Statistiche accessi DIALOGHI ITALIANI, Costantino Salis incontra il parlamentare Simone Billi – Gazzetta diplomatica
Gazzetta diplomatica
  • Home
  • News
  • Interviste
  • Curiosità
  • Video
  • Contatti
  • Premio
No Result
View All Result
Gazzetta diplomatica
Home News

DIALOGHI ITALIANI, Costantino Salis incontra il parlamentare Simone Billi

Redazione by Redazione
19 Dicembre 2025
in News
0
DIALOGHI ITALIANI, Costantino Salis incontra il parlamentare Simone Billi
3
SHARES
18
VIEWS
Share on FacebookShare on Twitter

di Costantino Salis

“Dialoghi Italiani” nasce come spazio di confronto con personalità del mondo istituzionale, politico e sociale, in Italia e all’estero, andando oltre la dimensione formale dei ruoli pubblici. Accanto ai temi istituzionali, la rubrica mette in luce il percorso umano delle persone intervistate, raccontando esperienze, scelte e visioni che ne hanno segnato il cammino. “Dialoghi Italiani” intende avvicinare le istituzioni ai cittadini attraverso un dialogo diretto e aperto. In questo contesto si inserisce l’incontro con l’onorevole Simone Billi, deputato eletto nella Circoscrizione Estero – Europa e Presidente del Comitato per gli italiani nel mondo della Camera dei Deputati. La sua esperienza personale e istituzionale offre lo spunto per un dialogo che unisce responsabilità pubblica e dimensione umana, nel racconto di un percorso vissuto tra l’Italia e le comunità italiane all’estero.

 On. Billi, c’ ‘è un’esperienza concreta o una storia vissuta tra le comunità italiane nel mondo che più di altre dà senso al Suo impegno politico? “Ce ne sono molte. Se dovessi sceglierne una, penserei alle tante volte in cui, incontrando i nostri connazionali in Germania o in Svizzera, mi sono sentito dire: “Non vogliamo privilegi, vogliamo solo poter mantenere un legame normale con l’Italia”. È una frase semplice, ma racchiude tutto: affetto, identità, e anche una certa sofferenza per la distanza, non solo geografica ma spesso burocratica. Il lavoro che ho portato avanti – dalla riforma dei servizi consolari, definita una riforma “storica” per gli italiani nel mondo, fino alle iniziative normative a favore dei nostri connazionali all’estero – nasce proprio da queste storie concrete: famiglie che tengono in piedi la casa dei genitori, anziani che faticano con le scadenze documentali, giovani che vorrebbero sentirsi cittadini a pieno titolo anche se vivono altrove. Anche il mio percorso personale ha giocato un ruolo importante: ho vissuto per anni a Zurigo, dove ho lavorato come ingegnere responsabile della protezione dell’innovazione tecnologica in una multinazionale del settore dell’energia. Questa esperienza mi ha permesso di comprendere dall’interno le sfide di chi vive e lavora all’estero, e allo stesso tempo quanto sia strategico, per l’Italia, valorizzare il capitale umano e tecnologico dei propri connazionali nel mondo. Quando vedo che una norma approvata in Parlamento si traduce in un sollievo concreto per queste persone – una procedura più semplice, una coda in meno allo sportello, un diritto meglio garantito – sento che il mio impegno ha un senso molto preciso”.

Dal Suo punto di vista, lo Stato italiano oggi riesce davvero a comprendere la realtà quotidiana degli italiani all’estero o esiste ancora una distanza tra istituzioni e comunità? “Credo che, rispetto al passato, lo Stato italiano abbia fatto passi avanti importanti, ma la distanza non è ancora colmata. Per anni gli italiani all’estero sono stati percepiti quasi come una realtà “aggiuntiva”, un po’ ai margini. Oggi comincia a passare l’idea – che io ripeto spesso – che con oltre sette milioni di connazionali iscritti all’AIRE, gli italiani nel mondo sono una sorta di “seconda regione” del Paese. Le riforme recenti sui consolati, sulla carta d’identità per gli over 70 e sulla tutela sanitaria vanno chiaramente nella direzione di ridurre questa distanza, rendendo lo Stato più vicino, più semplice e più prevedibile per chi vive fuori. Resta però molto da fare sul piano dei tempi di risposta, della digitalizzazione completa dei servizi e della capacità di ascoltare in modo strutturato le comunità – non solo nei momenti di crisi, ma nella programmazione ordinaria. Come Presidente del Comitato per gli Italiani nel Mondo alla Camera ho sempre cercato di insistere su questo: meno retorica, più ascolto e più risultati concreti”.

Se dovesse indicare una priorità concreta e realistica da realizzare nei prossimi anni per gli italiani nel mondo, quale sarebbe e perché la ritiene così importante? “Se devo sceglierne una, direi: completare la modernizzazione dei servizi consolari e collegarla in modo organico alla cittadinanza di ritorno – cioè a tutto ciò che riguarda documenti, sanità e aspetti fiscali per chi rientra, anche temporaneamente. La riforma dei consolati che abbiamo portato avanti ha segnato un cambio di passo importante, ma può e deve essere il punto di partenza di un sistema veramente integrato: un cittadino iscritto AIRE dovrebbe poter gestire la propria vita amministrativa con l’Italia in modo chiaro e digitale, dalla carta d’identità all’accesso al Servizio Sanitario Nazionale, fino a un quadro fiscale stabile e comprensibile per chi mantiene un legame con il Paese. È una priorità perché riguarda tutto il ciclo di vita delle persone: chi studia e fa un’esperienza all’estero, chi si trasferisce per lavoro, chi va in pensione ma vuole mantenere o ritrovare il proprio legame con il territorio di origine. Se rendiamo semplice il rapporto con l’Italia, non stiamo facendo un favore a qualcuno: stiamo investendo in una comunità globale che è una risorsa strategica per il Paese”.

 Quando non è impegnato in attività parlamentari, come trascorre il Suo tempo libero e quali passioni o hobby Le permettono di staccare e ricaricare energie? “Nel poco tempo libero cerco innanzitutto di stare con la mia famiglia, perché la vita parlamentare e i viaggi continui tra Italia ed Europa richiedono molti sacrifici anche a chi ho vicino. Ho una passione vera per lo sport: in passato ho praticato atletica leggera a livello agonistico, ho fatto pugilato e calcio; oggi continuo a fare attività fisica quando posso, soprattutto sport di gruppo con gli amici, che sono anche un modo per tenere i piedi per terra. Un’altra passione, coltivata proprio negli anni trascorsi a Zurigo, è il mondo del vino: ho studiato da sommelier e mi piace molto scoprire e valorizzare i vini italiani, soprattutto quando li incontro nei ristoranti e nei circoli delle nostre comunità all’estero. È un modo piacevole per tenere insieme identità, territorio e relazioni umane”.

Quale ruolo pensa possano avere le istituzioni italiane nel sostenere la partecipazione civica e politica degli italiani all’estero, oltre ai servizi consolari tradizionali? “Le istituzioni italiane, se vogliono davvero coinvolgere gli italiani all’estero, devono fare due cose: ascoltare in modo strutturato e mettere in rete le energie già esistenti. Penso ai Comites, al CGIE, alle associazioni, alla camere di commercio, alle parrocchie, ai comitati spontanei: sono realtà spesso molto attive, ma che non sempre vengono valorizzate come parte di una strategia nazionale. Il Comitato per gli Italiani nel Mondo, che ho l’onore di presiedere, può diventare sempre più un punto di raccordo tra queste esperienze e il Parlamento, traducendo i bisogni in atti concreti: riforme sui servizi, misure per il rientro dei talenti, progetti di promozione del “Sistema Paese”. Accanto a questo, il mio impegno come Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per la protezione dell’innovazione tecnologica mi porta a lavorare perché anche gli italiani all’estero possano essere protagonisti nei settori più avanzati – dalla ricerca all’energia, dall’industria alla transizione digitale – mettendo a frutto esperienze professionali maturate in grandi realtà internazionali, come è avvenuto anche nel mio caso a Zurigo. Oltre al consolato, vedo un ruolo crescente per la scuola, per la diplomazia culturale e per gli strumenti digitali: piattaforme che permettano ai cittadini all’estero di partecipare a consultazioni, di seguire in modo semplice i lavori parlamentari, di sentirsi parte di una comunità politica e non solo amministrativa”.

Guardando alle nuove generazioni di italiani che vivono fuori dall’Italia, che tipo di rapporto vede nascere con il nostro Paese? “Vedo un rapporto diverso da quello delle generazioni precedenti: meno legato al solo paese d’origine dei genitori o dei nonni, e più costruito su una doppia appartenenza. I giovani italiani all’estero si muovono con grande naturalezza tra più lingue, più sistemi educativi e lavorativi; non vivono la scelta di andare via come una rottura definitiva, ma come parte di un percorso. Per questo ho sempre sostenuto che lo Stato debba considerarli non come “cervelli in fuga”, ma come ponti naturali dell’Italia nel mondo: nella ricerca, nell’impresa, nella cultura. Le riforme sui servizi consolari e sulla sanità hanno anche questa funzione: far capire alle nuove generazioni che restano cittadini a pieno titolo, con diritti e doveri chiari, ovunque decidano di costruire la propria vita. Se sapremo ascoltarli e coinvolgerli, il loro rapporto con l’Italia sarà meno nostalgico, ma più maturo e progettuale”.

Se potesse rivolgersi direttamente agli italiani all’estero che leggeranno questa intervista, non come parlamentare ma come persona, quale messaggio sentirebbe di condividere con loro oggi? “Direi anzitutto una cosa semplice: non siete cittadini di serie B. La scelta di partire – per studio, lavoro, amore o necessità – è un atto di coraggio, non un tradimento del Paese. So bene che, a volte, il rapporto con l’Italia può sembrare complicato: documenti, burocrazia, tempi lunghi… Proprio per questo ho cercato e cerco di utilizzare il mio mandato parlamentare – in particolare come Presidente del Comitato per gli Italiani nel Mondo – per trasformare le vostre difficoltà in proposte concrete e in norme approvate. Come persona, però, prima ancora che come deputato, vorrei dirvi di non rinunciare al vostro legame con l’Italia: con la lingua, con la cultura, con le comunità locali e con le nuove generazioni che crescono all’estero. L’Italia ha bisogno di voi almeno quanto voi potete avere bisogno dell’Italia. Se ognuno fa la sua parte – cittadini, istituzioni, rappresentanti eletti – questo legame può diventare una forza straordinaria per tutti”.

Intervista a cura di Costantino Salis – Presidente Comites Grecia

Previous Post

Il Regno Unito rientra nel Programma Erasmus

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gazzetta Diplomatica - Testata giornalistica registrata al Tribunale di Civitavecchia n. 1/2024 - Tutti i diritti riservati - © 2024
info@gazzettadiplomatica.it

No Result
View All Result
  • Home
  • News
  • Interviste
  • Curiosità
  • Video
  • Premio
  • Contatti

© 2022 - Gazzetta Diplomatica