Con una carriera diplomatica scandita da incarichi strategici nei principali snodi della politica internazionale, l’Ambasciatore Alessandro Cattaneo rappresenta oggi l’Italia in Canada con uno sguardo attento, consapevole e profondamente umano. Dalla Direzione Generale per l’Emigrazione alla Rappresentanza presso la NATO, da Washington al Quirinale fino a Palazzo Chigi, ha vissuto la diplomazia come un servizio alle Istituzioni, un’esperienza fatta di incontri, relazioni e riflessioni. A Ottawa, dove ha assunto l’incarico nel dicembre 2024, ha trovato una città accogliente e vivibile, una “vetrina di eccellenze” che rispecchia il dinamismo delle relazioni italo-canadesi. Relazioni che, il nostro Ambasciatore, definisce ricche, profonde e strategiche, anche grazie al radicamento di una Comunità italiana vibrante e fedele alle proprie origini. Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica, Cattaneo è consapevole del valore della memoria e della cultura, dei grandi maestri incontrati lungo il percorso, ma anche delle nuove sfide poste dai mercati e dai contesti globali. Rappresentare l’Italia, per lui, è un privilegio e una responsabilità da onorare con passione, lucidità e visione.
Ambasciatore, inizierei questa intervista parlando delle relazioni diplomatiche fra Italia e Canada. Dovendo scegliere tre aggettivi per definirle, quali utilizzerebbe? “Direi che le relazioni tra Italia e Canada sono ricche, profonde e strategiche. Ricche perché abbracciano una pluralità di ambiti ed investono i rapporti economici, commerciali, industriali, scientifici e culturali tra i nostri Paesi. Profonde perché di lunga data ed innestate sulla presenza in Canada di una comunità italiana vasta, importante e ben radicata. Infine, strategiche perché i due Governi hanno manifestato la chiara intenzione (da ultimo, con l‘incontro tra il Presidente Meloni e il Primo Ministro Carney a margine del vertice G7 di Kananaskis) di portare le relazioni bilaterali ad un livello più alto e rendere le nostre Nazioni due partner prioritari, anche nell’ambito di iniziative promosse in quadri multilaterali quali G7, NATO e Nazioni Unite”.
È possibile a suo avviso tracciare un profilo che ben rappresentati gli italiani che vivono in Canada? “Ancor prima di iniziare il mio mandato, ho potuto leggere come il Canada sia stato storicamente uno dei luoghi dove la comunità italiana si è meglio sviluppata, dando un contributo straordinario al Paese che la ha accolta. Avendo poi avuto la fortuna di conoscere direttamente la realtà degli italiani sul territorio, ho potuto scoprire, in primo luogo, quanto tale comunità abbia mantenuto nel tempo un forte legame con il proprio Paese e la propria cultura di origine. In secondo luogo, ho potuto constatare come la presenza della comunità italiana, con la sua vitalità e versatilità, abbia arricchito tutti i principali ambiti della società canadese – dalla politica, all’economia, fino alla cultura e la scienza – accompagnando lo sviluppo del Canada nel corso delle diverse ondate migratorie da metà ‘800 in poi. Il profilo dei canadesi di origine italiana è quello di una comunità che ha mantenuto un rapporto vivo e saldo con l’Italia, sia dal punto di vista linguistico che da quello sociale e culturale”.
In generale, a suo avviso, com’è percepito il nostro Paese dai canadesi? “L’Italia è percepita in maniera estremamente positiva, come dimostra anche il dato di circa un milione di visitatori locali che scelgono ogni anno il nostro Paese come destinazione. Tuttavia non ci accontentiamo di questi dati: la predisposizione dei canadesi verso l’Italia deve tradursi in ulteriori iniziative concrete e in un salto di qualità strutturale nelle nostre relazioni bilaterali”.
Ad Ottawa da circa sei mesi. Quali sono state le sue prime impressioni sulla città? “Ottawa è una città bella, verde, accogliente e vivibile. Un’attività caratteristica nella quale mi sono cimentato anche io lo scorso inverno è il pattinaggio sul Rideau Canal, che con i suoi quasi 9 chilometri di lunghezza detiene il primato del canale pattinabile più lungo al mondo durante i mesi invernali. Una cosa che mi ha colpito è il profondo senso di comunità e identità che si respira in Canada e, in particolare, in questa capitale federale, che se da un lato è una città a “misura d’uomo”, dall’altro offre numerose opportunità di incontro ed un accesso privilegiato alla società canadese, ponendosi come vera e propria “vetrina di eccellenze” locali, grazie alla presenza di importanti istituzioni come la National Gallery of Canada – che è uno dei principali musei del Nord America – e di due prestigiose Università. La natura bilingue di Ottawa la rende una vera e propria “città di cerniera” – tra l’Ontario e il Québec – che contribuisce a forgiare l’identità canadese”.
Analizzando i dati più recenti risulta che dal Canada oggi importiamo soprattutto articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, esportando prevalentemente prodotti alimentari, bevande, macchinari e apparecchi. Quali consigli, in generale, si sentirebbe di dare a un imprenditore che guarda con interesse al mercato canadese? “Ritengo che il mercato canadese possa essere di grande interesse per le nostre aziende. Il primo consiglio che do è di approfondire le opportunità offerte dal CETA, che da otto anni costituisce il contesto giuridico di riferimento per il commercio tra Canada ed Europa. Il mio secondo consiglio è di puntare sulla qualità e sull’eccellenza – oltre che sul rapporto qualità/prezzo – che sono tradizionalmente i punti di forza del nostro export. Il mio terzo suggerimento è di prestare attenzione alle diversità e specificità geografiche, umane ed economiche di questo Paese, per valutare al meglio le strategie da mettere in campo. Le aziende italiane possono rivolgersi e contare sul sostegno dell’Ambasciata e del Sistema Italia in Canada, che accompagnerà il loro ingresso nel mercato canadese. Importante è in questo senso la priorità attibuita al Canada dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, e ribadita anche nel recente Business Forum da lui presieduto a Quebec City nel marzo scorso”.
Parliamo un po’ di lei. Cosa significa rappresentare l’Italia da Ambasciatore? “Rappresentare l’Italia è un grandissimo onore, un privilegio ed una responsabilità, ulteriormente accresciuta da due elementi. Da un lato, l’importanza del Canada sulla scena internazionale: Paese membro G7, il suo ruolo è oggi ancora più centrale alla luce delle attuali contingenze internazionali e di ciò è consapevole il nuovo Governo canadese. Dall’altro, come ho avuto modo di accennare, l’Italia e il Canada condividono una storia di relazioni ricche, solide e radicate nel tempo”.
Cosa le manca maggiormente dell’Italia? “Tra ciò che più manca all’estero dell’Italia citerei sicuramente il meraviglioso clima del nostro Paese, anche se l’inverno canadese ha un grande fascino e il Canada ha specificità naturali e geografiche senza pari. E naturalmente non posso non citare il cibo italiano, anche se la presenza di prodotti alimentari e vinicoli italiani in Canada è molto cresciuta negli ultimi anni”.
C’è un aneddoto vissuto da Ambasciatore d’Italia nel mondo che le va di raccontarmi? “Più che un singolo aneddoto, spesso mi capita di incontrare in Canada nostri connazionali che sono portatori di storie familiari umanamente intense e che hanno mantenuto un legame profondo con la propria realtà d’origine – realtà che ricordano con tenerezza – e ne resto colpito. Tali incontri sono molto toccanti ed umanamente significativi”.
E una scelta che non rifarebbe? “Direi nessuna, perché ritengo che nei nostri percorsi personali e professionali ogni esperienza, anche la più complessa, ed ogni momento di difficoltà contribuiscano ad arricchirci”.
Fra i tanti diplomatici conosciuti ne ricorda qualcuno in particolare? E per quale motivo? “Nel corso della mia carriera da diplomatico ho sempre dato grande valore ai rapporti personali ed umani, che considero fondamentali per maturare professionalmente e per arricchire le nostre vite in giro per il mondo. Sono particolarmente affezionato ai grandi maestri, di straordinario valore, con i quali ho avuto la fortuna di lavorare e dai quali spero di avere imparato. Due tra questi hanno un legame molto forte con il Canada: l’Ambasciatore e Senatore Giulio Terzi di Sant’Agata e l’Ambasciatore Sandro De Bernardin, recentemente mancato”.
Se le chiedessi di consigliarmi un buon libro da leggere? “Suggerirei “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj, per riflettere sulle complessità del periodo storico che stiamo vivendo. Oppure, per chi volesse leggere un bel libro introduttivo sul Canada, consiglierei “La Versione di Barney” di Mordecai Richler. Ma anche “Private power, public purpose”, lo straordinario memoir di Thomas D’Aquino, già Presidente del Business Council of Canada e figura di grande prestigio della comunità italo-canadese”.
In definitiva, qual è il suo ricordo più bello legato alla carriera diplomatica? “I ricordi che ho sono tutti molto belli, perché i nostri percorsi lavorativi ci portano a vivere esperienze sempre ricche e variegate. Penso ad esempio agli incontri con Premi Nobel quali Rita Levi Montalcini, Arthur MacDonald o Donna Strickland; statisti come Shimon Peres o re Abdallah di Giordania; artisti come Franco Zeffirelli; intellettuali come Denis Mack Smith o David Grossman”.
A proposito di bei ricordi, uno provo a citarlo io: l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica ricevuta dal Presidente Napolitano dopo che lei aveva partecipato all’organizzazione nel 2011 delle celebrazioni al Quirinale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. “Uno dei grandi privilegi della carriera diplomatica è avere l’occasione di servire le nostre Istituzioni. I tre anni che ho avuto il piacere di trascorrere al Quirinale sono stati per me fonte di grandissima ispirazione: il Presidente Napolitano è stato una personalità di straordinaria profondità intellettuale e culturale, con un fortissimo senso dello Stato e la cui traiettoria politica ed umana ha attraversato una lunga parte della storia della nostra Repubblica. Le conversazioni con lui erano sempre fonte di preziose riflessioni sul nostro Paese, sulla sua storia e sulle relazioni internazionali, ambito del quale era un raffinato conoscitore e cultore”.
Dopo aver prestato servizio alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso la NATO a Bruxelles, lei è stato Capo dell’Ufficio NATO e Affari Strategici, Direzione Affari Politici e Sicurezza del Ministero degli Esteri. Che esperienze sono state? “Per una parte significativa della mia carriera mi sono misurato con i temi di difesa e sicurezza, in particolare a Tel Aviv, a Washington e alla NATO – ho seguito le tematiche atlantiche per otto anni a Bruxelles e per due anni alla Farnesina –. Tali esperienze mi hanno permesso di maturare una sensibilità personale su queste materie, che sono un pilastro importante della diplomazia internazionale, oltre che una chiave di volta per comprendere il mondo in cui viviamo. Sono state esperienze molto formative, anche perché mi hanno consentito di sviluppare un rapporto stretto con il mondo militare, per il quale ho profonda stima ed ammirazione, anche per il suo forte senso dello Stato ed attaccamento alle istituzioni. Dai militari ho sempre ricevuto esempi luminosi che mi hanno arricchito professionalmente ed umanamente”.
E l’esperienza, più recente, a Palazzo Chigi? “Come accennato, l’esperienza con i vertici istituzionali rappresenta sicuramente uno degli aspetti più interessanti del lavoro del diplomatico. Ciò vale certamente per Palazzo Chigi, che è la sede del Governo. È stato per me un grande onore servire come Consigliere Diplomatico Aggiunto del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una esperienza di straordinaria intensità ed interesse professionale, per la quale sono molto grato”.
Quale deve essere, a suo avviso, il giusto rapporto fra politica e diplomazia? “È la prerogativa della politica e spetta al Governo, democraticamente eletto, fissare gli obiettivi da raggiungere. La diplomazia, da parte sua, è quella componente della macchina dello Stato che deve essere in grado di presentare alla politica opzioni ed alternative, accompagnate da un’analisi dettagliata delle implicazioni e delle conseguenze di ciascuna di esse. La diplomazia professionale deve inoltre attuare gli obiettivi stabiliti dalla politica. Per tale ragione, è fondamentale che tra politica e diplomazia vi sia un rapporto di lealtà e di fiducia reciproca in nome di un elemento unificante, che è l’interesse nazionale”.
Prossime iniziative in programma dell’Ambasciata? “Ve ne sono molte e la Roadmap per una cooperazione rafforzata tra Italia e Canada approvata dai due governi nel 2024 indica i settori di reciproco interesse nei quali lavorare. Fra le iniziative imminenti, cito un evento del 26 giugno su Nutrizione e Dieta Mediterranea, la visita di Nave Alpino nei porti canadesi, prevista nel prossimo autunno, ed altre attività organizzate al latere degli appuntamenti G7. Stiamo inoltre lavorando ad eventi celebrativi per onorare due figure italiane molto diverse tra loro, ma la cui storia è fortemente legata al Canada: Guglielmo Marconi e Sergio Marchionne. Contiamo di avere presto maggiori dettagli da condividere su queste ultime iniziative”.
Intervista di Marco Finelli