Proseguono i panel di approfondimento del Festival Internazionale della Geopolitica europea, che si svolge presso M9 – Museo del ‘900 di Venezia Mestre. La seconda giornata del Festival è stata caratterizzata dagli interventi di Giuseppe Schivardi, Contrammiraglio e direttore del Centro Studi Militari Marittimi di Venezia; Paolo Casardi, ambasciatore e co-presidente del Circolo Studi Diplomatici; Vincenzo Marinese, vice presidente nazionale di Confindustria e Raffaele Speranzon, senatore e componente della Commissione Affari Esteri del Senato della Repubblica.
I relatori hanno affrontato alcuni dei nodi fondamentali che caratterizzano l’attuale scenario internazionale, economico e produttivo. I temi si sono intrecciati tra sicurezza, industria, geopolitica e sostenibilità, delineando un quadro complesso ma ricco di potenzialità per l’Italia e per l’Europa.
Giuseppe Schivardi ha posto l’accento sull’importanza strategica del Mediterraneo allargato, che include non solo il bacino mediterraneo ma anche le vie di accesso da e verso l’oceano. Ha evidenziato come circa il 90% del commercio mondiale transiti via mare e come questo sistema garantisca un impatto ambientale inferiore rispetto al trasporto terrestre o aereo. Il Contrammiraglio ha anche ribadito: “senza garanzie di sicurezza, queste rotte potrebbero spostarsi, penalizzando città portuali cruciali come Venezia, Trieste e Genova. La stabilità del Mediterraneo è quindi un interesse vitale, non solo locale ma globale“.
L’Ambasciatore Casardi ha introdotto una lettura geopolitica multilivello basata sulla teoria dei “centri concentrici“. Secondo questa logica, i conflitti vanno analizzati in tre cerchi: nel primo troviamo i contendenti diretti (es. Russia e Ucraina; Israele e Palestina), nel secondo le forze regionali (come l’UE o i Paesi arabi), e nel terzo le potenze globali (Stati Uniti, Cina, ecc.). Casardi ha fatto riferimento anche alla possibile ricostruzione di Gaza, per la quale si sono già proposti l’Egitto e l’Arabia Saudita, lasciando intendere che il futuro di quest’area sarà fortemente influenzato dalle dinamiche e dagli equilibri tra questi centri. L’analisi evidenzia quanto sia fondamentale la cooperazione multilaterale per affrontare i conflitti contemporanei.
In seguito, il vice presidente Vincenzo Marinese ha riportato l’attenzione sull’Italia, sottolineando la necessità di rilanciare l’industria nazionale come motore per risanare il debito pubblico. Ha ricordato come nel tempo l’Italia abbia abbandonato la produzione e si sia ridotta a un semplice “assemblatore” di componenti, spesso delocalizzando e perdendo così valore aggiunto. Per Marinese, serve un ritorno all’identità creativa e produttiva del Paese, sostenuto da una solida diplomazia internazionale e da alleanze europee, perché la pace e la stabilità non possono essere costruite individualmente, ma solo attraverso un tessuto collaborativo e coeso.
Il senatore Raffaele Speranzon ha offerto una riflessione articolata sullo stato dell’economia globale e sul ruolo dell’Italia nel contesto produttivo e commerciale. Speranzon ha messo in evidenza come, nel mondo contemporaneo, la creazione e la gestione dell’informazione rappresentano uno strumento chiave per il commercio e la comunicazione. I Paesi che riescono a raccogliere e sfruttare informazioni strategiche, come ad esempio la Russia, possono offrire forme di protezione e garanzie che influenzano direttamente il successo o l’insuccesso delle loro relazioni internazionali. L’informazione, quindi, diventa una leva di potere geopolitico ed economico. Il senatore ha espresso una forte critica al modello economico italiano degli ultimi decenni, che ha scelto la strada della delocalizzazione e della chiusura di siti produttivi, come miniere e industrie, rinunciando progressivamente all’autonomia industriale. Questo processo ha causato una dipendenza crescente da Paesi terzi, spesso a scapito dei diritti umani e dell’ambiente. “L’Italia ha così preferito non vedere le condizioni in cui vengono prodotte le materie che importa, contribuendo indirettamente a fenomeni di sfruttamento e inquinamento globale“, ha ribadito il senatore. Inoltre, l’aumento dei costi di trasporto rende sempre meno sostenibile questo modello, spingendo verso la necessità di riavvicinare la produzione ai territori d’origine, rendendola più etica e accessibile.
I relatori hanno messo in luce una serie di questioni interconnesse: la sicurezza del Mediterraneo, la geopolitica multilivello, il rilancio dell’industria italiana, la necessità di alleanze diplomatiche forti e l’etica della produzione globale. L’Italia, con la sua storia, posizione strategica e potenziale creativo, può giocare un ruolo centrale solo se saprà rimettere al centro il lavoro, la cooperazione e la responsabilità globale. La sfida è collettiva, e il tempo per agire è adesso.