Con oltre tre decenni di servizio nella diplomazia britannica, l’Ambasciatore Chris Trott rappresenta una figura di straordinaria esperienza, sensibilità e visione globale. Dal 2021 alla guida della missione diplomatica del Regno Unito presso la Santa Sede, ha saputo interpretare con equilibrio e profondità il delicato rapporto tra politica internazionale e valori spirituali, dopo anni di onorato servizio nel corpo diplomatico britannico, con missioni in Africa, Asia e Pacifico, e ruoli di rilievo nel Foreign Office nei settori dei diritti umani e della stabilizzazione post-conflitti.
Dialogare con Trott è come aprire le porte di un mondo fatto di dialoghi tra fedi, incontri storici e gesti che superano il protocollo: dai ricordi del primo incontro con il Santo Padre al conclave che ha visto l’elezione di Papa Leone XIV, dalla visita privata del Re e la Regina a Papa Francesco fino al Pellegrinaggio delle Sette Chiese, percorso simbolico e personale lungo le arterie spirituali di Roma.
Attraverso una narrazione che intreccia esperienze istituzionali e riflessioni intime, l’Ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede evidenzia il valore di una diplomazia attenta all’umano, capace di costruire ponti tra governi e comunità di fede. Un viaggio nella memoria e nell’impegno, all’interno del quale spiritualità, cultura e servizio pubblico si incontrano nel cuore della Città Eterna.
Eccellenza, come definirebbe oggi le relazioni diplomatiche fra Regno Unito e Santa Sede? “Di grandissima importanza, oggi come in passato. In prospettiva storica, penso alla visita di Benedetto XVI nel Regno Unito nel 2010. La Regina Elisabetta ha incontrato cinque Pontefici nell’arco della sua vita. Il Cardinale Pietro Parolin e l’Arcivescovo di Westminster hanno partecipato all’Incoronazione del Re. L’Erede al Trono, Principe del Galles, ha rappresentato Sua Maestà al funerale di Papa Francesco, mentre il Duca di Edinburgo, fratello del Re, ha incontrato Papa Leone XIV al termine della Messa di Inaugurazione. I tempi recenti stanno vedendo l’eccellente collaborazione tra governo britannico e Santa Sede sulla politica estera e i temi globali di reciproco interesse. I legami bilaterali sono ancora più importanti davanti alle sfide attuali che ci chiamano a promuovere la pace, difendere i diritti umani e sostenere i più vulnerabili”.

Torniamo a circa quattro anni fa. Qual è stata la sua emozione nel presentare le Lettere Credenziali a Papa Francesco? “Mi sono sentito davvero onorato nel consegnare le Lettere Credenziali nelle mani di Papa Francesco, una figura globale di altissimo livello e al tempo stesso così umana, accogliente e gentile anche con mia moglie ed i miei figli. Ho capito subito in quel primo incontro di come Papa Francesco avesse a cuore problemi complessi e globali, purtroppo attuali oggi come quattro anni fa, – dalla povertà alla risoluzione dei conflitti, alla libertà religiosa di credo, al cambiamento climatico – e di come sarebbe stato importante lavorare con il Papa e la Santa Sede per provare insieme a fare la differenza”.
C’è stato un evento che la lega in qualche modo a Papa Francesco che le va di raccontarmi? “Uno degli episodi più toccanti della mia carriera diplomatica è proprio legato a Papa Francesco. Quando ero Rappresentante Speciale del Regno Unito per Sudan e Sudan del Sud, e successivamente Ambasciatore britannico in Sudan del Sud, ho potuto seguire da vicino il processo di pace del paese. Papa Francesco ha convocato i leader sud sudanesi in Vaticano per un ritiro spirituale nell’aprile 2019 e, in un gesto di straordinaria umiltà, si è inginocchiato per baciare i loro piedi, implorandoli di lavorare per la pace. È stato un momento profondamente simbolico, perché Papa Francesco ha mostrato come la fede possa parlare al cuore dei leader, rafforzando la mia convinzione, già maturata sul campo, sull’importanza della collaborazione tra diplomazia e leadership spirituale”.
E un luogo che l’ha colpita particolarmente? “Non è un luogo in senso stretto, ma un percorso attraverso luoghi: il Pellegrinaggio delle Sette Chiese. Si tratta del cammino di San Filippo Neri che si snoda lungo la città di Roma per circa 25 chilometri e che ho completato per tre anni consecutivi. Le tappe del pellegrinaggio – dalle quattro Basiliche Papali Maggiori alle tre più importanti Basiliche Minori – Basilica di San Sebastiano, Basilica di S. Croce in Gerusalemme e Basilica di S. Lorenzo Fuori le Mura -, non soltanto mi hanno fatto conoscere un patrimonio artistico di bellezza eterna, ma mi hanno permesso anche di entrare in profonda connessione con il significato religioso e storico di quei luoghi”.

Il 9 aprile scorso il Re e la Regina sono stati in visita privata da Papa Francesco. Quali emozioni ha provato quel giorno? “Mi ha molto colpito il fatto che il Re e la Regina abbiano avuto la possibilità di fare una visita privata a Papa Francesco. Credo questo dimostri che il rapporto esistente tra loro non fosse meramente di forma, ma di profonda sostanza. A livello personale, il Re e Papa Francesco avevano la stessa visione su molti temi, soprattutto sulla necessità di contrastare il cambiamento climatico, la povertà, l’esclusione. Per l’Incoronazione del Re, il toccante dono di Papa Francesco di due frammenti di legno della Vera Croce, poi inseriti nel crocifisso noto come la Croce del Galles e usato all’Incoronazione, è stato un segno di grande rispetto verso il Re e un riconoscimento del suo impegno e dedizione al servizio del Paese”.
E quali emozioni le ha suscitato poi il Conclave che ha eletto Papa Leone XIV? “Il Conclave ha rappresentato un momento straordinario oltre che storico, da vivere come Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il pomeriggio dell’8 maggio ero appena arrivato in Piazza San Pietro quando ho visto la fumata bianca dalla Cappella Sistina annunciare l’elezione del nuovo Papa. Ho vissuto insieme ad una folla numerosa e festante l’attesa del primo affaccio del nuovo Papa dal balcone centrale; sembrava che il Colonnato del Bernini stesse veramente abbracciando tutta la gente radunata in Piazza San Pietro. E poi la storia ha preso nome: “Habemus Papam”; il primo saluto di Papa Leone XIV a Roma e al mondo; i Cardinali elettori, tra cui tre cardinali britannici, affacciati ai balconi adiacenti in segno di gioia ed unità della Chiesa”.
Le sue prime impressioni su Papa Leone XIV? “Estremamente positive. Papa Leone XIV è una figura che unisce profondità spirituale e apertura al dialogo. Ho molto apprezzato i suoi continui appelli alla pace e ai valori condivisi, parole che risuonano profondamente in questo momento storico di crisi globale, in cui la sofferenza delle genti colpite – per esempio nelle emergenze umanitarie – purtroppo sta aumentando ogni giorno che passa. Sono certo che il suo pontificato offrirà molte opportunità per rafforzare il dialogo tra governi e comunità di fede su questi temi pressanti la cui soluzione non è differibile e, come ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede, guardo con grande interesse alla possibilità di collaborare con Papa Leone XIV e la Santa Sede nei mesi ed anni davanti”.

In definitiva, anche oltre l’esperienza come Ambasciatore presso la Santa Sede, qual è il suo ricordo più bello da diplomatico? “Questa è una domanda di difficile risposta, perché ne ho tantissimi! Ricordo l’emozione provata il mio primo giorno da ambasciatore al primo mandato in Senegal nel 2007; oppure aver assistito in Birmania al rilascio di Aung San Suu Kyi, simbolo di coraggio ed impegno politico. A Giuba, ho partecipato a funzioni ecumeniche che hanno visto in preghiera capi di diverse religioni in un paese martoriato dalla guerra civile. Infine, porto sempre con me il ricordo di aver accompagnato Sua Maestà Il Re – allora Principe del Galles – alla cerimonia di sepoltura di Nelson Mandela nel suo villaggio natale in Sudafrica, rendendo omaggio ad un leader straordinario che ha incarnato coraggio e riconciliazione”.
E il meno piacevole? “Nel 2009, quando ho rappresentato il governo britannico al funerale del Presidente della Guinea Bissau, João Bernardo Vieira, presidente eletto democraticamente e assassinato per mano delle sue milizie. Lo stesso Presidente a cui avevo presentato le mie Lettere Credenziali due anni prima ed il cui assassinio ha causato il rischio concreto di portare una rinnovata guerra civile ad una popolazione già profondamente provata dalla sofferenza”.

Nel Regno Unito, la religione principale è il Cristianesimo, con diverse denominazioni come l’anglicanesimo, il cattolicesimo e il protestantesimo. Altre fedi come l’islam, l’induismo e il sikhismo sono in crescita e presenti in una società multiculturale come il suo paese. Quale e’ il ruolo dei leader religiosi nel tenere unite le comunità non solo a livello locale, ma anche nella società attuale? “I leader religiosi svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere la coesione sociale e il dialogo tra comunità di fedi diverse. Per esempio, a partire dall’Accordo del “Good Friday”, i leader religiosi nell’Irlanda del Nord hanno lavorato insieme per promuovere riconciliazione, costruire ponti, plasmare tolleranza e rispetto per le differenze. A livello locale, il nostro Ministero per la Fede e le Comunità lavora a stretto contatto con i rappresentanti religiosi per rafforzare l’integrazione e la resilienza delle comunità, valorizzando la fede come forza positiva. In una società pluralista come quella del Regno Unito, i leader religiosi, con il loro impegno quotidiano, aiutano a costruire comunità più inclusive, solidali e aperte al dialogo”.
Se dovesse descrivere il Regno Unito con tre aggettivi, quali userebbe? “Tollerante, gentile, freddo (in senso climatico!)”.

Chiuderei questa intervista chiedendole un consiglio su un buon libro da leggere. “Mi viene in mente “Dominion: The Making of the Western World” dello storico britannico Tom Holland. Il libro offre una prospettiva unica dell’influenza del Cristianesimo sul mondo, non soltanto dal punto di vista storico, ma soprattutto perché l’autore riesce a mettere in luce gli aspetti rivoluzionari della trasformazione che il Cristianesimo ha portato nella civiltà Occidentale, negli esseri umani che la abitano, nei credenti e non. Tom Holland ha realizzato un podcast di storia chiamato “The Rest is History”, se posso dare un consiglio anche su un buon ascolto digitale”.
Intervista di Marco Finelli