“La diplomazia oggi non ha grandi poteri, si limita a eseguire le indicazioni”: Elena Basile, stimata Ambasciatrice italiana, dopo una onoratissima carriera ha lo sguardo malinconico. Ordine al merito della Repubblica Italiana, ha rappresentato l’Italia in Svezia dal 2013 a 2017, ed in Belgio, dal 2017 al 2021. Ovunque ha sempre saputo farsi apprezzare non solo per le sue qualità diplomatiche, che aveva già dimostrato nei suoi precedenti incarichi in Madagascar, Canada, Ungheria e Portogallo, ma anche per le sue capacità di analisi. Lontani gli ideali d’un tempo in cui “i Funzionari erano fedeli allo Stato e non ai Governi di questo o quel colore”, a turbarla oggi è soprattutto la mancanza di un pensiero critico. “Il conformismo avvelena le democrazie occidentali”, dice. Da qui l’idea di palesare tutto il suo dissenso, uscire dagli schemi tradizionali con coraggio e determinazione e l’ausilio di una penna assai pungente, usata contro quella che definisce “narrativa unica funzionale al potere politico”. Una penna talmente irriverente da suscitare, inevitabilmente, accese critiche.
Ambasciatrice, il suo ultimo romanzo “Un insolito trio” rappresenta una critica sottile alla burocrazia ministeriale. Cosa non funziona oggi nella Diplomazia italiana?
“Il romanzo può essere considerato una critica ironica della burocrazia, punto. La Farnesina fa da sfondo alle storie in esso narrate, i meccanismi burocratici descritti tuttavia sono quelli di ogni ministero o struttura. La burocrazia estrapola i mezzi dal fine. Con un paradosso potremmo dire che Eichmann, l’artefice della soluzione finale, era un ottimo burocrate. Aveva efficacemente gestito la problematica dello sterminio degli ebrei senza porsi domande sulla moralità dell’obiettivo che il potere politico gli aveva indicato. Se vogliamo riferirci alla diplomazia odierna, direi che ho nostalgia dei Commis d’Etat, grandi funzionari che giurano sulla Costituzione, sono fedeli alla Stato e non ai governi di un colore oppure di un altro. La diplomazia non ha grandi poteri oggi. Si limita a eseguire le indicazioni del potere politico impersonando il burocrate che può divenire il protagonista dei crimini della Storia. Il libro narra anche un’amicizia rara tra personaggi puri e irresistibili, due uomini e una donna, che hanno il coraggio di opporsi alla banalità e alla volgarità del mondo contemporaneo”.
Nei mesi scorsi lei ha rivelato di essere l’autrice di alcuni articoli sul giornale « Il Fatto Quotidiano», firmati da Ipazia Basile, scatenando polemiche e ricevendo attacchi sui social. Si aspettava tanto clamore?
“Avevo già dato le dimissioni dalla carriera nel febbraio 2023. Attendevo che l’iter burocratico si completasse e potessi essere considerata in pensione. E’ avvenuto il primo giugno 2023. Da aprile a giugno ho scritto diversi articoli su “Il Fatto quotidiano” con lo pseudonimo di Ipazia, icona della libertà di pensiero e di espressione. Dopo il primo giugno ho firmato col mio nome e il giornale ha chiarito che Elena Basile era Ipazia. Ai vari giornalisti e politici che mi hanno attaccato successivamente per un articolo di critica al Ministro degli Esteri ucraino non ho quindi dichiarato nulla di nuovo rispetto a quanto era già pubblico. Non mi attendevo quelle reazioni surreali. Mi hanno diffamata accusandomi di collusione con i servizi segreti russi. Naturalmente gli stessi quotidiani che hanno preso questa ridicola e indecente iniziativa, cito, Riformista, Corriere, Verità e Foglio, non hanno pubblicato poi l’appello di solidarietà espresso alla sottoscritta da cinquanta grandi firme della diplomazia, della cultura e dell’arte. E questo è emblematico della professionalità dei giornalisti odierni. Nell’appello, pubblicato solo dal Manifesto e dal Fatto Quotidiano, si elogia, a prescindere dalle convinzioni personali, il contributo importante e onesto che ho dato al dibattito pubblico”.
Tra i suoi vari articoli, ne cito qualcuno: “22 domande sulla carneficina”, “Ucraina: macché resistenza”, “Gli ucraini mandati a morire” e “I diplomatici devono parlare”. A suo avviso, il conflitto in Ucraina, poteva davvero essere evitato?
“Certo che poteva essere evitato, come nel 2014 dichiararono Kissinger e Sergio Romano tra gli altri. Bisognava tenere conto degli interessi legittimi di sicurezza della Russia e rimanere fedeli alla Costituzione ucraina. La neutralità di Kiev avrebbe delineato un percorso di pace e benessere al popolo ucraino. Avrebbe inoltre stabilizzato i confini orientali dell’Europa. Era inoltre necessario applicare gli accordi di Minsk e non considerali un diversivo come Merkel e Holland hanno ammesso. Gli accordi avrebbero applicato un principio europeo: protezione delle minoranze linguistiche e regionali. Francia e Germania e l’Europa tutta sono responsabili di non avere fatto rispettare gli accordi. Questa guerra poteva del resto essere evitata se le proposte di mediazione lanciate da Putin nel dicembre del 2021, come lo stesso Stoltenberg ha confessato col suo solito candore al Parlamento europeo, fossero state accolte come base di un negoziato. La guerra poteva infine essere neutralizzata nel marzo del 2022 quando le delegazioni russa e ucraina erano arrivate a un’intesa, rinnegata per indicazione occidentale da Zelenski. Pensiamo alle vittime di questi giochi di potere, pensiamo ai 400.000 morti ucraini, come dichiara il colonnello Mcgregor, pensiamo alle madri ucraine e ai loro figli diciottenni. Povero popolo ucraino!”.
Marco Travaglio dice di lei: “Scrive quello che pensano molti diplomatici e militari. Se poi qualche malato di mente pensa che sono tutti al soldo di Putin non so cosa dire”.
“In un articolo su EASTWEST approfondisco il tema della mancanza di pensiero critico e del conformismo che avvelena le democrazie occidentali. Sono convinta come Travaglio che molti diplomatici sappiano ragionare di politica internazionale ma siano anche biologicamente inclini, come afferma l’Ambasciatore Bradanini, ad appiattirsi sulla narrativa funzionale al potere politico”.
Qual è il suo ricordo più bello legato alla carriera diplomatica?
“Le residenze di Stoccolma e Bruxelles, piene di italiani e svedesi, di Italiani e belgi, dove principi, politici e italiani, a volte poco abbienti, si confondevano nella folla e erano a proprio agio durante la promozione del made in Italy e della cultura italiana. Era bello vedere come l’Ambasciata sapeva essere un punto di aggregazione. Le autorità svedesi e belghe, assieme agli Ambasciatori europei mi hanno gratificato con il loro riconoscimento. Al Ministero invece non sembrava troppo importare se avessi lavorato o meno, se fossi o meno apprezzata dal Pese in cui esercitavo il mandato”.
E quello più brutto?
“Un Direttore Generale che ripeteva: qui si obbedisce e basta, ostinandosi a non leggere un rapporto che avevo scritto e di cui avrebbe dovuto essere al corrente”.
Quali consigli si sentirebbe di dare a un giovane intenzionato oggi ad intraprendere la carriera diplomatica?
“Gli consiglierei di ascoltare la propria coscienza, aspettandosi poco dalle gerarchie ministeriali ma tanto da una carriera favolosa che permette di conoscere Paesi differenti, di incontrare ovunque delle grandi personalità, delle persone magnifiche con cui stringere rapporti di amicizia e che possono aiutare a dare un contributo notevole alla protezione delle comunità all’estero, alla politica e all’immagine del nostro Paese”.
Chiuderei questa intervista con un buon consiglio di lettura. Qual è, a suo avviso, un libro assolutamente da non perdere?
“Stefan Zweig, “Il mondo di ieri” . Meraviglioso. E’ di grande attualità. Descrive l’isolamento di un intellettuale pacifista di fronte alla follia generalizzata che determinò lo scoppio della Prima Guerra mondiale. Amici colti gli voltarono le spalle e lo accusarono di tradimento e disfattismo. L’umanità raramente cambia. La banalità del male è evidente come sostiene la Arendt. Oggi chi si permettere di riflettere sulla politica internazionale viene linciato dai media, isolato, diffamato. E’ divertente notare come gli stessi giornalisti e storici che esaminano le cause delle guerre passate, con una certa competenza e conoscenza, siano ciechi di fronte al conflitto odierno in Europa orientale e ridiventino incolti, facendo ricorso per la guerra in Ucraina alla favola di Cappuccetto rosso, l’occidente, e il lupo cattivo, la Russia”.
Ambasciatrice Lei però non ricorda che l’Ucraina è un paese che fa parte delle Nazioni Unite, e che la Russia a cui è stato riconosciuto il seggio DELL’URSS Unione delle Repubbliche Sovietiche è invece una delle Repubbliche come la Russia e quindi titolare in parte del seggio nel Consiglio di Sicurezza ONU
Quindi la Russia detta le sue mediazioni all’Ucraina come ha farro con la Cecenia e la Georgia.
Sig. Giuseppe Bonanno in merito alla sua tesi, ritengo che non sia corretta. Per comprendere meglio questa situazione, è importante considerare alcuni punti chiave, in merito a successione dell’URSS e continuità legale:
Successione dell’URSS: Dopo il crollo dell’URSS nel 1991, la Russia è stata riconosciuta dalla Comunità internazionale rappresentata all’ONU come lo stato successore legale dell’URSS. Questo significa che la Russia ha assunto i diritti e le responsabilità dell’URSS, compreso il suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Continuità legale: La comunità internazionale, compresa la maggior parte dei membri dell’ONU, ha riconosciuto la Russia come successore dell’URSS nel sistema delle Nazioni Unite. Questo è stato confermato da una serie di accordi internazionali e risoluzioni delle Nazioni Unite. La Russia ha ereditato il seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’URSS, inclusi i diritti di veto.
In tutti i modi, qualsiasi modifica ai membri permanenti richiederebbe il consenso della maggioranza dei membri dell’ONU, inclusi i membri permanenti attuali. Quindi seppure ci sono alcuni paesi possono sostenere la tesi che la Russia dovrebbe essere considerata solo come una delle Repubbliche ex-sovietiche e che il seggio dell’URSS dovrebbe essere redistribuito tra di loro, questa prospettiva non ha guadagnato un consenso sufficiente nella comunità internazionale per portare a una modifica ufficiale del Consiglio di Sicurezza.
Delle 15 Repubbliche che fino agli ultimi mesi del 1991 componevano L’URSS il Kazkhstan fu l’ultima a dichiarare l’indipendenza il 16-12-1991, avendo preso atto che, dopo gli accordi di scioglimento illegittimamente intercorsi tra i soli Presidenti della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Russa, della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina è della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa (o meglio il colpo di mano dei presidenti di dette tre Repubbliche federate su 15, El’cin, Kravchuk e Shuskievich) nella famosa dacia di Novo Ogarijevo in Bielorussia l’ 08-12-1991 (poi replicati ad Alma Ata il 21-12-1991) non vi era più speranza alcuna di tenere insieme l’Unione Sovietica (nonostante il referendum popolare federale della primavera del 1991, con una percentuale di voti a favore mediamente del 75%). A quel punto, dopo che 14 Republiche federate su 15 avevano dichiarato la loro INDIPENDENZA dall’ URSS, il territorio della più grande e ultima repubblica, cioè la Repubblica Socialista Sovietica Federativa RUSSA (pari a circa i 3/4 dell’intero territorio sovietico con il 52% della popolazione) veniva di fatto e di diritto a coincidere con appunto ciò che restava della stessa Unione Sovietica. Perciò del tutto legittimamente la così rinominata Federazione Russa diveniva il legittimo stato direttamente successore e in qualche modo continuatore, anche alle Nazioni Unite, della disciolta Unione Sovietica (CCCP), ereditandone così seggio permanente e diritto di veto al Consiglio di Sicurezza, nonché debiti, crediti ed ambasciate in giro per il mondo. E nel 1994 anche dell’intero arsenale nucleare a seguito del Memorandum di Budapest (ispirato anche ai principi dell’Atto Finale di Helsinki).
Ho appena terminato di leggere “Un insolito trio”, un romanzo ricco di pathos e profondità.
Si snoda attraverso un’attenta analisi tra le pieghe recondite dell’animo umano con una scrittura, ad un tempo, lieve e precisa.
Grazie ambasciatrice!