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La Console Allegra Paola Baistrocchi saluta Detroit: “Esperienza fantastica, sento di lasciare un’eredità viva e in movimento”

Redazione by Redazione
30 Novembre 2025
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La Console Allegra Paola Baistrocchi saluta Detroit: “Esperienza fantastica, sento di lasciare un’eredità viva e in movimento”
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Dalla vivacità di Roma alla guida del Consolato d’Italia a Detroit, Allegra Paola Baistrocchi incarna una diplomazia moderna, dinamica, empatica e profondamente connessa ai territori che rappresenta. Laureata in Scienze Politiche alla LUISS e con un Master in Relazioni Internazionali, ha maturato un’esperienza decennale nel settore privato prima di intraprendere la carriera diplomatica. Dopo una breve esperienza a Londra ed un incarico come Vice Capo Missione in Sri Lanka e alle Maldive, dal 2021 è Console a Detroit con competenza su cinque Stati americani del Midwest, nei quali instancabilmente ha promosso con passione l’Italia, tra cultura, innovazione e cooperazione economica. Oltre 170 le iniziative culturali sostenute, due i premi prestigiosi ricevuti, Baistrocchi lascia in dote una rete vivace di collaborazioni e una comunità valorizzata in ogni sua voce, frutto di una diplomazia “prossima”, fatta di ascolto, innovazione e vicinanza concreta ai cittadini. Mentre il suo mandato volge al termine, è un piacere incontrarla non solo per stilare un bilancio su quanto fatto, ma anche per ascoltare la sua visione relativa al ruolo consolare, analizzando l’importanza del dialogo con le Comunità italiane all’estero e le sfide di una diplomazia che guarda al futuro, senza dimenticare le proprie radici.

Console, l’1 settembre 2021 lei ha assunto le funzioni di Console d’Italia a Detroit, con giurisdizione su cinque Stati: Michigan, Indiana, Kentucky, Ohio e Tennessee. Che ricordo ha di quel giorno? “Ricordo nitidamente quel giorno. Era un momento carico di emozioni: la consapevolezza della responsabilità che stavo assumendo, il desiderio di onorare il mandato, e l’entusiasmo di iniziare una nuova avventura in un contesto nuovo, con cinque Stati da esplorare, una comunità italiana da conoscere, ponti da costruire tra l’Italia e il Midwest americano. Detroit mi appariva come una città dalla storia importante e dal potenziale straordinario – e si è rivelata esattamente così”.

Dopo circa 4 anni questa esperienza sta per volgere al termine. Proviamo a stilare un bilancio. “Il bilancio è più che positivo. Abbiamo rafforzato la presenza istituzionale italiana in tutti e cinque gli Stati della circoscrizione, avviato nuove collaborazioni economiche, culturali e accademiche, promosso il Made in Italy con una narrazione innovativa, e intensificato il dialogo con le comunità italiane e italoamericane locali. Il Consolato è diventato sempre più accessibile, moderno e vicino ai cittadini. Sento di lasciare un’eredità viva e in movimento”.

Qual è in definitiva il suo ricordo più bello legato a questa esperienza? “Difficile scegliere, perché ogni momento in cui portiamo l’Italia nei luoghi dove magari non se l’aspettano, o facciamo sventolare le bandiere tricolori con fierezza, o ascoltiamo l’orgoglio dei connazionali nelle loro storie di emigrazione e identità, è un momento emozionante. Si tratta di tanti ricordi belli e ce ne sono stati molti in questi 4 anni. Tuttavia nulla mi appaga di più personalmente di quando aiutiamo un connazionale in difficoltà. Questi ultimi momenti forse non sono necessariamente dei ricordi belli, ma sono quelli in cui ho sentito con più forza cosa davvero significhi essere Console al servizio della comunità”.

E il più brutto? “Come viviamo i momenti belli della comunità, viviamo anche quelli brutti. Senza dubbio i peggiori sono quelli che rimandano a connazionali che vengono a mancare o che richiedono la nostra assistenza poiché vittime di un incidente. Sono avvenimenti che ti restano dentro”.

Parliamo di Detroit, cosa l’ha affascinata di più di questa città? “La grinta e la resilienza. Detroit è una città che non molla. Ha vissuto il boom, la crisi, e ora la rinascita. È ruvida, autentica, creativa. Un luogo dove l’arte incontra l’industria, dove la musica è nell’aria e l’innovazione corre veloce. Ti entra sotto pelle senza nemmeno accorgertene”.

Come si è integrata oggi, a suo avviso, la Comunità italiana che vive in Michigan, Indiana, Kentucky, Ohio e Tennessee? “La comunità italiana è ben integrata, rispettata e molto attiva. In tutti e cinque gli Stati ho trovato persone straordinarie: imprenditori, accademici, professionisti, giovani ricercatori, ma anche discendenti di emigrati che mantengono un legame profondo con le loro radici. È quindi una comunità composita, che non sempre s’incontra: una vicina all’Italia contemporanea, ed un’altra più legata alla tradizione, che però continua a portare avanti i valori italiani con orgoglio e generosità”.

E’ possibile tracciare un profilo che ben rappresenti gli italiani che vivono in questi Stati? “Odio chi la definisce una comunità “a due velocità” ma possiamo dire che se da un lato abbiamo gli italiani di nuova generazione, dall’altro abbiamo i membri delle storiche comunità italoamericane. Ciò che li accomuna è il forte senso di appartenenza all’Italia, il valore attribuito alla famiglia, al lavoro ben fatto, e alla cultura – nel senso più ampio del termine. Condividono l’amore per l’Italia e rappresentano il nostro biglietto da visita più efficace”.

Immagino quanto sia complesso coordinare l’attività diplomatica su un territorio così vasto. “È una sfida logistica e organizzativa, ma anche un’opportunità unica. Ogni Stato ha le sue peculiarità economiche, culturali e sociali, e ciò consente di sviluppare azioni diplomatiche su misura. Va detto, con un sorriso, che la diplomazia “alta” – quella politica e strategica – è gestita con grande efficacia dalla nostra Ambasciata a Washington. Il Consolato può quindi concentrarsi su una forma di diplomazia più “prossima”: quella economica, culturale, scientifica… e perché no, anche sportiva! È una diplomazia che costruisce ponti attraverso progetti, persone, idee. Una diplomazia fatta di presenza sul territorio, dialogo con le comunità, e valorizzazione del meglio che l’Italia ha da offrire. Abbiamo cercato di essere una presenza visibile e costante, anche grazie a strumenti digitali e a una forte rete di collaborazioni locali”.

In generale, come definirebbe le relazioni diplomatiche fra Italia e Stati Uniti, in particolare nella sua circoscrizione? “Ottime e sempre più ricche. Qui ho visto un’ammirazione autentica per l’Italia: per il nostro stile, certo, ma anche per la nostra tecnologia, il nostro saper fare, il nostro pensiero. Nella mia circoscrizione ho visto un grande interesse per l’Italia, in tutti i settori: dall’automotive all’agritech, dalla formazione universitaria alla difesa, dal design alla sostenibilità. Le relazioni sono solide e orientate al futuro, con tantissime opportunità da cogliere. Le aziende e le istituzioni americane cercano l’Italia come partner di valore”.

Colombo e Detroit sono le tappe principali della sua carriera diplomatica. C’è un momento che considera particolarmente significativo? “Ogni sede è stata una scuola di vita e aver fatto il Vice Capo Missione in Sri Lanka è un lavoro completamente diverso da fare il Console a Detroit. Paesi diversi in termini di circoscrizione, di numero di italiani, di attività prioritarie. L’Ambasciata ha forse molte più dimensioni, ma devo dire che amo il lavoro Consolare perché ho scoperto qui a Detroit la bellezza del contatto diretto con la comunità e la possibilità concreta di cambiare le cose. Non che in Sri Lanka non li avessimo aiutati… con una pandemia ed un attentato terroristico, ma a Detroit è stato un contatto giornaliero”.

Nel 2022 ha ricevuto il Premio “Spirit of Detroit” e nel 2024 l’Italian Reputation Award per il suo impegno nel promuovere l’Italia. Qual è il significato di questi riconoscimenti per lei? “Sono stati riconoscimenti inaspettati e diversi come propulsione, ma entrambi hanno molto valore per me. Lo Spirit of Detroit mi è stato dato dalla Città di Detroit, quindi un riconoscimento ricevuto da parte degli Americani. L’Italian Reputation Award, invece, ha una matrice italiana e celebra coloro che, all’estero, contribuiscono a costruire un’immagine innovativa, credibile e positiva dell’Italia impattando la reputazione del nostro Paese. E nelle ultime due settimane si sono aggiunti altri due riconoscimenti che custodirò con grande affetto. Il Premio Testimonianza, attribuito in Italia a chi lavora nella pubblica amministrazione trasmettendo valori positivi, mi è stato consegnato durante la Settimana della Cucina, che qui a Detroit abbiamo unito al Campus Salute, offrendo oltre 200 prestazioni mediche gratuite alla nostra comunità. E poi le Chiavi della Città di Toledo, un gesto simbolicamente potentissimo, con cui la città ha voluto riconoscere l’attenzione e l’impegno dedicati al territorio. Tutti questi riconoscimenti, per me, hanno un denominatore comune: sono premi collettivi, non personali. Sono del team del Consolato, della nostra Dante Alighieri del Michigan (principale ente di collaborazione per la promozione dell’Italia sul territorio), della nostra comunità e di tutti i partner e società che hanno creduto in una diplomazia più vivace, creativa, concreta e vicina alle persone”.

Quali iniziative culturali ha portato avanti per rafforzare il legame tra Italia e Stati Uniti? “Abbiamo fatto oltre 170 eventi in quasi quattro anni, cercando di evidenziare di volta in volta aspetti diversi della nostra Italia. Non solo bellezza e tradizione (che non mancano mai), ma anche (e soprattutto) tecnologia, scienza, giovani talenti, arte contemporanea. Abbiamo creato il primo metaverso di un ente pubblico al mondo ormai oltre tre anni fa (e ne abbiamo avuto tre versioni); abbiamo avuto eventi in cui interagivamo con l’intelligenza artificiale dei robot umanoidi; siamo stati il primo Consolato negli Stati Uniti a ricevere il premio della Farnesina per le “Capitali della Creatività Italiana nel Mondo” nella sua prima edizione; abbiamo messo in scena iniziative dedicate all’architettura e design (LoveITDetroit ha avuto 4 edizioni ad oggi) e al cinema italiano, organizzato concerti e spettacoli teatrali, perseguito collaborazioni con musei e fondazioni locali; abbiamo parlato di sport e violenza di genere con la campionessa Gloria Peritore e portato la comunità italiana nel centro dell’NBA sul parquet dei Detroit Pistons con Simone Fontecchio; abbiamo preparato e servito un menu italiano presso una mensa per persone in difficoltà in occasione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. Gli eventi sono stati tanti e tutti in qualche modo memorabili, ma dietro ogni progetto ho sempre avuto chiaro l’obiettivo di raccontare un’Italia contemporanea, tecnologica, dinamica, senza mai perdere di vista il legame con la nostra straordinaria tradizione culturale. Ogni evento poi è stato di volta in volta tarato in base al pubblico e alle declinazioni dei mille aspetti che rendono l’Italia così speciale. Ma forse per spiegare la nostra predisposizione all’organizzazione di iniziative culturali, posso raccontare alcuni degli ultimi eventi fatti: a giugno abbiamo avuto l’Italian Bowl, finale di football americano delle migliori squadre italiane appartenenti al FIDAF. Quindi diplomazia dello sport. Poi c’è stata la seconda edizione dell’iniziativa “The Perfect Pitch”, in collaborazione con RetImpresa, un concorso che ha portato startup italiane (in ambito mobilità sostenibile) a partecipare ad un ricco percorso imprenditoriale presso centri di innovazione, società ed enti locali ed italiani. Per questa seconda edizione ci siamo spostati a Nashville, all’interno della conferenza di LaunchTN, dove le startup selezionate hanno potuto presentarsi davanti a oltre 300 investitori e più di 500 potenziali clienti. Un vero successo di diplomazia tecnologica, con già potenziali sviluppi concreti per tutte e tre le aziende partecipanti. Per quanto riguarda le rassegne più tradizionali, da ultimo abbiamo una rappresentazione di tableaux vivants di Caravaggio e una cena caravaggesca, il cui obiettivo – in ambito cucina – è anche quello di superare in bellezza un precedente evento in cui sono state presentate 13 portate basate su ricette degli antichi romani, accompagnate dalle spiegazioni di un’esperta archeologa italiana della University of Michigan. Ad maiora semper, è il mio motto!”.

Sul suo profilo si legge che dopo anni di esperienza nel settore privato ha deciso di “seguire le orme della famiglia al servizio del Paese”. In definitiva, cosa significa per lei far parte del Corpo Diplomatico e rappresentare l’Italia nel mondo? “Significa vivere ogni giorno con un forte senso di responsabilità. Rappresentare l’Italia è un onore ma anche un impegno costante: è ascoltare, mediare, costruire ponti ed essere presenti nei momenti belli e in quelli difficili. È dare voce a chi vive lontano ma si sente profondamente italiano nonostante le distanze. È una missione, non un mestiere. Significa portare l’Italia nel cuore e metterla al servizio degli altri, ogni giorno. È raccontare un Paese che cambia, che innova, che crea e farlo con passione, competenza e umanità. E, lo confesso, farlo con la consapevolezza di avere forse il lavoro più interessante del mondo: ogni giorno diverso, imprevedibile, ricco di incontri, relazioni e storie che ti cambiano. Per me, è anche un modo per restituire al mio Paese tutto ciò che mi ha dato”.

Dove le piacerebbe continuare ora la sua carriera diplomatica? “Ogni sede è un’opportunità per crescere e contribuire e chi fa questo lavoro sa che ogni destinazione può rivelarsi una sorpresa meravigliosa. Certo, mi piacerebbe proseguire in un contesto che valorizzi l’esperienza maturata, in cui poter coniugare diplomazia economica, innovazione e cultura. Ma, come sempre, sarò dove il Ministero riterrà opportuno inviarmi e sono pronta per la prossima sfida, ovunque sarà. L’importante è portare con me la stessa energia e lo stesso entusiasmo. Ma non ho dubbi in merito. L’unica certezza è quale sarà la mia prossima tappa: la Farnesina. E posso dire che dopo 8 anni all’estero, sono veramente felice di fare rientro in Italia. Vorrei che gli italiani in Italia avessero la visione che abbiamo noi del nostro Paese. Siamo veramente dei privilegiati a venire da una cultura, dai valori e dalla bellezza del nostro Paese. E dopo aver vissuto in oltre 10 Paesi nella mia vita, posso dire, il nostro non si batte!”.

Intervista di Marco Finelli

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