di Daniele Verga*
In occasione del 50mo anniversario degli Accordi di Osimo – 10 novembre 1975 – è stato presentato alla Farnesina, da parte dei curatori, il volume “Documenti sulla Pace Adriatica. Il negoziato di Osimo nelle carte della diplomazia italiana”.
Sono sempre rimasto personalmente molto legato a quell’evento ormai lontano, sia perché ero presente, forse uno dei pochi testimoni ancora viventi, nella villa Monte San Pietro di proprietà del conte Giulio Leopardi Dittajuti alla firma degli Accordi da parte dei Ministri degli Esteri italiano Mariano Rumor e jugoslavo Miloš Minić; sia perché la mia carriera diplomatica si è svolta in buona parte nel Mediteraneo allargato, una regione ricca di storia, di civiltà, di cultura, di genti e popoli diversi, di scambi, ma anche di confronti, e che include la vasta area adriatica con in primo luogo i Balcani.
La mia prima sede all’estero (1977-1980) fu Belgrado, allora capitale della RSFJ, negli anni finali della presidenza Tito; l’ultima è stata Lubiana (2004-2008), capitale della Slovenia, uno degli Stati successori della RSFJ e che a giusto titolo si definisce “una finestra sui Balcani”.
All’epoca in Italia gli Accordi di Osimo suscitarono contrasti, divisioni, polemiche perché al di là del loro contenuto politico, toccavano sentimenti personali, recenti ricordi dolorosi, vicende umane e familiari laceranti, ancora oggi non del tutto sopiti e superati.
Gli Accordi di Osimo dettero una veste giuridica definitiva ad una situazione di fatto del confine orientale italiano venutosi a creare alla fine della Seconda Guerra Mondiale ed a seguito dei trattati di pace, obiettivamente irreversibile per via negoziale.
Furono deboli, arrendevoli, troppo disponibili i Governi italiani dell’epoca nel condurre e concludere i negoziati con la Jugoslavia di Tito? Si poteva ottenere di più e/o meglio in materia di confini, di tutela della minoranza italiana nella RSFJ, di risarcimenti per gli esuli? La storia non si fa con i se e con i ma: occorre contestualizzare i fatti nel momento in cui avvengono.
Nel suo intervento in occasione della presentazione del suddetto volume di documenti di Osimo il Segretario Generale della Farnesina ha sintetizzato con una felice ed onesta espressione la posizione negoziale dell’Italia nella situazione geopolitica europea ed internazionale di allora: si trattò di un “doloroso pragmatismo”. A cinquant’anni dalla firma tale significativo ed autorevole giudizio colloca gli Accordi di Osimo nella loro corretta prospettiva storica.
Il 50mo anniversario degli Accordi di Osimo ha avuto il giusto riconoscimento in Gorizia-Nova Gorica Capitale Europea della Cultura 2025. E non è un caso che quest’anno ricorra anche il 50mo anniversario della firma degli Accordi di Helsinki (1° agosto 1975) sulla CSCE. Due processi negoziali autonomi e indipendenti, che nello spirito e nei principi guardavano nella stessa direzione.
Dopo cinquant’anni e con animi più sereni si vanno ricomponendo anche le fratture fra i “rimasti” e gli esuli: una lunga storia comune di persone, di vite, di sentimenti, di appartenenza, cui ha fatto seguito una tragedia condivisa. Allora ci voleva altrettanto coraggio a rimanere che ad andar via. E’ un coraggio che merita rispetto ed è una testimonianza sempre viva.
*Ambasciatore d’Italia

