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Giornata Mondiale dei Diritti Umani 2025: un appello alla coscienza universale per la pace e la dignità dei popoli

Redazione by Redazione
9 Dicembre 2025
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Giornata Mondiale dei Diritti Umani 2025: un appello alla coscienza universale per la pace e la dignità dei popoli
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di Gianni Lattanzio*

La Giornata Mondiale dei Diritti Umani, che si celebra ogni anno il 10 dicembre, richiama la proclamazione, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani con la risoluzione 217 A (III) del 10 dicembre 1948, all’indomani degli orrori della Seconda guerra mondiale e dei totalitarismi. Quel testo, a lungo qualificato come “soft law”, è divenuto progressivamente un pilastro del diritto internazionale dei diritti umani, ispirando convenzioni universali e regionali – dai Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – che hanno tradotto in obblighi giuridicamente vincolanti i principi affermati nel 1948.​

Fondamenti storico‑giuridici

La Dichiarazione Universale del 1948 fissa in trenta articoli un catalogo ampio di diritti: dalla dignità e uguaglianza di tutti gli esseri umani (articolo 1) al divieto di schiavitù e tortura, dalla libertà di pensiero, coscienza e religione alla libertà di espressione, fino ai diritti sociali, culturali e all’istruzione. Pur non essendo un trattato in senso stretto, la sua influenza ha contribuito alla formazione di norme consuetudinarie e di principi generali del diritto internazionale, fungendo da base per strumenti successivi come le convenzioni contro il genocidio, la discriminazione razziale e ogni forma di tortura e trattamento inumano.​

Nell’ordinamento italiano, il dialogo fra la Dichiarazione e la Costituzione è evidente nei principi fondamentali: l’articolo 2 riconosce e garantisce i “diritti inviolabili dell’uomo”, mentre l’articolo 3 sancisce la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Gli articoli 10 e 11, che impongono il rispetto del diritto internazionale generalmente riconosciuto e consentono limitazioni di sovranità per un ordinamento che assicuri pace e giustizia fra le Nazioni, aprono l’ordinamento italiano all’evoluzione del diritto internazionale dei diritti umani e al sistema delle Nazioni Unite.​

Diritti umani in un mondo instabile

Nel XXI secolo, segnato da guerre in Europa, in Medio Oriente e in diverse regioni dell’Africa e dell’Asia, da nuove forme di autoritarismo e nazionalismo, il diritto internazionale dei diritti umani costituisce un argine normativo e politico alla logica di potenza. Il sistema costruito attorno alla Dichiarazione – che comprende il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, gli organi di controllo dei trattati e le corti regionali – offre meccanismi per monitorare le violazioni, promuovere la responsabilità degli Stati e sostenere le vittime, pur in un quadro di evidenti limiti politici e istituzionali.​

Al tempo stesso, l’emergere di nuovi diritti – dall’ambiente sano alla tutela della persona rispetto alla rivoluzione digitale e biotecnologica – dimostra la natura dinamica del nucleo del 1948. Dichiarazioni come quella universale sulla bioetica e i diritti umani dell’UNESCO estendono il principio di dignità alle sfide poste dalla scienza e dalla tecnologia, richiamando la responsabilità degli Stati e dei soggetti privati nel preservare l’umanità delle persone di fronte all’innovazione.​

Multilateralismo, crisi geopolitiche e rischio di regressione

L’attuale crisi del multilateralismo, il riemergere di competizioni strategiche fra grandi potenze e la tendenza a “geopoliticizzare” i diritti umani mettono in discussione il consenso originario su cui si reggeva la Dichiarazione del 1948. L’uso selettivo del linguaggio dei diritti, talora strumentalizzato in chiave di pressione politica o di contrapposizione ideologica, rischia di indebolire l’universalità dei principi e di alimentare la percezione di un doppio standard, con un conseguente arretramento della loro efficacia normativa.​

In questo contesto, l’invocazione della “sicurezza” – interna ed esterna – ha spesso giustificato restrizioni alla libertà personale, alla privacy, alla libertà di stampa e di associazione, incidendo direttamente sui difensori dei diritti umani e sulle organizzazioni della società civile. La Giornata Mondiale dei Diritti Umani esorta a vigilare su tali derive, ribadendo che la sicurezza, nello Stato di diritto, è tutela della persona e delle sue libertà, non sospensione arbitraria delle garanzie fondamentali.​

Il ruolo delle Nazioni Unite

Le Nazioni Unite restano il centro di gravità del sistema internazionale di protezione dei diritti umani, già prefigurato nella Carta del 1945, che fa riferimento alla dignità e al valore della persona e ai diritti fondamentali dell’uomo. La creazione del Consiglio dei Diritti Umani nel 2006 ha rinnovato gli strumenti di tutela, introducendo la Revisione Periodica Universale, che sottopone periodicamente tutti gli Stati, senza eccezione, a un esame sul rispetto dei diritti umani.​

Nonostante i condizionamenti derivanti da veti, equilibri regionali e alleanze politiche, il quadro onusiano resta essenziale per la diplomazia preventiva, per l’adozione di risoluzioni tematiche – sulla pena di morte, la violenza di genere, la libertà di religione o credo, la protezione dei minori – e per l’affermazione di standard minimi condivisi. La Giornata Mondiale dei Diritti Umani richiama gli Stati a misurare la propria credibilità anche in base al sostegno concreto ai meccanismi onusiani di protezione, al di là delle dichiarazioni di principio.​

L’Italia tra Costituzione, Europa e Nazioni Unite

L’Italia si colloca tra i Paesi che hanno fondato la propria identità democratica sulla centralità dei diritti fondamentali, come emerge dai principi costituzionali e dalla partecipazione ai principali strumenti internazionali ed europei di tutela. La giurisprudenza costituzionale e l’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo hanno consolidato un quadro in cui la persona è al centro dell’ordinamento, come singolo e nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, in coerenza con l’articolo 2 della Costituzione.​

In politica estera, l’Italia ha assunto la promozione dei diritti umani quale asse strategico, come dimostrano l’impegno per la moratoria universale sulla pena di morte, le iniziative contro ogni forma di discriminazione e razzismo e le azioni in favore dei difensori dei diritti umani. La recente rielezione dell’Italia al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per il mandato 2026–2028 conferma il riconoscimento internazionale di questo ruolo e comporta la responsabilità di contribuire attivamente alla protezione delle persone più vulnerabili, alla promozione della libertà di espressione e di religione e al rafforzamento del sistema multilaterale.​

Nuove tecnologie e dignità della persona

L’avanzare delle nuove tecnologie – dall’intelligenza artificiale ai big data, dalla sorveglianza digitale alle piattaforme di comunicazione globale – apre scenari di grande potenzialità, ma anche rischi senza precedenti per i diritti fondamentali. La concentrazione di potere informativo, la profilazione di massa, la possibilità di discriminazioni algoritmiche e di manipolazione delle opinioni mettono in tensione il diritto alla privacy, la libertà di espressione, il principio di non discriminazione e, in ultima istanza, l’integrità stessa della persona.​

Per evitare che la persona venga ridotta a mera “fonte di dati” o a oggetto di sorveglianza e controllo, è necessario che la regolazione delle tecnologie emergenti sia guidata dal paradigma dei diritti umani, facendo della dignità umana il criterio ultimo di legittimità. Ciò implica la trasparenza e la controllabilità degli algoritmi, l’esistenza di meccanismi di responsabilità e rimedio, la garanzia che le scelte automatizzate non producano discriminazioni occulte e la promozione di un’alfabetizzazione digitale critica che renda le persone consapevoli dei rischi e dei propri diritti nello spazio tecnologico.​

Difendere oggi l’universalità dei diritti

Nell’epoca dell’incertezza, difendere i diritti umani significa rimettere la persona – la sua dignità, la sua libertà, la sua integrità – al centro dell’azione politica, economica e tecnologica, a livello nazionale e internazionale. Richiede politiche coerenti in tema di migrazioni, sviluppo sostenibile, transizione ecologica e digitale, controllo degli armamenti e contrasto alla disinformazione, in cui la prospettiva dei diritti fondamentali non sia un’aggiunta retorica, ma il criterio sostanziale di valutazione delle scelte pubbliche.​

La Giornata Mondiale dei Diritti Umani non è soltanto una celebrazione simbolica, ma un appello permanente alla responsabilità: agli Stati, chiamati a rispettare e attuare gli obblighi internazionali; alle istituzioni sovranazionali, che devono rafforzare la propria capacità di tutela; alle società civili, che restano il motore più efficace di avanzamento dei diritti. La Dichiarazione del 10 dicembre 1948 continua a indicare una via esigente ma necessaria: costruire la pace e la giustizia attraverso il riconoscimento, la protezione e la promozione dei diritti di ogni essere umano, in ogni luogo, anche nell’era delle nuove tecnologie.​

*Segretario Generale ICPE

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