite al Mossad con l’esplosione dei “cerca-persone”, è ben altra cosa, e si confermerebbe nel sospetto, divenuto oggi certezza, che la bandiera del vero terrorismo non è quella palestinese”.
Bruno Scapini