Buonasera a tutti,
ringrazio il Ministro Tajani e saluto i Ministri presenti, il Segretario Generale Guariglia e tutti voi Capi Missione, che avete l’onere e l’onore di guidare la rete diplomatica italiana all’estero. Desidero ringraziare ognuno di voi per il lavoro che fate ogni giorno, al servizio della Nazione e dell’interesse nazionale italiano.
Voi siete bandiere dell’Italia, ci tengo a ribadirlo, perché non rappresentate voi stessi ma un’intera comunità nazionale. Voi non rappresentate solo la nostra Patria nella sede che vi è stata affidata ma portate sulle vostre spalle un’identità, una storia, un intero patrimonio culturale, sociale, economico. Margaret Thatcher diceva che “un uomo può scalare l’Everest per sé stesso, ma al vertice pianterà la bandiera del suo Paese”.
Ecco, voi rappresentate l’Italia, tutti noi. È una grandissima responsabilità, che fa tremare i polsi ma che riempie di senso il vostro impegno quotidiano e traccia la direzione da seguire. Voi siete la voce dell’Italia nel mondo. Voi date voce all’Italia con dedizione, competenza, autorevolezza. Senza risparmiarvi mai, utilizzando sempre lo strumento del dialogo per costruire nuovi rapporti e rafforzare i più antichi. Dedizione che può arrivare a toccare l’estremo sacrificio com’è accaduto all’Ambasciatore Luca Attanasio, ucciso nel compimento dei suoi doveri insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci. Tra poche settimane si celebrerà il terzo anniversario del loro assassinio e ci tengo oggi a ricordarli e a rinnovare alle loro famiglie e ai loci cari la nostra vicinanza. L’Ambasciatore Attanasio ha prestato servizio nella Repubblica Democratica del Congo, uno degli Stati più grandi e popolosi del Continente africano. E lo ha fatto incarnando alcuni dei tratti distintivi della nostra diplomazia: il senso dello Stato, il dialogo e il rispetto per il proprio interlocutore, l’impegno per trovare opportunità e vantaggi reciproci. Un approccio scevro da logiche paternalistiche e predatorie, che da sempre rende l’Italia un interlocutore rispettato e apprezzato nei cinque continenti. Perché dalle Nazioni che ti ospitano non bisogna portare via qualcosa, ma lasciare qualcosa e costruire qualcosa insieme a loro. Questa è la nostra visione. Ed è anche per questo che nel mondo c’è grande domanda d’Italia e le porte sono più che aperte. È un’occasione di cui dobbiamo essere consapevoli e che non possiamo sprecare.
A partire proprio dall’Africa. Purtroppo, per troppi anni, in Europa e in Occidente si è commesso l’errore di guardare ai fenomeni che hanno interessato il Continente africano – una guerra, una rivolta, una carestia, l’instabilità di questo o quel governo – come a singoli eventi legati ad una emergenza circoscritta. È stato un errore strategico, che ci ha portati spesso ad analizzare quei fenomeni con gli occhi del momento e a dover gestire le inevitabili conseguenze sprovvisti di una progettualità più ampia. E invece l’Africa, per essere capita nel profondo, ha bisogno di uno sguardo d’insieme e di una regia ad ampio spettro.
Noi vogliamo offrire tutto questo con un grande Piano di cooperazione, sviluppo e partenariato paritario che porta il nome di un nostro grande connazionale, Enrico Mattei. La “formula Mattei” ha avuto successo in passato perché ha saputo coniugare l’esigenza di una Nazione come l’Italia di rendere sostenibile la sua crescita con quelle degli Stati partner di conoscere una stagione di sviluppo e progresso. Noi siamo ripartiti da quella formula per dire che noi, in Africa, non vogliamo fare la carità, ma vogliamo aiutarla a prosperare su ciò di cui dispone. E l’Africa non è un continente povero, ma ricchissimo, in particolare di risorse strategiche. Infatti, l’Africa ha la metà delle risorse minerarie del pianeta, tra cui abbondanti terre rare, e dispone del 65% di terreni stabili, che con adeguate tecnologie e adeguata formazione può garantire autosufficienza alimentare e crescita. E poi le grandi sfide legate all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla transizione energetica. L’Italia si candida a diventare un ponte tra l’Africa e il resto d’Europa, uno snodo di energia pulita, sviluppando le infrastrutture (un esempio su tutti il progetto di interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia) e la capacità di generazione necessarie, sia in Patria sia nel Mediterraneo.
Temi di cui abbiamo discusso anche nella recente COP28 a Dubai – come sapete in quel forum abbiamo posto l’Italia come primo contributore al Fondo Perdite e Danni con 100 milioni di euro e annunciato che il 70% del Fondo Italiano per il Clima sarà destinato all’Africa –, e che torneremo ad affrontare nella prossima Conferenza Italia-Africa, in agenda per il 28 e 29 gennaio a Roma. In quell’occasione presenteremo la cornice politica e le grandi direttrici di intervento del Piano Mattei: cultura e formazione; salute; agricoltura; energia; sviluppo economico e infrastrutturale; contrasto al terrorismo e ai trafficanti di esseri umani. Il Piano sarà una piattaforma programmatica aperta, che intendiamo scrivere insieme ai protagonisti di questo processo: le Nazioni africane.
L’Africa sarà al centro anche della Presidenza italiana del G7, che inizierà tra meno di due settimane. Il rapporto con il Sud Globale sarà una dei temi cardine della nostra Presidenza. Penso, in particolare, all’area dell’Indo-Pacifico. Fin dal nostro insediamento abbiamo rilanciato la presenza dell’Italia in questo quadrante del mondo e il nostro obiettivo è quello di sfruttare le opportunità che derivano dalla nostra collocazione geografica. L’Italia è una piattaforma nel Mediterraneo e il Mediterraneo è diventato sempre di più il mare di mezzo tra i due grandi spazi marittimi del globo, l’Atlantico da una parte e l’Indo-Pacifico dall’altro. Ne è la prova il Progetto Blue Raman, che collegherà l’Indo-Pacifico al Mediterraneo e consentirà ai dati, l’energia delle nostre società digitali, di fluire dall’India all’Europa attraverso l’Italia e il Mediterraneo. E sono molto soddisfatta del fatto che i nostri rapporti con due protagonisti di quell’area, Nuova Dehli da una parte e Tokio dall’altra, siano più forti e solidi che mai. Inoltre, continueremo a coltivare il dialogo e la collaborazione con la Cina, che è un interlocutore di primaria importanza per affrontare i grandi scenari di crisi e le sfide globali, a partire dal cambiamento climatico.
In questi mesi ho riscontrato grande aspettativa per la Presidenza italiana del G7, e noi siamo pronti a non deludere le attese.
Negli ultimi anni, il G7 ha assunto un ruolo sempre più importante nella difesa dei valori democratici, nella tutela del sistema internazionale basato sulle regole e nella capacità di far fronte alle sfide del nostro tempo. Nessuno avrebbe mai immaginato che nel 2024 sarebbe tornato d’attualità il rispetto dell’ordine internazionale basato sulla forza del diritto e non sul diritto del più forte. Un sistema messo in discussione dalla scelta scellerata di un Membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Federazione Russa, di calpestare i principi base della Carta ONU: il no all’uso della forza nelle relazioni internazionali e l’inviolabilità dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica di un altro Stato. Noi siamo convinti che in Ucraina si stabilisca se il futuro sarà di pace o di guerra, se sarà basato sulle regole del diritto internazionale o sul caos. Purtroppo, abbiamo già cominciato a vedere le conseguenze nei diversi focolai di conflitto accesi in giro per il mondo. Dalla crescente instabilità nel Sahel fino all’America Latina, con l’annuncio del Venezuela di voler annettere unilateralmente il 70% della Guyana.
Senza dimenticare il conflitto in Medio Oriente, perché è più che ragionevole sostenere che sulla scelta di Hamas di sferrare l’orribile attacco del 7 ottobre contro Israele abbia influito il disordine mondiale innescato dall’invasione russa dell’Ucraina. Anche per questo, è necessario continuare ad opporci, con tutte le nostre forze, all’aggressione della Russia, perché dalla difesa della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina dipende la salvaguardia dell’ordine internazionale basato sulle regole.
Il conflitto in Medio Oriente rimane, ovviamente, in cima alla nostra agenda. Tutti noi sosteniamo il diritto di Israele alla propria esistenza e alla propria sicurezza, così come siamo concordi nel dire che è necessario proteggere la vita dei civili, sia israeliani che palestinesi. La popolazione civile di Gaza è vittima di Hamas e per questo è necessario intensificare l’impegno umanitario. L’Italia ha inviato due voli di aiuti e la nave militare Vulcano è attraccata nel porto egiziano di El Arish per la cura dei palestinesi feriti, in particolare minori. E stiamo inviando medici pediatri negli ospedali emiratini per curare i minori che continuano ad affluire da Gaza. Dobbiamo aumentare il sostegno all’Autorità Palestinese, che ha un ruolo cruciale per qualunque processo politico e per una soluzione di lungo periodo sul modello “due popoli e due Stati”. Crediamo che la comunità internazionale debba lavorare e dare ogni possibile supporto per aiutare Gaza nella fase post conflitto per costruire un futuro libero da Hamas e da altre organizzazioni integraliste che lucrano sul legittimo desiderio del popolo palestinese di autodeterminarsi.
Nell’agenda della Presidenza italiana del G7 troverà spazio anche la sicurezza delle catene di approvvigionamento, che abbiamo scoperto essere più fragili di quello che immaginavano, prima con la pandemia e poi con la guerra in Ucraina. Sulla scia della Presidenza giapponese, continueremo a lavorare per affrontare le diverse vulnerabilità.
L’Italia introdurrà per la prima volta nell’agenda del G7 le questioni migratorie. Priorità che questo governo ha posto in ogni sede e che con il Processo di Roma, avviato a luglio con la Conferenza su Migrazioni e Sviluppo coinvolgendo le Nazioni mediterranee, africane e del Golfo, si pone due obiettivi fondamentali: sconfiggere gli schiavisti del terzo millennio da un lato, e affrontare le cause alla base della migrazione dall’altro, con l’obiettivo di garantire il primo dei diritti, che è il diritto a non dover emigrare, potendo trovare nella propria terra le condizioni necessarie a costruire la propria realizzazione.
Altro punto sarà l’intelligenza artificiale. Tecnologia che può generare grandi opportunità ma anche enormi rischi, oltre ad incidere sugli equilibri geopolitici attuali. È nostro compito sviluppare un sistema di governance globale e fare in modo che l’IA sia incentrata sull’uomo e controllata dall’uomo, dando applicazione concreta al concetto di algoretica. Non trascureremo, ovviamente, altre priorità, come il nesso clima-energia e la sicurezza alimentare. Il G7 ha la responsabilità e il dovere di cercare soluzioni innovative, lavorando con le Nazioni in via di sviluppo e le economie emergenti.
Quello che si sta per chiudere è stato, sul piano internazionale, un anno particolarmente complesso. E tutto fa presagire che il 2024 non sarà da meno. Anche per questo abbiamo sempre di più bisogno di un’Europa forte e protagonista. Un attore globale capace di evitare che qualsiasi vuoto strategico possa essere riempito da altri, proiettandosi come gigante geopolitico e non solo burocratico. Ciò non può prescindere dal decisivo tema dell’allargamento dell’Unione, che io amo definire riunificazione, visto che non siamo noi a stabilire chi è o non è europeo. Lo hanno deciso la geografia e la storia. Processo che avrà inevitabilmente un impatto sui meccanismi interni dell’UE e richiede una riflessione collettiva sulle riforme che saranno necessarie. Il percorso di allargamento non può prescindere dai Balcani, area che è nel cuore d’Europa e che da sempre ha un’importanza strategica per la nostra Nazione. Perché tutto quello che accade dall’altra parte dell’Adriatico ha inevitabilmente un riflesso immediato su di noi e l’Italia ha una grande responsabilità verso i Balcani. Per questo, stiamo fortemente investendo sul rilancio della presenza e dell’impegno dell’Italia in questa regione, dal punto di vista politico, culturale ed economico.
Altrettanto decisiva per l’Europa è la sfida del governo dei flussi migratori. In questi mesi siamo riusciti a cambiare l’approccio a questa materia e ad affermare il principio che la priorità per l’Europa è difendere i suoi confini esterni e fermare a monte i trafficanti di esseri umani e l’immigrazione illegale di massa. È grazie alla spinta decisiva dell’Italia se è stato possibile costruire il Memorandum d’Intesa tra la UE e la Tunisia, un accordo che può costituire un modello per il complesso delle relazioni con la sponda sud del Mediterraneo. Siamo impegnati a sostenere gli sforzi della Commissione per dare applicazione concreta a questo accordo, ma anche ad avviarne di nuovi, come quello già annunciato con l’Egitto che vedrà l’Italia ugualmente protagonista. Il Protocollo Italia-Albania è un altro tassello della nostra strategia per combattere i trafficanti e permettere l’ingresso sul territorio europeo solamente a chi ha diritto alla protezione internazionale.
È un accordo dal grande spirito europeo, che consentirà di sperimentare un modello virtuoso di cooperazione operativa tra uno Stato Ue e uno extra-Ue, e che non a caso sta suscitando concreto interesse anche in altre Nazioni dell’Unione. Segnali importanti che smentiscono chi sosteneva che le cose, anche sul fronte delle politiche dell’immigrazione, non potessero cambiare e che non c’era spazio per soluzioni innovative e coraggiose. L’Italia è diventata un esempio per l’Europa, e vuole continuare ad esserlo.
Guidiamo una grande Nazione europea e apparteniamo orgogliosamente a quell’insieme di vicende umane e di pensieri profondi che definiamo civiltà occidentale. È ciò che ci contraddistingue nel mondo, e che ci dà anche la forza e la capacità di dialogare nei consessi internazionali con tutti, da pari a pari. Senza complessi di inferiorità, ma con l’orgoglio di ciò che è l’Italia e cosa è in grado di fare.
È una capacità che dobbiamo anche allo straordinario contributo di quella “seconda Italia” che vive fuori dai nostri confini e che cammina sulle gambe di sei milioni e mezzo di italiani all’estero, ai quali si aggiungono le decine di milioni di persone che discendono dai nostri connazionali emigrati all’estero e che condividono la nostra stessa cultura, le nostre stesse tradizioni e la nostra stessa lingua. Come accade ad esempio in America Latina, regione del mondo dove vivono fortissime comunità di origine italiana e con la quale condividiamo solide relazioni culturali, sociali ed economiche. E alla quale intendiamo prestare particolare attenzione, rilanciando i rapporti con un’intensità maggiore di quelle che abbiamo visto negli ultimi anni.
L’Italia è una superpotenza culturale. La nostra cultura è universale e riflette la nostra identità, che è fatta di storia, di arte, di lavoro, di realtà nazionali e locali. Per questo, la promozione della lingua e della cultura italiana all’estero è un investimento strategico, al pari della promozione della nostra offerta economica ed industriale, perché consente di far crescere il numero di coloro che amano l’Italia e che guardano a noi. È uno strumento prezioso, che deve essere sempre di più un pilastro della politica estera italiana.
Ci sarebbero molti altri argomenti di cui discutere oggi insieme a voi, ma non voglio tediarvi oltre e mi accingo a chiudere. Voglio farlo, però, con un’ultimissima immagine, che è quella del planisfero. Moltissimi di voi ne hanno uno affisso in ufficio, nella propria sede. Per un diplomatico è un po’ come avere uno degli attrezzi del mestiere. Ecco, ogni volta che mi fermo davanti ad una di queste carte cerco sempre l’Italia. E ogni volta mi colpisce vedere quanto l’Italia sia geograficamente piccola, rispetto ad altre grandi Nazioni e continenti. Allo stesso tempo, però, penso a quanto quella piccola Penisola, e quel popolo che la vive e la abita da millenni, siano stati capaci di fare nel corso della sua storia. Di quanto abbiano stupito, meravigliato, insegnato al mondo. E davanti a quell’immagine penso anche a quanto il nostro popolo sia ancora in grado di fare, alle straordinarie energie di cui dispone e che dobbiamo solo saper liberare. Con un pizzico di coraggio, e anche di follia. Per essere sempre più grandi, amati e apprezzati nel mondo.
Grazie a tutti e buon Natale!