“Il Vaticano sarebbe il luogo ideale per un eventuale negoziato, ma oggi come si fa a negoziare con chi non ha nessuna intenzione di farlo?”: Andrii Yurash, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario dell’Ucraina presso la Santa Sede, sintetizza così il suo pensiero, mentre nella sede diplomatica, che si trova proprio a due passi da San Pietro, è facile scorgere nei volti dei funzionari un’aria molto triste, che riporta sempre alla guerra. Le foto del Santo Padre campeggiano ovunque, e l’Ambasciatore le mostra volentieri, sottolineando, “il Papa ha fatto tanto per il nostro Paese”.
Politologo, grande studioso della religione ed esperto delle relazioni tra Stato e Chiesa, alla sua prima esperienza da diplomatico, Yurash è Ambasciatore in Vaticano dalla fine del 2021.
Eccellenza, a due anni dall’invasione russa, ritiene che ci sia ancora spazio per la diplomazia come strumento per risolvere la guerra in atto? “Ritengo che la diplomazia giochi sempre un ruolo essenziale, e la situazione in cui siamo adesso non fa eccezione. Per quanto ci riguarda, noi diplomatici ucraini, ovunque, abbiamo sempre cercato di spiegare la situazione del nostro Paese, la realtà delle cose, consci dell’importanza delle relazioni internazionali. La stessa “formula di pace” pensata dal Presidente Zelensky è volta a risolvere la situazione in essere principalmente a livello diplomatico. Abbiamo già avuto diversi incontri, a diversi livelli, meeting internazionali, contatti anche telefonici. Ora pensiamo anche ad una grande Conferenza che coinvolga direttamente Capi di Stato e di Governo. Insomma, facciamo di tutto per trovare una soluzione, guidati dal nostro Presidente. Allo stesso tempo, tuttavia, registro purtroppo che la Russia la pensa molto diversamente da noi. La propaganda russa dice apertamente che non vuole negoziare, e che non c’è bisogno della diplomazia. Allora mi chiedo, com’è possibile raggiungere un accordo diplomatico con chi fin dall’inizio dice che non vuole negoziare nulla? Come esempio mi viene da pensare alla seconda guerra mondiale, e a Hitler. Anche al tempo si è provato a negoziare, ma sfortunatamente non è stato possibile raggiungere nessun accordo. Oggi, ne sono assolutamente convinto, Putin è paragonabile a un nuovo Hitler e, sfortunatamente, raggiungere un possibile accordo con lui è molto difficile o addirittura impossibile. Quindi, a mio avviso, con questo scenario, l’unica ipotesi per difendere il nostro Paese è convincere i russi, militarmente, ad andare via dall’Ucraina, per poi ricostruire i nostri confini come erano riconosciuti da Comunità e accordi internazionali. Ritengo che oggi questo sia fondamentale non solo per noi, ma piuttosto per ogni Paese, perché dobbiamo essere tutti più che certi del fatto che le leggi internazionali funzionano e che, se viene meno, l’ordine internazionalmente riconosciuto può essere ripristinato”.
A proposito di pace, incessanti in questi due anni sono stati gli appelli del Santo Padre. “Comprendiamo perfettamente la posizione del Santo Padre, indubbiamente oggi il più influente Leader religioso, creata essenzialmente da due approcci alla questione Ucraina: uno, più politico, in qualità di Capo di uno Stato, il Vaticano, l’altro, ovviamente, più spirituale. Fino a oggi abbiamo molto apprezzato il suo interesse e la sua vicinanza. In molti dei suoi discorsi ufficiali il Papa continua incessantemente a far riferimento alla situazione dell’Ucraina. Il nostro Presidente gli è molto grato per questo. Ogni discorso, ogni appello alla pace, ogni riferimento al nostro Paese fatto sia dal Vaticano, che personalmente dal Santo Padre, per noi è davvero molto importante. Ritengo che, a oggi, nessun altro Leader mondiale abbia espresso così tante volte la sua vicinanza al nostro popolo. Ogni domenica, a ogni Angelus, Papa Francesco ripete: “non dimenticate la martoriata Ucraina”. Ed è anche per questo che, fortunatamente e sfortunatamente allo stesso tempo, tutti oggi parlano dell’Ucraina. Abbiamo assistito a gesti del Santo Padre molto belli, in un momento in cui per noi anche una semplice preghiera è molto importante. Registro infine che, nella storia recente, il Papa non nomina più la Russia, come faceva tempo fa. Piuttosto insiste sul fatto che “l’Ucraina sta soffrendo, sta lottando”. Vede, quando si riferisce al conflitto in Medio Oriente, il Santo Padre nomina sempre le due parti in causa, Israele e Palestina. Nel nostro caso, no. Per questo motivo credo che sia evidente la sua distinzione”.
C’è un aneddoto in particolare che la lega a Papa Francesco che le va di raccontarmi? “Ogni volta che il Santo Padre incontra me o qualsiasi altro ucraino, pronuncia sempre una frase nella nostra lingua, come “Слава Богу” (Slava bogu) “Gloria a Dio”, o nel periodo di Pasqua “Cristo è Risorto” in ucraino “Христос Воскрес” (Hristos voskres). Ecco, ai nostri connazionali fa sempre molto piacere sentire qualche frase pronunciata nella loro lingua madre. In molti sanno che il Santo Padre da ragazzo faceva parte di una Associazione che aiutava gli ucraini presso la chiesa greco-cattolica. La vicinanza di Jorge Mario Bergoglio all’Ucraina ha radici lontane. Sin da quando era bambino, a Buenos Aires, serviva la Messa a un prete ucraino, padre Stefano, che per tre anni è stato ausiliare di Santa Maria Patrona degli Ucraini nella capitale argentina. Insieme a padre Stefano, il futuro Papa ha anche imparato a servire la Messa in ucraino. Da quel momento la sua simpatia verso il nostro Paese è cresciuta. Aneddoti? Mio figlio maggiore è il più giovane parlamentare ucraino, ma nonostante sia membro della Verkhovna Radal, oggi si trova in guerra, impegnato al fronte. Come immaginerà, anche con una preoccupazione così grande, davanti al Santo Padre cerco sempre di restare molto attento, dimenticando per un attimo la mia vita privata. Ecco, è facile non pensare alla propria vita privata quando si incontra il Santo Padre. Ebbene, Papa Francesco in ogni incontro, talvolta a inizio conversazione, talvolta alla fine, mi ha sempre detto che prega per mio figlio, un fatto questo che mi ha davvero molto colpito. Ricordo poi che, quando discutevano della possibilità di una sua visita in Ucraina, dopo quella dell’Arcivescovo Gallagher, un giorno, mentre ero impegnato in un’intervista nel mio ufficio, la nostra funzionaria Irina mi venne ad avvisare che qualcuno stava provando a contattarmi telefonicamente dalla Segretaria di Stato del Vaticano; essendo molto occupato, le chiesi di rispondere che avrei richiamato più tardi. Dopo 15-20 minuti arrivò una nuova chiamata e solo allora capii che era il Santo Padre in persona a voler parlare al telefono con me, e questo ovviamente mi stupì molto. Non lo avrei mai immaginato, altrimenti, come capirà, avrei fermato subito l’intervista. Un altro fatto che mi ha colpito molto, infine, è che Papa Francesco ha visto ben due volte il film candidato al premio Oscar “Freedom on fire”, che parla della guerra in Ucraina, la cui proiezione è stata organizzata in due occasioni al Vaticano in un’aula speciale”.
Come definirebbe oggi le relazioni fra Ucraina e Santa Sede? “In questo momento molto intense. Certamente l’attenzione della Santa Sede sulla guerra in atto è molto alta, e noi siamo molto grati per la comprensione e la vicinanza. Ammetto che, per quanto ci riguarda, il Vaticano sarebbe il luogo ideale per un eventuale negoziato. Lo abbiamo anche fatto presente al Cardinale e Segretario di Stato Pietro Parolin quando è venuto in Ucraina, in occasione delle cerimonie per l’anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina nel 2021. Lui stesso, nell’occasione, ci ha offerto piena disponibilità. Tuttavia, come detto, per poter negoziare, bisogna avere anche una risposta positiva dalla parte russa… e la Russia oggi non vuole negoziare. L’unico accordo possibile per Putin è quello di accettare le sue condizioni, ma più che un accordo, direi che ci troviamo davanti a un ultimatum di un dittatore. Tornando alla domanda, posso dirle che dai primi giorni di guerra fino ad oggi abbiamo anche ricevuto un grande supporto umanitario dal Vaticano. Il Santo Padre, attraverso il Cardinale Konrad Krajewski, suo rappresentante per quanto concerne l’emergenza Ucraina, ci ha aiutato in ogni modo. Così come attraverso il Cardinale Matteo Maria Zuppi si è preso cura dei bambini e dei prigionieri ucraini. I due Cardinali hanno fatto davvero il possibile nelle loro missioni per starci vicino. L’Ucraina ha poi cerato un gruppo parlamentare di amicizia appositamente per il Vaticano. Finora solo altri due Paesi ne avevano costituito uno: Gran Bretagna e Francia. Al contempo, l’anno scorso, l’organizzazione che rappresenta tutte le Chiese ucraine e le organizzazioni religiose del nostro Paese, per la prima volta dopo vent’anni, è riuscita a ottenere un incontro in Vaticano, un’iniziativa questa che per noi rappresenta indubbiamente un grande successo. Oltre le relazioni ufficiali, il Santo Padre intrattiene rapporti con persone ucraine anche a livello privato e questo, a mio avviso, lo aiuta molto a capire la reale situazione del nostro Paese. Allo stesso tempo ha parlato più volte, di persona in Vaticano, e telefonicamente, con il Presidente Zelensky, così come con il Cardinale Parolin, che assieme al Nunzio Apostolico in Kiev è stato impegnato nelle discussioni dell’“Ukraine Peace Formula”, summit che ha avuto luogo a Malta. Per l’occasione il Cardinale Parolin ha inviato un suo videomessaggio”.
A due anni dall’inizio dell’invasione, in molti si chiedono oggi quando finirà tutto questo. Lei cosa si aspetta per il futuro? “Tutto potrebbe finire velocemente, a mio avviso, solo in un caso: aiutando l’Ucraina a far capire a tutti che è necessario convincere Putin che deve fermare la guerra, ritirando le truppe russe dai territori occupati. Per fare questo, l’unica possibilità è quella di dare all’Ucraina supporto con attrezzatura militare. Un Paese forte militarmente diventa più forte anche dal punto di visto diplomatico. Purtroppo oggi la Russia comprende solo questa modalità. L’Ucraina ha già distrutto un terzo della flotta russa nel Mar Nero, una situazione unica nella storia mondiale, considerando che la nostra flotta era stata “presa” e distrutta in pochi giorni. Poi, bisogna portare i cittadini russi a capire che oggi pagano un prezzo altissimo supportando Putin. Anche se oggi lo intuiscono, dal punto di vista pratico non fanno nulla per cambiare la situazione. Per questo a mio avviso è necessario isolare l’economia russa. Con le sanzioni si potrebbe arrivare in 2-3 anni a indebolire la loro economia in modo concreto… anche se questo tempo è comunque troppo lungo. Infine tutti i Leader mondiali dovrebbero a mio avviso interrompere ogni relazione con la Russia, ogni comunicazione. Se si verifica tutto questo, i russi arriveranno senz’altro a comprendere che il prezzo che pagano per questa guerra è altissimo, ed è causa di un regime totalitario che devono fermare per trasformare la Russia in un Paese finalmente democratico”.
A tal proposito come commenta il risultato delle recenti elezioni? “Questa finte elezioni serviranno solo a garantire quello che io definisco un nuovo “insediamento”. Putin oggi si sente il successore in pectore di Stalin, rimasto al potere fino alla sua morte, dopo essere stato leader incontrastato dell’Unione Sovietica con un regime durato trent’anni. Non è un caso poi che Putin, nei suoi discorsi, faccia sempre riferimento all’eredità dell’Impero Russo. Sfortunatamente per la maggioranza del popolo russo oggi lui si sente proprio come uno Zar. Vede, la principale differenza fra Ucraina e Russia è proprio questa: noi abbiamo sempre cercato di essere liberi, loro no”.
Intervista di Marco Finelli