“A mio avviso servirà un ulteriore sforzo per le imprese”: l’imprenditore Andrea Di Maso, Ceo di Atlanis, Vice Presidente vicario dell’Ascoli Calcio nonché Vice Presidente di Airl, non nasconde le sue perplessità sulla manovra finanziaria al vaglio del Parlamento, pur riconoscendo gli sforzi dell’esecutivo. Resta tuttavia sullo sfondo un allarme: “gli imprenditori, oggi, sono lasciati sempre più soli”.
Di Maso, il Governo Meloni sta vivendo ore di grande tensione per l’approvazione della legge di Bilancio entro il 31 dicembre. Molte delle norme inserite nella versione originaria della Finanziaria sono state variate, ridiscusse e ridisegnate, dopo una serie di pareri discordanti giunti dagli enti economici nazionali ed europei. Qual è il suo giudizio sull’impianto generale di questa legge?
“La manovra finanziaria italiana, a mio avviso, nel complesso è in linea con le raccomandazioni europee, tuttavia servirà un ulteriore sforzo per le imprese che vivono il peggiore momento dal dopoguerra. Pressione fiscale e costo del lavoro sono fuori controllo, per non parlare poi dei costi delle materie prime che, purtroppo, non ci consentono di essere competitivi con gli altri Paesi”.
Esistono margini per rimediare?
“Io resto ottimista, l’Italia è l’ottava potenza economica mondiale e la terza nell’Unione europea, ed è un Paese con un alto livello di qualità della vita. Mio malgrado, però, continuo a constatare che i primi a non credere nella potenza economica del nostro Paese sono proprio gli italiani. Vede, oggi registriamo il quinto più grande surplus commerciale manifatturiero a livello mondiale, l’Italia è la settima economia tra i Paesi del G20, nonché la seconda dell’Unione Europea per valore aggiunto manifatturiero. Questi sono numeri che danno l’esatta dimensione del nostro Paese e che fanno riflettere. Aggiungo poi cha, oggi, siamo anche il primo Paese dell’UE per valore aggiunto agricolo e il secondo per pernottamenti di turisti stranieri. Insomma, nel mondo recitiamo un ruolo importante e credo che dobbiamo maturare tutti questa consapevolezza. Dopo di che, possiamo solo migliorare”.
In passato lei ha espresso perplessità su Confindustria, ritenendola troppo distante dalla imprese. Cosa non funziona?
“Gli imprenditori, che io li definisco “eroi della trincea del lavoro”, oggi sono sempre più soli e isolati da tutti. Il ruolo di Confindustria ha perso l’importanza che aveva negli anni d’oro, diverse articolazioni territoriali ormai esistono solo per rappresentare gli interessi di pochi gruppi e non più per la collettività. Più volte, a malincuore, ho registrato che, chi non è ben integrato nel sistema, non ha protezioni adeguate e non beneficia di nessun aiuto concreto”.
Il Governo Meloni per dare un segnale di vicinanza ha creato il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Un nome suggestivo non trova?
“Sì, e accolgo questa novità sicuramente in modo positivo e con grande curiosità. Il Made in Italy, fra l’altro, è un valore aggiunto impressionante per le nostre imprese, che oggi non riusciamo a sfruttare per mancanza di competenza. Il nostro brand è amato in tutto il mondo, ma non mettiamo in campo strategie adeguate per valorizzare realmente i nostri marchi”.
Torniamo però alle imprese: proviamo a tracciare il quadro di cosa non va.
“Burocrazia infinita, pressione fiscale inadeguata, mancanza di incentivi per chi favorisce la crescita delle aziende, costo del lavoro altissimo, contratti nazionali collettivi fuori controllo, poca produttività e scarsa cultura del lavoro. Questo è un Paese in cui non viene premiato il merito, ci sono tantissimi talenti che nessuno vede o che passano volutamente inosservati”.
Un’ultima domanda su un tema a lei caro: l’Airl, Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia sta cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema degli esuli, 20 mila italiani che, nel luglio del 1970, subirono la confisca di tutti i loro beni e furono espulsi dal Paese in cui risiedevano da Gheddafi appena salito al potere. Cresce il vostro impegno, con quale riscontro?
“Esatto, negli ultimi anni, anche se il nostro impegno è stato sempre molto concreto, purtroppo devo dire che la politica non ha fatto nulla e sono mancati segnali credibili di apertura nei nostri confronti. Contiamo ora sulla sensibilità di questo nuovo governo per aprire un tavolo a sostegno delle migliaia di famiglie che oggi rappresentano la continuità di quei 20 mila italiani cacciati da Gheddafi”.