Diplomatico di lungo corso, personalità colta e raffinata, Akira Chiba è Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Giappone in Vaticano da circa un anno. Laureato alla Facoltà di Legge all’Università di Tokyo, ha perfezionato i suoi studi a Pechino e Berkeley, entrando in servizio al Ministero degli Affari Esteri nipponico nel 1984. Prima dell’arrivo in Vaticano, è stato, fra l’altro, Console Generale del Giappone a Los Angeles, e ha prestato servizio alle Organizzazioni Internazionali a Ginevra, in Iran e in Cina, dove, durante i disordini di piazza Tiananmen, si mise in luce per il suo coraggio, portando in salvo comitive di connazionali, mentre l’esercito sparava sulla folla.
Eccellenza, inizierei questa intervista analizzando le relazioni diplomatiche fra Giappone e Santa Sede. “Per quanto riguarda le relazioni Giappone-Vaticano, nel recente passato hanno avuto luogo scambi ad alto livello, con il Papa in visita in Giappone e in particolare a Hiroshima e Nagasaki nel 2019, e il Primo Ministro Kishida in visita in Vaticano nel 2022. Quest’anno, l’Arcivescovo di Tokyo Kikuchi è stato eletto presidente di Caritas Internationalis. L’anno scorso, invece, si è celebrato l’80° anniversario delle relazioni diplomatiche, anche se i rapporti tra il Giappone e la Chiesa cattolica risalgono a ben 450 anni fa. Ci sono 530.000 cattolici in Giappone, e il motivo per cui i rapporti tra i due Paesi sono forti è perché i giapponesi valorizzano la storia, come il martirio dei fedeli cattolici nel XVII secolo e la scoperta dei cristiani nascosti 250 anni dopo. Inoltre, anche il Vaticano parteciperà all’Esposizione Mondiale di Osaka 2025. La mostra organizzata dalla Santa Sede, molto rispettata dai miei connazionali, attirerà sicuramente molti visitatori”.
La sua missione presso la Santa Sede ha avuto inizio a gennaio di quest’anno. Può raccontarmi quale emozione le ha suscitato l’incontro con il Santo Padre? “Ho avuto un’udienza di venti minuti con il Pontefice durante la presentazione delle mie lettere credenziali. Papa Francesco mi ha ascoltato attentamente, con il sorriso sulle labbra, e mi ha trasmesso un messaggio di amore, di fraternità e di pace. Pare che il giorno prima avesse avuto un programma fitto di impegni. Vedendolo stanco, ho temuto che quello che avevo detto gli fosse risultato noioso, ma ha risposto seriamente ai miei racconti sui cristiani nascosti e sulla Cina, dove ho trascorso otto anni, e abbiamo avuto una bella conversazione. Gli ho regalato un carillon realizzato a Fukushima, frutto di un’arte artigiana promossa da un signore feudale cristiano dei tempi passati. Questo carillon riproduce un inno sacro ed è decorato con un fiore di peonia, che si dice sia stato usato dai cristiani nascosti come simbolo di Cristo”.
A proposito di religione, è senz’altro importante sottolineare come la Costituzione giapponese sancisca la libertà religiosa del Paese. “La Costituzione dell’Impero del 1889, istituita quando il Giappone divenne una nazione moderna, garantiva la libertà di religione senza alcuna riserva. Tuttavia, i principi guida erano incentrati sull’Imperatore, che era capo dello Stato, e profondamente legati allo Shintoismo. L’attuale Costituzione giapponese del 1946 invece, oltre a garantire la libertà di religione, non consente ad alcun gruppo religioso di ricevere privilegi dallo Stato o esercitare potere politico. Nessuno può essere obbligato a partecipare ad atti, celebrazioni, cerimonie o eventi religiosi. Inoltre, l’Imperatore non ha più potere politico”.
Al termine del primo anno di mandato, come giudica questa sua nuova esperienza da Ambasciatore presso la Santa Sede? “Ho esperienza sia nella diplomazia bilaterale che nelle organizzazioni internazionali, ma la Santa Sede è diversa da entrambe. Alcune aziende giapponesi collaborano con il Vaticano, ma non vi sono investimenti o scambi commerciali rilevanti. Inoltre, all’Ambasciata nella pratica non è richiesto di svolgere il servizio di protezione per i cittadini giapponesi.
Nonostante ciò, l’Ambasciatore in Vaticano è molto impegnato. La Santa Sede riceve informazioni provenienti dai cattolici di tutto il mondo e partecipare agli eventi
vaticani è un’importante opportunità per entrare in contatto con esse. Inoltre, i messaggi provenienti dal Giappone non si fermano alla sola Città del Vaticano, ma arrivano ai cattolici di tutto il mondo. Ciò che vorremmo promuovere in futuro è la cooperazione con le agenzie umanitarie cattoliche che operano nel Global South e che non abbandonano mai il campo”.
C’è un aneddoto in particolare che le va di raccontarmi? “Quando ho letto il libro “God’s Diplomats” (Diplomatici di Dio), che descrive i compiti dei Nunzi Apostolici, ho notato qualcosa di interessante. Sembra che ai Nunzi non sia richiesto di svolgere alcuni compiti importanti che hanno gli Ambasciatori. Tra questi, la promozione del Paese d’origine nel Paese ospitante. Io vorrei aiutare proprio in questo, promuovendo il Vaticano in Giappone”.
In generale, qual è il suo ricordo più bello legato alla carriera diplomatica? “Ho innumerevoli ricordi felici e ho dimenticato la maggior parte di quelli dolorosi.
Essendo coinvolto nella politica internazionale, l’incidente più memorabile è stato quello di Tiananmen del 1989. Il Partito Comunista Cinese optò per l’intervento militare. La mattina presto del 4 giugno, mi sono svegliato al suono degli spari e ho visto un’auto blindata che puntava mitragliatrici contro i passanti sotto il mio condominio. Sono andato subito all’Ambasciata in bicicletta, senza togliermi il pigiama. Lì si erano riuniti diversi colleghi che stavano già pianificando il rimpatrio dei cittadini giapponesi. Avevo intenzione di fidanzarmi, ma ero ancora single, quindi ho assunto il ruolo di scout, cercando le strade con meno carri armati per l’evacuazione. Da allora, il Giappone non ha risparmiato sforzi per sostenere la Cina nella speranza che tornasse a essere un membro responsabile della comunità internazionale. Sebbene la Cina si sia sviluppata economicamente come speravamo, è diventata un Paese molto lontano dalle nostre aspirazioni. Ho trascorso la mia infanzia in Unione Sovietica, ho sperimentato il comunismo da bambino e poi ho studiato in Cina, dove le opere di Mao Zedong venivano utilizzate come materiale didattico per la lingua cinese. La Cina oggi sta seguendo il percorso scritto in quei testi”.
Prossime iniziative in programma dell’Ambasciata? “Anche nel 2024 continueremo a organizzare vari eventi culturali. Per il momento è in programma una dimostrazione di cerimonia del tè a gennaio e si sta valutando l’organizzazione di alcuni eventi per far conoscere la carta giapponese washi. Inoltre, pensando anche all’Expo del 2025, continueremo a supportare la ricerca del paravento perduto del Castello di Azuchi, che rappresenta l’unica prova grafica che raffigura la struttura, e che ha un significato importante nella storia della nostra cultura. Da notare, inoltre, che il primo seminario del Giappone fu costruito proprio accanto al Castello. Questo paravento fu donato a Papa Gregorio XIII dalla Missione Tenshō, la prima missione giapponese in Europa, e fu registrato come proprietà della Santa Sede fino al 1592, ma da allora se ne sono perse le tracce. Chiunque possa aiutare nella ricerca è il benvenuto”.