Cronista di spicco con uno stile unico e inconfondibile: Remo Croci, in 40 anni di onorata carriera nel giornalismo è stato, fra l’altro, caposervizio di News Mediaset, inviato del programma “Quarto grado” su Rete 4 e inviato del Tg5, su richiesta dell’allora direttore Enrico Mentana. Tanti gli avvenimenti di cronaca seguiti, dagli sbarchi degli immigrati alla guerra in Kosovo, dai terremoti nelle Marche e in Umbria a quello de L’Aquila. Ultimo giornalista italiano a intervistare l’attentatore del Papa, Ali Agca, ha seguito negli anni i processi più importanti legati alla cronaca giudiziaria. Autore di numerosi libri, oggi, nella sua San Benedetto del Tronto si dedica con successo e a tempo pieno al suo nuovo mestiere, quello di artista, nato dal “bisogno di avere nuove sfide”.
Giornalista, scrittore, pittore: qual è la professione a cui si sente più legato oggi Remo Croci e perché? “Oggi mi sento più vicino alla pittura perché mi ha dato la consapevolezza che la passione può diventare un elemento principale della propria vita. Fino ad un anno fa la pittura era lontano dalla mia quotidianità. Mi ha dato serenità e quel pizzico di follia che mi fanno sentire un uomo felice. Dopo 40 anni di giornalismo avevo bisogno di nuove sfide e, così, l’arte è diventata via via anche la mia fonte di reddito”.
Nell’arco della sua importante carriera, a fine anni ’90, è stato inviato di guerra in Kosovo. Cosa ricorda oggi di quella esperienza? “I ricordi di quella guerra in parte li ho rimossi, altri restano invece dentro di me. Non posso dimenticare i volti di quei ragazzi che, per difendere la propria terra, presero le armi pagando un prezzo altissimo con le loro vite. Oggi, guardando a quei giorni, sono convinto che quel conflitto andava e doveva essere evitato. Ogni guerra che si combatte è una sconfitta della società civile”.
C’è un aneddoto che, in qualche modo, la lega al mondo diplomatico?” “In particolare non ho da raccontare aneddoti, ricordo però che nella guerra nell’ex Jugoslavia ebbi modo di conoscere dei funzionari dell’Ambasciata italiana che erano lì per dare collaborazione, e che furono molto importanti per risolvere questioni delicate fra il contingente italiano e la popolazione di quel Paese. Incontrai a distanza di anni, proprio durante quel conflitto, un mio collega, Andrea Angeli, che prestava la sua collaborazione con il Corpo Diplomatico Italiano e fu una vera sorpresa vederlo impegnato su quel fronte”.
A proposito di aneddoti e di diplomazia, i suoi quadri sono esposti in questi giorni al Consolato della Repubblica di Moldova ad Ascoli Piceno nell’ambito di un’iniziativa voluta dal Console Roberto Galanti… “Sì, e sono molto grato al Console Galanti per avermi offerto questa possibilità di esporre le mie tele. Un gesto che ho molto apprezzato”.
Fra i suoi scoop, molti ricordano l’intervista ad Ali Agca. Che esperienza è stata? “Un’esperienza importante. Fui l’ultimo giornalista italiano ad intervistarlo in carcere. Agca mi impressionò perché aveva una cultura infinita e conosceva la mia vita professionale meglio di chiunque altro. Il suo sguardo e la gestualità del suo corpo mi sono rimasti dentro”.
Un’ultima domanda legata all’attualità: a fronte di quanto sta accadendo da più di un anno in Ucraina, a suo avviso, c’è ancora spazio per la diplomazia per far cessare il conflitto con la Russia? “Deve esserci necessariamente perché questa guerra è il frutto di un rapporto marcio che andava sanato già all’inizio e non doveva sfociare nel conflitto. Sono certo che presto la diplomazia saprà far cessare le armi e ripristinare la pace fra i due popoli”.
Complimenti!
Leggo con piacere e condivido pienamente che “fare arte” sia un elemento che riempie la vita e arricchisce la mente e lo spirito