La recente pubblicazione sul sito del Ministero degli Esteri di Mosca di una lista di personalità ed esponenti occidentali distintisi per posizioni ed esternazioni chiaramente di matrice anti-russa, ha suscitato un inaspettato clamore presso i circoli politici nostrani.
Non sazi dello slancio bellicista per una guerra sostenuta ad ogni costo, e soprattutto senza prendere in considerazione le sue vere cause originarie, i nostri esponenti di Governo fanno ora quadrato attorno al Presidente Mattarella ritenendolo oltraggiato e vilipeso dall’inclusione del suo nome nella lista dei personaggi “russofobi”. Ancora una volta, nella sua congenita ipocrisia, l’Occidente collettivo – Italia compresa – rivela la sua disgustevole “doppia morale”.
Ci si offende per essere giudicati “russofobi”, e si grida alla provocazione politica di Mosca come se lì avessero pubblicato una lista di proscrizione di soggetti da perseguire, ma si ammette, con lucida perversione politica, che chi da noi la pensa diversamente possa qualificarsi, con chiara finalità denigratoria, “putiniano”, per essere poi emarginato, o perseguito professionalmente, se non addirittura sanzionato, solo per il fatto di giudicare il conflitto russo-ucraino per quello che esso veramente è: la risposta di Mosca ad una provocazione occidentale avviata fin dal lontano 1999. Ovvero, un’azione politica occidentale ostensibilmente condotta per decenni in totale disprezzo dell’impegno, promesso da parte americana fin dal Vertice di Malta del 1989, di non espandere l’Alleanza Atlantica verso Est neanche di un “pollice oltre il fiume Oder”. L’Ucraina, in questo processo che ha visto l’adesione alla NATO in sette tappe successive di quasi tutti i Paesi dell’Est europeo, ha rappresentato l’ultima linea oltre la quale la Federazione Russa avrebbe visto definitivamente pregiudicata la propria capacità di salvaguardare la sicurezza strategica nazionale.
Ci indigna, pertanto, questo doppio standard perseguito dai nostri esponenti di Governo al solo fine di far apparire Mattarella vittima di una ingiusta provocazione. Ma è proprio questo il punto. Le dichiarazioni del nostro Presidente, spesso esternate in occasione di rilevanti impegni protocollari, anche se formulate con un linguaggio lessicalmente ineccepibile, rivelano in realtà una inaspettata istigazione all’odio avverso Mosca che non si addirebbe ad un Capo dello Stato italiano soprattutto alla luce delle attuali circostanze e dei veri sentimenti di amicizia provati dal popolo italiano per quello russo. Difficile, tuttavia, ricondurre un tale suo atteggiamento a semplice sprovvedutezza, credulità o inettitudine ( ricordiamo in proposito la equiparazione della Russia al III° Reich di nazista memoria, effettuata qualche tempo fa dal nostro Presidente alla Lectio Magistralis tenuta a Marsiglia). L’ampiezza della “russofobia” assunta da Mattarella e dai suoi adepti di Governo a metodo reintegrativo della lesa democrazia ucraina, è fenomeno politico geneticamente radicato nello spirito delle nostre attuali istituzioni. E lo è al punto da rivelare senza vergogna, né ripensamenti, una spavalda frenesia per la “doppia morale” quale principio di condotta.
Tale episodio, che per l’Italia ha implicato la convocazione da parte del nostro Ministro degli Esteri Tajani dell’Ambasciatore russo in Italia, Alexej Paramonov – al fine di chiedere chiarimenti sull’iniziativa del corrispondente Ministero russo -, costituisce una mossa che, seppur legittima nella corrente ritualità protocollare della diplomazia, appare del tutto spropositata nei fini, quanto ultronea per le motivazioni che l’avrebbero indotta. Sarebbe stato più prudente per Tajani astenersi da consimile iniziativa. Almeno ci avrebbe evitato di apparire non soltanto ipocriti, per via di un moralismo ambiguo, simulatore e menzognero, ma anche stupidi. Ma in diplomazia talvolta è meglio apparire stupidi che inetti. Ed è forse questo il caso dell’Italia?
Bruno Scapini