“L’integrazione è un processo molto complesso ed è difficile dire se una comunità si è o meno integrata, perché in primo luogo dovremmo definire cosa si intende per comunità”: Presidente del Comites di Berlino dalla fine del 2022, Federico Quadrelli sottolinea così, da esperto, quanto sia difficile oggi tracciare un profilo che definisca adeguatamente gli italiani in Germania. “Esiste una comunità italiana in Germania? Non credo, ne esistono molte – ci spiega -, l’esperienza di Berlino non è la stessa di Wolfsburg o di Stoccarda. Le nuove generazioni si muovono in uno spazio comune di regole che consente una più rapida integrazione economica e lavorativa per esempio. Se quel che si ottiene è soddisfacente rispetto alle aspettative, è però tutt’altra questione: non c’è una separazione netta tra Paese d’origine e nuova realtà, c’è sempre un’opzione di ritorno e questo implica dover ripensare l’idea di integrazione. Siamo nell’Unione Europea dopotutto”.
Laureato in sociologia e ricerca sociale a Milano e in European Studies alla Europa-Universität di Frankfurt (Oder), Quadrelli oggi insegna discipline sociali e politiche nei corsi per educatrici ed educatori in Brandeburgo, ed è membro dell’Associazione Italiana di Sociologia e della Deutsche Gesellschaft für Soziologie. Da circa due anni è a capo del Comites, Comitato degli Italiani all’estero, Berlino, Brandeburgo, Sassonia e Turingia.
Presidente, integrazione a parte, chi sono e cosa fanno gli italiani che vivono in Germania? “Difficile dirlo, ci confrontiamo con una pluralità di esperienze e biografie che rende difficile fare un identikit: ci sono persone con la laurea e altrettante senza. Ci sono giovani, ma ci sono anche anziani. C’è chi vuole restare a lungo termine, chi cerca solo un’esperienza di vita che può durare 6 mesi o 5 anni. Ci sono persone che trovano lavori gratificanti e ben remunerati, altri – non pochi – che restano imbrigliati in strutture di sfruttamento, di irregolarità o che non hanno migliorato la propria condizione di vita economicamente. Ci sono i soddisfatti e altrettanti sono i delusi. Sicuramente c’è anche una componente molto vitale di artisti, professionisti, gastronomi e studenti che partecipa alla vita culturale e sociale della città”.
In generale, stilando un bilancio, come valuta la sua esperienza da Presidente del Comites? “Impegnativa e gratificante. Impegnativa perché si tratta di un’attività gratuita che si fa nel tempo libero, al di fuori del lavoro e degli altri impegni associativi. Oltretutto, il mio Comites, copre un’area geografica decisamente vasta, che include Berlino e altre 4 regioni della Germania. Come Presidente mi sono dato come obiettivo quello di includere le comunità sparse nel nostro territorio e per questo motivo sono il primo ad essere uscito dalla Capitale tedesca, andando a Magdeburgo, a Dresda e Lipsia per incontrare le comunità e promuovere iniziative condivise. Impegnativa poi anche perché devo dare fondo alla mia creatività, visto che i fondi ministeriali sono di anno in anno sempre meno. Al contempo è un’esperienza gratificante perché nonostante tutte queste difficoltà, con il Comites siamo riusciti a realizzare numerose e importanti iniziative per la comunità, rafforzando i rapporti tra italiani e tedeschi”.
Qual è il suo ricordo più bello legato al Comites? “Gioisco quando un progetto su cui si è lavorato, anche di notte, perché lo si fa appunto nel tempo libero, viene realizzato e diventa un successo. Quando, in generale, ciò che si fa ha un riscontro nella comunità, non solo italiana ma anche berlinese e si rafforza così la visibilità dei nostri connazionali. Sono poi particolarmente soddisfatto della creazione di reti di contatto con gruppi fino ad oggi ignorati, che io invece sono riuscito a raggiungere ed includere, anche se fuori Berlino”.
E quello più brutto? “Dover fare i conti con i tagli ministeriali: quando i progetti non vengono finanziati nonostante siano importanti e utili, ti ritrovi sistematicamente a dover fare i salti mortali per realizzarli e, se va male, anche a doverli accantonare definitivamente. “Calcio in Festa” nel 2023, ad esempio, è stato il primo grande evento che ho organizzato da Presidente, dopo anni che non veniva più realizzato, anche con l’ausilio di organizzazioni tedesche e aprendo a una cooperazione con le Istituzioni locali. Nel 2024, però, il progetto non è stato più finanziato dal Ministero. Per fortuna la rete di contatti che avevo costruito era solida e siamo riusciti così a riorganizzare la manifestazione sempre con l’ausilio di terzi, senza una partecipazione economica diretta da parte nostra”.
Come definirebbe oggi, in generale, i rapporti del Comites da lei presieduto con le rappresentanze diplomatico-consolari? “Ottimi. Abbiamo un rapporto di costante scambio con le autorità diplomatiche-consolari, interagiamo con reciproco rispetto e spirito di collaborazione. Abbiamo realizzato incontri culturali di amicizia italo-tedesca come ad esempio il già menzionato “Calcio in Festa” nel 2023 e nel 2024, durante i quali l’Ambasciata ha mandato una sua rappresentanza per i saluti istituzionali, e abbiamo inoltre realizzato incontri e iniziative importanti sul tema dell’inclusione scolastica con la collaborazione diretta della dirigente preposta dell’Ambasciata”.
Avete punti di contatto anche con altri Comites nel mondo? “Certo, in Germania abbiamo un InterComites, quindi esiste un rapporto costante di scambio tra Presidenti dei vari Comites, presenti nelle varie città tedesche. Ho personalmente contatti con Presidenti di Comites di altre realtà geografiche, in Europa e fuori dall’Europa. Fare iniziative comuni è molto difficile, ma lo scambio personale e istituzionale a livello di Presidenti è sempre possibile”.
Prossime attività in programma? “Siamo un Comites molto attivo, perché i membri eletti sono tutte e tutti portatori di esperienze importanti e grandi professionalità, grazie alle quali riusciamo a realizzare iniziative, seppur “ridotte” numericamente, sfruttando lo spazio della nostra sede per gli incontri. Dobbiamo dare fondo alle nostre energie per poter offrire qualche cosa di positivo. Questo è bello e siamo in grado di farlo. Ma come istituzione italiana reputo che non sia giusto lavorare in queste condizioni: la legge ci dà molte responsabilità, ma servono le risorse giuste per poter assolvere al meglio al nostro compito”.
Intervista di Marco Finelli