Che ci sia ai nostri giorni un risveglio della diplomazia sembrerebbe essere fuori di dubbio. Lo dimostrerebbe, del resto, tutta una serie di fatti ed eventi in cui il ricorso al metodo diplomatico nelle relazioni internazionali tenderebbe ad avere la meglio sul ricorso all’uso della forza.
Così, dopo un periodo di omertoso silenzio, ecco che la diplomazia viene oggi ad occupare le prime pagine dei media nel tentativo di riappropriarsi di quel ruolo dal quale era stata bruscamente scalzata all’indomani della distruzione delle “Twin Towers” di New York. Un evento che avrebbe ceduto il passo alla forza delle armi nel perseguire nel mondo quelle che conosciamo essere state le cosiddette “rivoluzioni colorate”.
In perfetta aderenza, quindi, con questa rinnovata percezione, Gazzetta Diplomatica, testata giornalistica online, ha voluto dar lustro alla diplomazia intestandosi un omonimo “Premio” grazie alla brillante intuizione del suo Direttore responsabile, Marco Finelli.
Il Premio è così giunto quest’anno alla sua terza Edizione, confermando un trend in ascesa di sicuro accertato successo, e riscuotendo, peraltro, apprezzamenti e riconoscimenti da parte non soltanto del mondo diplomatico accreditato nella Capitale, ma anche dallo stesso mondo istituzionale del nostro Paese interessato, in particolare, nel rispetto della migliore storica tradizione solidaristica, a tessere relazioni con altri popoli e Stati attivandosi soprattutto per il tramite delle commissioni inter-parlamentari di amicizia e di cooperazione.
Dopo l’Ambasciatore della Confederazione Elvetica nel 2023 e l’Ambasciatore di Romania e Argentina “ex aequo” nel 2024, è stato quest’anno il turno dell’Ambasciatore del Canada, S.E. Signora Ellissa Ann Golberg a ricevere l’ambito riconoscimento. Sede della cerimonia è stata la prestigiosa Aula dei Gruppi Parlamentari dove, diplomatici e deputati, in successione, si sono alternati in un interessante scambio di reciproche espressioni di stima e di riflessioni valutative. Ospite d’onore all’evento l’imprenditrice Anna Fendi, vera Ambasciatrice del Made in Italy, alla quale è stato conferito un “Premio alla Carriera” in segno di riconoscenza per la continua preziosa opera perseguita di affermazione e promozione della migliore immagine dell’Italia nel mondo.
In questo contesto, potremmo tranquillamente affermare allora come il Premio Gazzetta Diplomatica si situi in perfetta sintonia coi tempi, additando la diplomazia come la via maestra da seguire per promuovere quella solidarietà di cui proprio la Comunità internazionale risulta ancor oggi purtroppo carente.
Per il suo portato significativo e concettuale, infatti, il Premio si pone ben al di là di quelle motivazioni puramente estetiche che potrebbero giustificarlo; ovvero quale manifestazione di un simbolismo emotivo espressione in fondo non veritiera di un mondo, quello, per l’appunto, della diplomazia, troppo spesso percepito e vissuto come dominio riservato di pochi eletti. Il Premio, nelle intenzioni del suo ideatore, intende invece portare alla luce della ribalta, in un attiguo contattarsi con il comune cittadino, quel lavoro sottile, quotidiano, minuzioso e costante che attiene proprio alla funzione del diplomatico nel condurre una tessitura di relazioni con lo Stato ospitante quale premessa per la promozione di un rapporto di amicizia. Amicizia che risulta in fondo essere il primario obiettivo riconosciuto al ruolo del diplomatico dallo stesso Diritto internazionale di cui la diplomazia è l’espressione più nobile, antica e veritiera. La finalità del premio non si esaurisce, dunque, semplicemente sul piano edonistico, ovvero nel piacere offerto al “premiato” nell’ottenere un trofeo, un compenso o un più semplice attestato di merito. Attraverso la valorizzazione della diplomazia si intende esaltarne quella funzione primaria e imprescindibile che opera nell’economia dei rapporti internazionali: la funzione civilizzatrice della Comunità degli Stati. O meglio, la capacità non solo di promuoverne la solidarietà internazionale, conformandola a imperativi etici e morali universalmente condivisibili, ma anche la capacità di restituire dignità e autorevolezza allo stesso Diritto internazionale. Un Diritto, quest’ultimo, troppo spesso sottostimato, ignorato, se non addirittura calpestato da una politica arroccata su presupposti egoistici di interessi, come molti avvenimenti dei nostri tempi stanno ampiamente dimostrando.
Sì oggi – si commenta da parte di alcuni più avveduti osservatori – stiamo vivendo tempi diversi con Donald Trump. Un Presidente, questi, che starebbe cambiando la strategia statunitense di fare politica estera offrendo al mondo addirittura un nuovo modello di diplomazia. Troppo a lungo, infatti, gli USA sarebbero stati oggetto di critiche per aver perseguito politiche volte a cambiare il volto dei governi all’estero non con la persuasione morale, ma, al contrario, con l’uso della forza. E lo abbiamo visto nel corso degli ultimi decenni con le Amministrazioni Bush, Clinton e Obama. Ma oggi, con Trump, al contrario di molti suoi predecessori, la forza non verrebbe tanto utilizzata direttamente, quanto minacciata. Una differenza non da poco se ben guardiamo, dato che proprio l’uso della minaccia della forza, e i margini entro cui essa riesca nel realizzare il fine prefissato, potrebbe ricondursi ad un modo innovativo di fare diplomazia. Ma, nonostante ciò, siamo pur sempre nel campo della “diplomazia della violenza”. Il che non di certo implica il reale ricorso alla forza delle armi, risultando sufficiente in molti casi soltanto l’uso della sua minaccia. Ma sarebbe forse questa la nuova diplomazia innovativa della Casa Bianca? Purtroppo, neanche con questa diplomazia realizzeremmo la finalità civilizzatrice che ci aspetteremmo; una finalità che invece potremmo conseguire unicamente se diamo ad essa il ruolo di promozione di un dialogo equo e costruttivo. Unico modo, questo, di facilitare il transito della attuale società internazionale da un modello ancora basato su rapporti di forza e sulla competizione ad uno fondato sulla coesistenza pacifica e la solidarietà quali imperativi indefettibili per un mondo veramente migliore.
E’ attraverso questa visione evolutiva dei rapporti internazionali, dunque, che il Premio Gazzetta Diplomatica si trova oggi impegnato. Un fine encomiabile, potremmo aggiungere, affinché i nuovi valori emananti dalla nascente rinnovata Umanità possano essere assorbiti e introitati responsabilmente nell’orizzonte etico di ciascuno di noi esseri umani.
Bruno Scapini – Ambasciatore d’Italia

