Sguardo affabile, carisma da leader, cultura raffinata: Joe Donnelly è Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario degli Stati Uniti presso la Santa Sede da poco più di due anni. Nato a New York City e cresciuto a Long Island, prima della carriera diplomatica ha rappresentato l’Indiana al Senato degli Stati Uniti e ha fatto parte della U.S. House of Representatives.
Democratico di stampo moderato, animato da una profonda fede cattolica, durante le elezioni del 2020 è stato co-presidente dei “Catholics for Biden”, a sostegno del Presidente degli Stati Uniti d’America, con il quale condivide da anni una sincera amicizia.
Conosciuto come “Double Domer”, avendo conseguito due lauree presso l’Università di Notre Dame, da avvocato prima, e da politico e diplomatico poi, si è occupato prevalentemente di diritti umani, libertà religiosa, immigrazione e cambiamento climatico, distinguendosi per la sua sensibilità e le sue spiccate capacità di analisi, che l’hanno portato a trionfare, unico democratico in oltre 10 anni, alle elezioni in Indiana.
Eccellenza, come definirebbe oggi i rapporti tra gli Stati Uniti e la Santa Sede?
“Quest’anno celebriamo i primi 40 anni delle relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti e la Santa Sede. Naturalmente, le nostre relazioni risalgono a ben oltre 40 anni fa. I due Paesi hanno lavorato a stretto contatto per molto tempo. Fino all’instaurazione di relazioni formali nel 1984, gli Stati Uniti hanno sempre mandato inviati presidenziali in Vaticano per discutere di questioni umanitarie e politiche internazionali. Oggi come allora, gli Stati Uniti e la Santa Sede hanno un prezioso partenariato. Ascoltiamo e impariamo gli uni dagli altri. Collaboriamo su obiettivi condivisi. Insieme, stiamo lavorando per un mondo più pacifico e giusto per tutti. Come ha dichiarato il Presidente Biden, gli Stati Uniti sono grati per la guida coraggiosa di Papa Francesco. Sappiamo che i nostri due Paesi sono più forti quando siamo uniti”.
La sua missione in Vaticano è iniziata circa due anni fa. Può dirmi quale emozione ha suscitato in lei l’incontro con il Santo Padre?
“Ho incontrato per la prima volta Papa Francesco quando gli ho presentato le mie credenziali – i documenti che mi rendono ambasciatore presso la Santa Sede – nell’aprile 2022 con la mia famiglia e i miei colleghi. Sono rimasto colpito dal suo calore e dalla sua bontà. Irradia amore e cura per gli altri, specialmente i più vulnerabili. Da allora, ho avuto l’opportunità di incontrarlo molte volte. Crede, come me, che gli Stati Uniti e il Vaticano siano amici e partner stretti”.
Incessanti si susseguono in questi giorni così difficili gli appelli alla pace di Papa Francesco. Ne cito uno, chiedendole un commento: “La guerra, ogni guerra, è sempre una sconfitta, una distruzione della fratellanza umana”.
“La profonda fede del Santo Padre nella pace per tutti è una parte determinante e ispiratrice di questo papato. Gli Stati Uniti, naturalmente, credono fortemente nella pace, ma siamo anche al fianco dei nostri amici e alleati che vengono attaccati. Accogliamo con favore la profonda preoccupazione del Papa per coloro che soffrono a causa della guerra e dei conflitti”.
A suo avviso, il prossimo Giubileo potrebbe costituire un momento di profonda riflessione a livello globale anche per ripensare la pace?
“Lo spero! Papa Francesco ha lavorato instancabilmente anche nel campo della diplomazia, promuovendo la pace e il dialogo in molti momenti critici della storia. È stato un mediatore cruciale tra gli Stati Uniti e Cuba nel 2014 e ha ospitato un importante incontro tra il Presidente israeliano Shimon Peres e il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ai Giardini Vaticani quello stesso anno. Ha visitato campi profughi in tutto il mondo, portando consapevolezza e interesse per le questioni sulla scena mondiale. L’anno del Giubileo è anche un ottimo momento per focalizzarsi sulla Terra, nostra casa comune come la definisce il Santo Padre. Siamo di fronte a una complessa crisi ambientale, e Papa Francesco ha la capacità di svolgere un ruolo di primo piano per preservare la Terra e creare un futuro più sostenibile per i nostri nipoti e i nipoti dei nostri nipoti”.
Durante le elezioni del 2020, lei ha guidato i “Cattolici per Biden”. Che ruolo può avere la fede in politica?
“Come cattolico, mi sento profondamente commosso dal tono aperto e caritatevole di Papa Francesco. Le sue parole sono parole d’amore, vero amore. Ci incoraggia tutti ad amarci come Dio ci ama, a prenderci cura l’uno dell’altro – tutti uguali agli occhi di Dio e ugualmente amati. Confido nell’impegno di Papa Francesco per costruire una Chiesa più inclusiva, aperta a tutti coloro che vogliono essere in comunione tra loro. Le sue riforme sono state ambiziose e coinvolgono tutti i cattolici per affrontare i reali bisogni delle persone, in particolare i più vulnerabili”.
Lei ha detto: “Joe Biden vive la sua fede ogni giorno. Ogni domenica è in ginocchio per partecipare alla Messa e pregare per il suo Paese, la sua famiglia e tutti coloro che sono nel bisogno nella nostra amata nazione. Lo so perché conosco Joe Biden e vengo dalla stessa tradizione cattolica irlandese”. Parlando di religione con il Presidente, quale riflessione l’ha colpita di più?
“Il Presidente e io siamo amici da molto tempo. So che la sua forte fede cattolica è stata una fonte di conforto durante le tragedie della sua vita, e una fonte di ispirazione quando cerca di aiutare gli altri”.
Prossime iniziative previste dall’Ambasciata?
“Entrando nel mio terzo anno di mandato come Ambasciatore presso la Santa Sede sono ansioso di costruire su queste solide basi di rispetto e apprezzamento. So che continueremo a collaborare sui nostri obiettivi e valori comuni. Il nostro lavoro comprende il sostegno per una pace giusta e duratura in Ucraina e il ritorno dei bambini ucraini rapiti dalla Russia; un impegno comune per un percorso diplomatico verso una pace e una sicurezza durature in Medio Oriente; la promozione dei diritti umani e della dignità per tutti, inclusi coloro di ogni abilità e provenienza; sostegno alla libertà religiosa; e una stretta collaborazione per combattere il cambiamento climatico”.
Intervista di Marco Finelli