“Mi capita spesso di pensare alla vita difficile di mio nonno, che lasciò l’Italia all’età di dieci anni con i suoi fratelli”: in una frase l’umanità e la grandezza dell’Ambasciatore Renato Mosca de Souza che, da italo discendente, non nasconde il suo orgoglio di rappresentare il Brasile proprio nel Paese che fu dei suoi avi e che, per certi versi, oggi sente anche un po’ il suo. “Essere qui è un onore che non avrei mai pensato di poter ricevere”, ammette.
Un onore ricambiato oggi con grande passione e particolare dedizione, doti grazie alle quali l’Ambasciata brasiliana a Roma è indubbiamente diventata nella storia recente una delle realtà più vivaci e attive nel panorama diplomatico italiano.
Una lunga carriera alle spalle, Mosca de Souza ha ricoperto ruoli di responsabilità in diverse Ambasciate e Istituzioni internazionali. Prima di assumere l’incarico a Roma, è stato, fra l’altro, Console Generale del Brasile a Vancouver, Ambasciatore in Slovenia, nonché Capo del Cerimoniale della Presidenza della Repubblica del Brasile in più occasioni e Rappresentante Permanente del Paese sudamericano presso la FAO, a Roma.
Ad animare il suo lavoro sono state, sempre e comunque, le qualità che lo caratterizzano maggiormente, ovvero una grande profondità di pensiero e una spiccata umanità. “Dobbiamo fare tutti qualcosa in più per eliminare ingiustizie e disuguaglianze nel mondo”, ama ripetere parlando di sfide globali e riflettendo sul ruolo della diplomazia nella società contemporanea.
Eccellenza, Brasile e Italia hanno appena festeggiato il 150° Anniversario dell’immigrazione italiana in Brasile. Un bel traguardo.
“Ma non solo, per noi è anche un nuovo orizzonte che si apre nelle relazioni bilaterali. Celebrare la storia dell’immigrazione italiana in Brasile è importante, prima di tutto perché la stessa rappresenta una parte fondamentale della nostra identità e delle nostre radici, ma poi anche perché significa valorizzare l’evoluzione e l’integrazione che hanno arricchito entrambi i Paesi. Tuttavia, se da un lato dobbiamo ricordare con orgoglio il nostro passato comune, dall’altro la nostra “visione” deve essere quella di prevedere un futuro comune, sempre basato su rispetto reciproco, valori condivisi, cooperazione e integrazione”.
Cosa significa per lei, italo-discendente, rappresentare il suo Paese a Roma?
“Rappresentare il mio Paese a Roma, come italo-discendente, è un onore che non avrei mai pensato di poter ricevere e che porta con sé un profondo legame emotivo e culturale. Un’occasione che mi permette di poter onorare le tradizioni italiane e, contestualmente, mantenere vivo il legame con la cultura d’origine. Mi capita spesso di pensare alla vita difficile di mio nonno, che lasciò l’Italia all’età di dieci anni con i suoi fratelli, in cerca di nuove opportunità. Vede, le persone non emigrano perché vogliono, ma perché sono costrette. La sua testimonianza rende ancora più forte il mio senso di appartenenza a entrambe le culture”.

Come definirebbe oggi le relazioni diplomatiche fra Brasile e Italia?
“Sono solide e caratterizzate da una forte collaborazione in vari settori come, ad esempio, il commercio, la cultura, la scienza e l’innovazione. Anche dal punto di vista politico i rapporti sono molto positivi, entrambi i Paesi sono infatti impegnati nel dialogo bilaterale e nella cooperazione a livello internazionale, così come all’interno di organismi globali, basti pensare al coordinamento appena concluso tra la Presidenza brasiliana e quella italiana del G20 e del G7. Sono convinto che il lavoro svolto insieme con il governo italiano negli ultimi diciotto mesi abbia portato a una vera e propria ripresa delle relazioni bilaterali. In ambito economico, l’Italia rappresenta un partner strategico per il Brasile, con un forte impegno nelle industrie automobilistiche, nell’industria agroalimentare, nell’energia e nelle tecnologie avanzate. Allo stesso tempo il Brasile continua a essere un mercato importante per le imprese italiane”.

Quali azioni metterà in campo per consolidare ulteriormente i rapporti in essere?
“Come ho detto, il 2024 è stato un anno caratterizzato da molti progressi, durante il quale siamo riusciti a realizzare un importante coordinamento tra le presidenze del G7 e del G20, e ad aggiornare l’interlocuzione nei meccanismi di dialogo politico e politico-militare, rimasti inoperosi per molti anni. Nel 2025, il nostro lavoro si baserà essenzialmente su tre pilastri: anzitutto prepareremo un percorso comune affinché l’Italia possa svolgere un ruolo importante alla COP30, in Brasile. Abbiamo il dovere, infatti, di progredire nella lotta al cambiamento climatico, e come ribadisco sempre, l’Italia e gli altri Paesi dell’Europa devono sostenere lo sforzo per fare della COP30 una “COP dei risultati”. In secondo luogo, abbiamo cercato già, a più riprese, di mostrare l’importanza di concludere l’Accordo di Partenariato Mercosur-Unione Europea, uno strumento sicuro di integrazione dei nostri due blocchi economici, con vantaggi reciproci. Non ultimo, dovremo attuare ogni sforzo possibile e, mi creda, anche impossibile, affinché l’Alleanza contro la Fame e la Povertà possa raggiungere i suoi nobili obiettivi”.
Se dovesse descrivere il Brasile con tre aggettivi, quali sceglierebbe?
“Direi diverso, per i popoli e le culture che ci hanno formato, come una società creativa e multiforme; accogliente, per la capacità dei brasiliani di ricevere e scambiare esperienze e di entrare in empatia; infine impegnato, per gli sforzi profusi, legati a tutte le principali questioni che non possono essere rimandate nel mondo, come ad esempio la lotta alla fame e alla povertà, la difesa dello sviluppo sostenibile, il multilateralismo, l’ambiente, i diritti umani e la pace”.
Parliamo dei brasiliani in Italia. Come si è integrata questa Comunità?
“La Comunità brasiliana in Italia, che conta oggi oltre 120mila persone, si è integrata in vari modi, registrando una presenza particolarmente forte nelle grandi città, come ad esempio Roma, Milano e Torino, non mancando comunque di essere presente anche nei piccoli paesi. In generale, i brasiliani in Italia sono arrivati sia per motivi di studio o di lavoro, che per esigenze familiari. In ogni caso, si sono integrati sempre con successo, soprattutto perché con gli italiani condividiamo culture, valori e principi comuni. Per quanto mi riguarda, io dico sempre che i brasiliani in Italia oggi ripagano tutto quello che di bello gli italiani hanno fatto per il Brasile, in termini di sviluppo sociale ed economico. Noi brasiliani abbiamo molto da offrire alle nostre sorelle e ai nostri fratelli italiani. Certamente, non sono mancati anche alcuni sforzi per raggiungere un perfetta integrazione nella vita di tutti i giorni, oggi comunque numerosi brasiliani hanno acquisito la cittadinanza italiana, lavorano sia in ambito pubblico che privato, e hanno creato famiglie miste”.
In generale, com’è percepita l’Italia in Brasile?
“L’Italia è generalmente vista in Brasile in maniera molto positiva. La cultura italiana ha un grande fascino per i brasiliani, che ammirano la sua storia, l’arte, la moda, la cucina e il design. La lingua italiana, pur non essendo parlata comunemente, è spesso considerata elegante e musicale, e molti brasiliani sono attratti dall’idea di impararla. Culturalmente, l’Italia è spesso associata a uno stile di vita raffinato e alla bellezza dei suoi paesaggi e delle sue città. I brasiliani sognano di viaggiare in Italia, Paese che hanno imparato a conoscere attraverso il cinema, la musica e la letteratura”.
Qual è, in definitiva, il suo ricordo più bello da diplomatico?
“Questa è la mia seconda missione diplomatica a Roma. Tra il 2007 e il 2010 sono stato Vice Capo della Rappresentanza brasiliana presso la FAO, l’IFAD e il PAM. Un’esperienza indimenticabile e arricchente. Ora, come Ambasciatore del Brasile al Quirinale, le sfide sono maggiori, ma non c’è giorno in cui non sia grato per questa opportunità unica per un discendente italiano”.

E il più brutto?
“Nella carriera diplomatica i momenti più brutti sono sempre quelli legati al momento dei saluti, quando si termina una Missione. Pur sapendo che accadono ogni tre o quattro anni, mi creda, è sempre difficile dire addio ai nostri amici”.
C’è un episodio particolare che le andrebbe di raccontare in questa intervista?
“Più che un episodio, vorrei fare una semplice riflessione di carattere generale. Oggi viviamo in un mondo che guarda con orrore a due guerre brutali, pur sapendo che ce ne sono altre, meno visibili e poco raccontate dalla stampa internazionale. Siamo poi tutti sorpresi di vedere una “guerra di tariffe economiche e commerciali”, unitamente a un disprezzo senza precedenti per il sistema multilaterale. Percepiamo oltretutto un movimento “di allocazione” delle risorse destinate agli armamenti. Tutto questo mente nel XXI secolo dobbiamo convivere con la fame, la povertà, le malattie e un’estrema disuguaglianza. Ecco, questi eventi, così desolanti, se messi insieme sembrano indicarci che non solo non abbiamo imparato nulla dalla storia, ma anche che, a oggi, non abbiamo creato alcuna consapevolezza nell’umanità”.
Lei come si trova a Roma?
“Roma è una città unica, la culla della nostra civiltà, una fonte di ispirazione inesauribile per le sue specificità. Mi sento a casa, mi ricorda i miei zii e i pranzi domenicali in famiglia. L’Italia, come il Brasile, è un Paese dalle mille sfaccettature, da nord a sud, con una varietà di culture, costumi e identità locali che formano un popolo, quello degli italiani, davvero accogliente”.
Dici Brasile e pensi al calcio. Lei tifa per qualche squadra in particolare?
“Nel calcio non ho “piccoli” amori, la mia unica squadra è la nazionale brasiliana”.
Se le chiedessi un consiglio su un libro da leggere?
“Don Chisciotte della Mancia, imbattibile ed indimenticabile”.
Prossime iniziative in programma dell’Ambasciata?
“Avremo un intenso programma di lavoro, concentrato prevalentemente in tre diversi ambiti: politico, economico-commerciale e scientifico-tecnologico. Come detto, abbiamo dato priorità ai temi dell’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, alla conclusione dell’Accordo di Partenariato Mercosur-Unione Europea e alla preparazione insieme all’Italia della COP30, che si terrà in Brasile. Nelle ultime settimane è stato poi all’ordine del giorno l’impatto del decreto-legge n. 36 sulle comunità di origine italiana in Brasile e in America Latina, avendo il provvedimento limitato il riconoscimento della cittadinanza a due generazioni attraverso lo “ius sanguinis”. Sono infine particolarmente lieto di anticipare un grande evento che sarà offerto al pubblico italiano nel prossimo futuro: l’inedita mostra di arte sacra del più grande artista brasiliano del XX secolo, e forse di tutti i tempi, Candido Portinari, che si terrà presso la sede dell’Ambasciata, a Palazzo Pamphilj”.

Chiuderei questa intervista con qualche consiglio di viaggio rivolto agli italiani interessati a visitare il Brasile.
“Il Brasile è un Paese continentale, con bellezze e diversità da nord a sud, tuttavia consiglio sempre agli stranieri di visitare l’Amazzonia, un patrimonio brasiliano che è anche patrimonio dell’umanità. Solo chi è stato nella regione può capire l’enormità delle sfide che dobbiamo affrontare per proteggere questa ricchezza. Fortunatamente, il Brasile è impegnato a tutelare quello che io amo definire un vero e proprio “santuario” della vita”.
Intervista di Marco Finelli
intervista molto interessante!