Nato in provincia di Modena da mamma ungherese e papà Italiano, di indole poliedrica, internazionale e intraprendente, a caratterizzare l’operato di Massimo Costetti, Presidente del Comites San Francisco sono proprio le sue principali qualità, legate a una formazione prima, e una carriera poi, vissute tra Italia e Stati Uniti, unite a una varietà di esperienze, che lo hanno visto impegnato dalla musica classica all’economia, passando per lo sport e il volontariato.
Invidiabile la sua capacità di inventare e avviare progetti, guidare aziende e, contestualmente, contribuire attivamente anche alla Comunità italiana residente nel nordovest degli Stati Uniti.
Dopo un diploma in pianoforte classico, una laurea in Studi Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche e una seconda laurea in International Business Administration presso Economia e Statistica all’Università di Bologna, Costetti, vincitore di una borsa di studio, arriva a Berkeley nel 2012 per completare l’ultimo anno di studi presso la Haas School of Business. Inizia poi una carriera nel business development, aiutando startup italiane a compiere i primi passi sul mercato nord-americano, prima con M31 USA e poi con Maikii, di cui diventa VP Business Development e CEO.
Dal 2021 inizia poi una nuova carriera nel Product Management, aiutando Glassdoor a sviluppare le app e i siti per gli utenti internazionali, collaborando anche con Italian Trade Agency per il Global Startup Program e supportando Innovit come mentore del programma Startup Bootcamp.
Nel 2015 viene eletto consigliere del Comites di San Francisco e, rieletto nel 2021, dopo aver svolto il ruolo di Tesoriere, dal 2023 ne diviene Presidente.
Contestualmente, insieme alla moglie Meghan crea l’evento benefico “Gnocco Bella Pop-up” e, coltivando un’altra sua grande passione, il ciclismo, entra nella squadra “Dolce Vita Cycling”.
Costetti, cosa significa per lei rappresentare, in qualità di Presidente del Comites, la Comunità italiana che vive a San Francisco? “L’obiettivo per il quale mi sono candidato al Comites è di dare rappresentanza alla comunità intera, tenendo conto in particolar modo dei flussi che più recentemente hanno portato professionisti, imprenditori e accademici nel nostro distretto, le cui priorità ed esigenze spesso faticano a trovare spazio in istituzioni concepite molto tempo fa e a servizio di un segmento storico della comunità italiana all’estero. Insieme ai compagni di lista con i quali mi sono candidato, abbiamo voluto portare al centro del nostro programma proprio queste persone, che si sono unite alla nostra comunità più di recente. Abbiamo anche voluto sottolineare che il Comites di San Francisco rappresenta non solo i residenti nella Bay Area, ma tutti gli Italiani del Nord Ovest degli USA, in particolare Oregon, Washington State, Utah e le isole del Pacifico dove sono presenti importanti comunità di connazionali. Per questo sono molto contento di avere nel nostro Comites rappresentanti che risiedono nelle comunità di Portland e Seattle. Mi sono poi candidato alla Presidenza con l’impegno di dare voce a tutte le energie costruttive dell’Assemblea, e quindi a tutte le comunità rappresentate dai nostri membri, evitando che solo le istanze più rumorose prevalessero”.
E’ possibile, a suo avviso, tracciare un profilo che ben rappresenti gli italiani che vivono lì? “Domanda molto difficile, visto che si tratta di più di 32mila Italiani residenti nel distretto, che tra l’altro è il più esteso geograficamente tra quelli dei Comites USA. Ma proviamoci. Evidentemente i poli della Silicon Valley e di Seattle, dove hanno sede le più grandi aziende di software e tecnologia del mondo, attirano una grande comunità di professionisti del tech. A San Francisco in particolare una buona parte di questa comunità orbita attorno a Innovit, il centro Italiano di innovazione che rappresenta un vero fiore all’occhiello del sistema Italia. Un altro settore professionale sicuramente ben rappresentato è quello della ristorazione e dei prodotti alimentari e vinicoli: la Bay Area e San Francisco in particolare sono notoriamente molto attente al mangiare bene e gli Italiani sono senza dubbio protagonisti nel settore dell’ospitalità. Sono molti poi quelli che lavorano in istruzione e ricerca, che portano un approccio molto apprezzato sia nelle grandi università che in istituti di ogni grado. Ovviamente questi che ho menzionato sono solo alcuni esempi che conosco personalmente. Volendo provare a fare una generalizzazione, direi che qui troviamo italiani esploratori: curiosi, competenti e pronti a mettersi in gioco in contesti nuovi e in una zona – il West degli USA – dove è notoriamente più facile che altrove trovare spazio – fisico, professionale e creativo – per reinventarsi”.
In generale, come si è integrata la nostra comunità? “A mio avviso, molto bene. Lo testimonia un associazionismo di altissimo livello con organizzazioni storiche come ICS, SFIAC e altre Italo-Americane, di cui abbiamo l’onore di avere rappresentanti nel Comites, che collaborano con le associazioni professionali contemporanee come iTAL, ISSNAF e BAIA. Sicuramente aiuta il fatto che questa è una zona storicamente aperta all’immigrazione, forse più di ogni altra parte del mondo. A San Francisco poi gli Italiani sono stati dei veri protagonisti dello sviluppo della città: basti pensare ad Amedeo Giannini, che proprio qui fondò la banca che divenne poi la Bank of America che tutti conosciamo”.

Quali sono, a suo avviso, le maggiori difficoltà che gli italiani affrontano negli Stati Uniti? “Il sistema dell’immigrazione USA è particolarmente severo e questo porta molti nostri connazionali a rimanere in situazioni di precarietà per molto tempo, o addirittura a dover lasciare gli USA. Per chi rimane, la lontananza dall’Italia è sicuramente problematica da gestire. Anche con i voli diretti, si tratta comunque di un viaggio di 12-13 ore e una differenza di fuso orario di 9 ore che rende difficile rimanere vicini ai propri cari e ai propri interessi in Italia”.
Quali sono le principali iniziative che il Comites San Francisco sta portando avanti per supportare gli italiani nell’area di riferimento? “La nostra attività si articola su quattro pilastri principali. Primo: vita sociale e culturale. Organizziamo proiezioni di film, concerti, celebrazioni del 25 Aprile e programmi per bambini e famiglie con giochi tradizionali Italiani. Secondo: assistenza sociale e scolastica. Abbiamo organizzato diversi webinar con esperti sui temi di scuole, tassazione, previdenza sociale e financial literacy. Stiamo inoltre per lanciare un progetto estremamente ambizioso: uno sportello virtuale di assistenza ai cittadini nelle procedure consolari, grazie al quale sarà possibile ottenere chiarimenti e aiuto in materia di passaporti, visti, cittadinanza e ogni altra pratica svolta dagli uffici consolari. Terzo: formazione professionale. Due anni fa abbiamo creato il primo programma di mentorship per connettere professionisti arrivati da poco nel nostro distretto con quelli che si sono già affermati. Ad oggi abbiamo più di 100 Mentor e Mentee sparsi in tutto il distretto e in quasi tutti i settori professionali. Quarto: lingua e tradizione. Abbiamo il privilegio di collaborare con una filantropa – Maria Manetti Shrem – la cui generosità ci ha permesso di premiare centinaia di studenti che hanno superato esami di Italiano”.
Come definirebbe il rapporto fra il Comites da lei presieduto e la rete diplomatica italiana? “Nel nostro caso è sicuramente un rapporto di profonda stima e collaborazione. Molte delle iniziative che ho citato – in particolare lo sportello di assistenza ai cittadini – sono possibili grazie a un rapporto di grande fiducia con il Consolato Generale di San Francisco e con il MAECI”.

Fra i diplomatici conosciuti ne ricorda uno particolarmente volentieri? “Nei miei due mandati, ho lavorato con i Consoli Mauro Battocchi, Lorenzo Ortona e Sergio Strozzi. L’arrivo del Console Strozzi per me è stato particolarmente significativo. In realtà lui fu proprio il primo diplomatico che conobbi tantissimi anni fa in Ungheria, dove lui era in servizio e venne in visita nella città natale di mia mamma. Ritrovarci a San Francisco è stata una bellissima sorpresa. Posso dire senza dubbio che è solo grazie al suo forte e costante supporto alle iniziative del Comites che siamo riusciti a realizzare progetti molto ambiziosi come il programma di mentorship, lo sportello di assistenza ai cittadini e lo sviluppo della app per la Little Italy Honor Walk”.
Siete in contatto anche con Comites che operano in altre parti del mondo? “Lavoriamo a stretto contatto con i Comites degli Stati Uniti e soprattutto negli ultimi anni questa collaborazione è divenuta ancora più efficace grazie all’ottimo lavoro dei coordinatori Intercomites Alberto Mustone e Maby Palmisano”.
Ricordo più bello da Presidente? “La cerimonia di premiazione dei Mentor e Mentee di Italiani di Carriera presso il Consolato Generale di San Francisco. Ricordo in particolare una giovane professionista e la sua mentor, entrambe nel marketing, che grazie al programma hanno trovato non solo una guida, ma un’amica. È in questi momenti che capisci che il lavoro del Comites fa davvero la differenza”.

E il più brutto? “I membri del nostro Comites sono stati eletti da due liste concorrenti e questo ha determinato fin dall’insediamento una dialettica molto dura di scontro. Le tensioni tra alcuni membri hanno a volte ostacolato la collaborazione. In alcuni casi, questo ha scoraggiato membri preziosi dal portare avanti iniziative importanti. È un’esperienza da cui ho imparato molto sul valore della mediazione e del rispetto reciproco”.
Lei ha lavorato per varie aziende Italiane curandone l’ingresso e lo sviluppo sul mercato USA. Quali consigli si sentirebbe di dare a un imprenditore che oggi guarda con interesse al mercato degli States? “Affidarsi a professionisti affermati negli USA che hanno una solida conoscenza del mercato e della cultura locale. Purtroppo abbondano i casi in cui le aziende Italiane scelgono di mandare le loro persone di fiducia in missione ed è comprensibile la volontà di assegnare un compito così delicato a personale fidato. Tuttavia questa missione deve avere come unico scopo quello di identificare i professionisti locali che conoscono a fondo le dinamiche, i soggetti e la cultura del mercato americano. Altrimenti il rischio è di cercare di imporre metodi che hanno funzionato e portato al successo in Italia o altrove, ma che è difficile che funzionino qui”.
Prossime iniziative in programma? “Stiamo per inaugurare lo sportello di assistenza ai cittadini, un progetto pilota che per la prima volta negli USA permetterà ai nostri concittadini di rivolgersi al Comites per ottenere supporto nell’accesso ai servizi consolari, aiutando allo stesso tempo gli uffici del Consolato a liberarsi delle numerose richieste che non richiedono il loro intervento. Non nascondo che l’ambizione è di instaurare un nuovo e duraturo modello di partnership Comites-Consolato-MAECI che permetta di usare le risorse a disposizione nel modo più efficace per essere d’aiuto alla nostra comunità. Spero inoltre di riuscire a potenziare ed espandere il programma di mentorship, che nel frattempo è stato replicato anche dal Comites di New York con altrettanto successo. E magari un giorno farla diventare una grande comunità professionale di Italiani in USA o in Nord America. Il mio sogno è che la nostra comunità continui a crescere come una rete viva di mutuo supporto, innovazione e orgoglio per le proprie radici. E che il Comites sia sempre più un ponte tra chi arriva e chi è già qui, tra Italia e Stati Uniti”.
Intervista di Marco Finelli