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Rajae Naji El Mekkaoui, Ambasciatore del Regno del Marocco presso la Santa Sede: “Le nostre relazioni con il Vaticano affondano le radici nella storia e non hanno mai smesso di evolversi, in particolare negli ultimi anni, raggiungendo un livello di profonda intensità”

Redazione by Redazione
30 Maggio 2025
in Interviste
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Rajae Naji El Mekkaoui, Ambasciatore del Regno del Marocco presso la Santa Sede: “Le nostre relazioni con il Vaticano affondano le radici nella storia e non hanno mai smesso di evolversi, in particolare negli ultimi anni, raggiungendo un livello di profonda intensità”
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Giurista marocchina di grande prestigio e professoressa universitaria, nonché prima donna in assoluto a tenere i tradizionali “Colloqui del Ramadan” alla presenza del Re, del Governo, del Corpo Diplomatico e degli Ulema, ovvero i pensatori di tutto il mondo, Rajae Naji El Mekkaoui è Ambasciatore del Regno del Marocco presso la Santa Sede dal 2019.

“La mia nuova carriera, quella diplomatica, è stata una scelta esclusiva di Sua Maestà il Re Mohammed VI – spiega, aggiungendo prontamente – data la lungimiranza di un Sovrano visionario, ho ritenuto che la sua scelta fosse tutt’altro che casuale. Quindi, fin dall’inizio, ho sentito il dovere di trarne insegnamento e di adempiere ai miei obblighi patriottici”.

Autrice di numerosi libri e articoli, l’Ambasciatrice El Mekkaoui, figura influente nel Paese africano e modello di insegnamento per gli studenti universitari marocchini, con i suoi scritti ha contribuito significativamente, nella storia recente, allo sviluppo del diritto in Marocco, divenendo, attraverso una carriera a dir poco esemplare un esempio di impegno accademico e diplomatico.

Eccellenza, cosa significa per Lei rappresentare il Regno del Marocco in Vaticano? “Significa rappresentare una grande Monarchia e uno Stato musulmano, l’Impero Cherifiano, che vanta una continuità di almeno tredici secoli, in uno degli Stati più antichi e spiritualmente influenti del mondo, la Santa Sede, che guida oltre un miliardo e mezzo di cristiani in tutto il pianeta”.

Come definirebbe oggi le relazioni tra il Marocco e la Santa Sede? “Sono relazioni che affondano le loro radici nella storia, fin dall’XI secolo, epoca della fondazione della Curia romana, e non hanno mai smesso di evolversi, in particolare ai giorni nostri, raggiungendo un livello di profonda intensità negli ultimi sette anni. A dimostrazione di ciò, basti ricordare che già nel 1219, San Francesco d’Assisi scelse di recarsi in Marocco, attratto dalle buone notizie che riceveva sull’Imarat Al-Mouminine, protettore di tutti i credenti. Giunto nell’Andalusia marocchina, fu costretto a tornare indietro per motivi di salute, come testimoniato dal suo primo agiografo, Tommaso da Celano. In epoca moderna, la prima visita ufficiale di un capo di Stato musulmano in Vaticano fu quella del compianto Re Hassan II, nel 1980. La prima prostrazione del Papa su terra musulmana avvenne anch’essa nel Regno Cherifiano, nel 1985. Sua Maestà il Re Mohammed VI visitò il Vaticano nel 2000. Durante il pontificato del defunto Papa Francesco, uomo di grande apertura e umanità, e grazie al dinamismo di Sua Maestà il Re Mohammed VI, le relazioni tra il Marocco e la Santa Sede hanno assunto una nuova e profonda dimensione. La storica visita del Papa nel nostro Paese nel 2019 rimane, secondo quanto egli stesso affermava più volte, una delle più toccanti e indimenticabili del suo Pontificato. In molte occasioni aveva espresso la sua ammirazione per la personalità carismatica di Sua Maestà il Re Mohammed VI, per la sua saggezza, lungimiranza, intuizione e spirito innovatore. Rimaneva colpito anche dal ruolo dell’Imarat Al-Mouminine e dal calore umano del popolo marocchino. Il defunto Papa Francesco riconosceva con gratitudine che fu proprio Sua Maestà il Re Mohammed VI, pioniere nell’includere le donne nel campo religioso – con le Ulema e le Mourchidate – ad aver ispirato il rinnovamento anche all’interno della Curia romana. Dopo la visita in Marocco e superata la fase più critica della pandemia di Covid-19, Papa Francesco ebbe il coraggio di nominare per la prima volta due donne alla guida di Dicasteri vaticani. Poco prima del peggioramento delle sue condizioni di salute, affidò persino le chiavi del Vaticano a una donna, nominata Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, organismo responsabile degli ordini e delle congregazioni religiose”.

Quali iniziative state portando avanti con l’Ambasciata per rafforzare il dialogo interculturale e interreligioso? “La missione dell’Ambasciata è quella di far conoscere nell Paese di accreditamento il Regno, la sua cultura, i suoi valori, le sue specificità e le sue conquiste diplomatiche, economiche e sociali. L’Ambasciata in Vaticano ha anche una missione culturale volta a promuovere il dialogo e la comprensione reciproca. Per questo è tenuta a creare partnership con Università e centri di ricerca. È inoltre responsabile dell’organizzazione di seminari e conferenze scientifiche, letterarie e artistiche, con l’obiettivo di far scoprire il patrimonio culturale e religioso del Marocco e di sfatare stereotipi e pregiudizi forgiati nella memoria collettiva. Queste attività, fra l’altro, hanno permesso di scoprire istituzioni marocchine millenarie, come la “commanda dei credenti” (Commanderie des Croyants), che non ha equivalenti nel mondo, e che è garante della moderazione, della tolleranza, del dialogo, della diversità e della libertà di coscienza e di culto per tutti i credenti. La Commanderie des Croyants svolge anche attività di diplomazia spirituale, promuove i valori, consolida la pace nel mondo, favorisce il dialogo, un’immigrazione sicura e protetta, la prevenzione della radicalizzazione, lo “sradicamento” delle condizioni favorevoli al terrorismo violento, a partire dalla preparazione dei formatori, come nel caso dell’Istituto Mohammed VI per la formazione degli Imam e dei Morchidati, o dalla diffusione dei valori islamici di moderazione, tolleranza e fratellanza umana in Africa e altrove, come nel caso della Fondazione Mohammed VI degli Ulema africani… e questi sono solo alcuni esempi. Altre occasioni sono state utilizzate per mostrare la ricchezza archeologica e la storia profonda del Regno, con la più antica terra abitata dall’Homo Sapiens risalente a 300.000 anni fa (Jbel Igoud, sito scoperto nel 1961, l’ultima volta nel 2017), e per far conoscere le sue numerose istituzioni, come la più antica Università del mondo, Al-Qarawiyyin (a Fez), dove sono passati studenti e professori eminenti musulmani come Ibn Khaldun, il fondatore della sociologia e della filosofia della storia, e i più grandi filosofi e scienziati-architetti della civiltà moderna: Ibn Rushd/Averroè (Re della Ragione), Yahya ben as-Sayegh (Avenpace), il matematico e astrologo Ibn al-Bannae al’Adadi, il geografo Charif Al Idrissi, Hassan Al-Wazzan Al-Garnati, noto come Leone l’Africano, autore di Cosmographia de Affrica, che divenne la Bibbia di tutti i diplomatici europei e degli esploratori mercenari dell’Africa. E poi ancora il grande rabbino e medico ebreo Ibn Maïmone (Maimonide), Papa Silvestro II e migliaia di altri, arrivando fino a Abd Al-Hadi Boutaleb, Allal Al-Fassi, Al-Mahdi Al-Ouazzani, e al-Rhuni. Migliaia di europei vi rimasero per molti anni, e nessuno di loro fu mai costretto ad abbandonare la propria fede, nel massimo rispetto del pluralismo, delle religioni, della libertà di coscienza e di culto. Ho peraltro avuto modo di presentare il monastero di Toumliline, nel Medio Atlante, il primo centro accademico al mondo dedicato al dialogo interreligioso (1956) che ha ospitato numerosi incontri su temi strategici politici, economici, nazionali e universali, dibattuti in un clima di rispettoso dialogo razionale da grandi studiosi, membri dei governi marocchini che si sono succeduti, giovani studenti guidati dal Re, il pensatore, il defunto Hassan II, e da grandi professori del calibro di Aziz El-Hababi, Ahmed Balafraj, dottori della Shari’a come Mohammed El-Fassi, Mohammed Belarbi Alaoui. E accanto a loro Louis Massignon, Louis Gardet, ed Emmanuel Lévinas. Ciò che è più sorprendente è che all’epoca erano coinvolte anche le donne, guidate dalla principessa Lalla Aicha, come ad esempio Fatima Hassar Ben Slimane, e studiose di filosofia nippo-tedesca. Vi parteciparono anche personalità di varia estrazione: sociologi, teologi, ecclesiastici, farmacisti, psichiatri, ingegneri, poeti. Tra loro c’erano anche i difensori liberali della laicità (Louis Fougère, Régis Blachère, che avevano sostenuto l’indipendenza del Marocco). Il defunto Re Mohammed V insisteva per ricevere personalmente i partecipanti alla fine di ogni sessione nel suo palazzo di Rabat. Questo ha dato al monastero fama e dimensione mondiale, al punto da chiamarlo “Spirito di Toumliline”. Questi sono solo alcuni esempi delle magnifiche espressioni delle caratteristiche specifiche del Regno, ricco di diversità linguistica, culturale e artistica; della sua lunga storia basata sul multiculturalismo, sul dialogo e sulla tolleranza, che ha generato il modello marocchino e il suo gemello andaluso e, infine, del suo impegno precoce per il dialogo, al punto da dedicargli una piattaforma accademica pionieristica (Toumliline). È con questo stesso spirito che l’Ambasciata ha recentemente (il 17 Ramadan/marzo 2025) ha organizzato un Iftar (pasto per la rottura del digiuno al tramonto) senza precedenti in uno dei più prestigiosi Palazzi di Roma, con la presenza del Capo del Governo della Santa Sede, Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, una delle figure più ricercate del papato e del Rabbino Capo della Comunità ebraica a Firenze e nella Toscana centro-orientale, un grande attivista per il dialogo interreligioso e la pace in Medio Oriente, con due Stati, e la presenza di un Alto Rappresentante della Lega islamica mondiale, accanto ai Decani del Corpo diplomatico e agli Ambasciatori accreditati in Vaticano e in Italia, eminenti personalità, ONG impegnate nel Dialogo, nella Co-comunicazione, nella solidarietà, e nell’aiuto ai migranti. Con la presenza inoltre di una quarantina di media, che ha permesso all’Iftar di ottenere una copertura mediatica locale e internazionale che ha superato il centinaio di tribune audiovisive, scritte ed elettroniche”.

Torniamo al 2019, anno in cui ha presentato le lettere credenziali a Papa Francesco, e proviamo a descrivere l’emozione che ha provato quel giorno. “Come se fosse ieri, ricordo una straordinaria accoglienza formale, ma anche una calda e toccante ospitalità papale durata, eccezionalmente, quasi un’ora. Al termine di una proficua discussione, Sua Santità Papa Francesco – oggi scomparso, e la cui memoria rimane viva nei cuori di milioni di persone – mi disse con la sua voce appassionata: «Questa porta è sua, venga quando vuole!». E da allora l’ho incontrato molte volte, sempre con lo stesso sorriso, la stessa ospitalità e la medesima premura, e soprattutto con la stessa attenzione e lo stesso desiderio sincero di vedere la visita Reale diventare realtà. Questa qualità dell’accoglienza e dell’attenzione era dovuta a diverse ragioni: alla profonda ammirazione che nutriva per Sua Maestà il Re, per il Marocco, e ai ricordi impressi nel suo cuore relativi all’eccezionale visita nel Regno. Ogni volta che ne parlava, si commuoveva profondamente, con le lacrime agli occhi. Dal 2019, fino alla sua scomparsa, non ha mai smesso di esprimere con entusiasmo la gioia di vedere quella visita portare frutti duraturi”.

C’è un aneddoto che la lega in un modo o nell’altro a Papa Francesco che Le va di raccontare? “I miei colleghi continuavano a chiedermi “perché il Papa ti trattiene più a lungo degli altri Ambasciatori?”. All’inizio ero un po’ spaesata, poi col tempo ho imparato a sorridere e a prepararmi una risposta ironica! Un giorno, data la mia vicinanza a Sua Santità, un pittore marocchino che aveva realizzato un’opera intitolata “Papa e Pace”, mi chiese di consegnargliela personalmente. Quando feci la richiesta, mi fu risposto con fermezza che era assolutamente impossibile. Allora replicai con determinazione: “Se dite che si tratta dell’Ambasciatore del Marocco, vedrete che sarà un sì!”. Infatti, poco dopo arrivò il via libera. Cominciammo a coordinare la data con l’artista con mia grande sorpresa! Il giorno dell’udienza privata – un’occasione quasi leggendaria – l’artista, sopraffatto dall’emozione, tremava, sudava, balbettava e sembrava sul punto di svenire. Potete immaginare l’imbarazzo. Fortunatamente, la mia prontezza non mi abbandonò e, come per istinto, mi immersi nella psiche dell’artista e iniziai a spiegare l’opera, il suo significato profondo, il legame con la pace nel mondo, in un momento in cui tutto sembrava bloccato. Sua Santità non nascose le sue emozioni né la sua soddisfazione. È uno dei ricordi più vivi e preziosi che custodisco del compianto Papa Francesco”.

A proposito del funerale di Papa Francesco, come ha vissuto questo momento solenne? “Ho avuto l’immenso onore di partecipare ai funerali, insieme al Capo del Governo, il Signor Aziz Akhannouch, in qualità di rappresentante di Sua Maestà il Re Mohammed VI, Amir Al-Mouminine. La cerimonia, come sapete, ha avuto luogo in Piazza San Pietro, alla presenza di numerosi Capi di Stato e di Governo, giunti da tutto il mondo per rendere l’ultimo omaggio a questa eccezionale figura spirituale. È stato un momento di riflessione e di profonda emozione. Il silenzio, la preghiera, l’universalità dei presenti, tutto rifletteva la portata mondiale di questo pontificato. Papa Francesco, chiamato a Dio all’età di 88 anni, ha segnato profondamente i nostri tempi con la sua visione, la sua umiltà e il suo impegno per la pace, il dialogo tra le religioni e verso i migranti”.

Come ha reagito Sua Maestà il Re Mohammed VI a questa perdita? “In seguito alla scomparsa del Sommo Pontefice, Sua Maestà il Re Mohammed VI ha indirizzato un messaggio di cordoglio e compassione a Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio. In questo messaggio, intriso di umanità, il Sovrano ha espresso la sua profonda tristezza e commozione per la perdita di un grande uomo di fede, che ha dedicato la propria vita al servizio degli ideali universali di pace, libertà, solidarietà e dignità umana, con una particolare attenzione alla famiglia, alle persone in situazione di precarietà e ai migranti. Valori e preoccupazioni che rispecchiano pienamente l’impegno costante di Sua Maestà Il Re Amir Al-Muminine, nella promozione di una società più equa e solidale. Sua Maestà ha anche ricordato, con grande rispetto, la storica visita di Sua Santità in Marocco nel marzo 2019. Una visita che rimane impressa nella nostra memoria: e che ha costituito una svolta fondamentale nelle relazioni tra il Regno e la Santa Sede, contribuendo profondamente a rafforzare il dialogo interreligioso e la comprensione reciproca tra musulmani e cristiani”.

Professore di diritto e autore di 12 libri. Cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera diplomatica? C’è una personalità che ha influenzato particolarmente la sua scelta? “In realtà, la diplomazia ha molte sfaccettature, una classica e altre parallele. Come professore, ho girato il mondo e tenuto seminari e conferenze nelle Università più prestigiose, cito: Harvard, Massachusetts, Al Qarawyine, Abu Dhabi, Al Khobar, Al-Jubail, Al-Madinah, Arizona, Azzaytouna, Al Azhar, Buenos-Aires, Cairo, Columbia, Damasco, Dubai, Georges Town, Istanbul, Jeddah, Kalamazoo, Los Angeles, Makkah, Michigan, Monastir, Montreal, Riyadh, Rosario, Soussa, Tabarka, Tunisi, Università di Londra, School of Law, Middele Sex University, SOAS, Westminster, University of Heart, Muslim Institute in London, Edinburg University, Ruanda, Ghana, Togo. In tutte queste “escursioni” scientifiche, ho ritenuto necessario il confronto con le persone, scambiare pareri, dialogare, discutere, convincere, esporre idee per il pubblico, ricevere domande, affrontare reazioni anche imprevedibili con annesse stranezze del caso. Ritengo infatti che, se non si ha il senso e l’arte di navigare e conversare, il rischio di sentirsi a disagio è enorme. Per quanto riguarda la mia nuova carriera, quella diplomatica, è stata una scelta esclusiva di Sua Maestà il Re Mohammed VI. Data la lungimiranza di un Re visionario, ho ritenuto che la sua scelta fosse tutt’altro che casuale. Quindi, fin dall’inizio, ho sentito il dovere di trarne insegnamento e di adempiere ai miei obblighi patriottici!”.

Di fronte alle gravi crisi internazionali in tutto il mondo, molti si chiedono oggi quale sia il vero ruolo della diplomazia. “La diplomazia tradizionale ha certamente raggiunto un’impasse, a causa dell’aumento della violenza orchestrata dalle forze statali e dai loro derivati, le milizie armate. Di conseguenza, la diplomazia necessita di una revisione e cerca altre alternative. In altre parole, una diplomazia delicata, religiosa e spirituale che ponga l’accento sul significato, sull’umanesimo, sulla moralità, sull’accettazione dell’altro, sulla solidarietà umana. In breve, la pace e la convivenza. Per contrastare le crisi, a mio avviso ci sono praticamente solo due leader religiosi nel mondo: il Re del Marocco, che gode dello status di Comandante dei Fedeli (protettore di tutte le fedi e i credenti) e non risparmia sforzi per ristabilire la pace; e il Sovrano Pontefice che, da parte sua, lavora per la pace nel mondo e per le buone cause”.

In definitiva, qual è il suo ricordo più bello legato a questa esperienza di Ambasciatore accreditato presso la Santa Sede? “Francamente, non ho che bei ricordi, a partire proprio dal posto occupato dal mio Paese in tutti gli ambiti ufficiali con i quali sono entrata in contatto. Ogni volta che vengo presentata, la reazione è sempre la stessa: “oh, il Marocco!”, un’esclamazione ovviamente legata alle particolarità di una civiltà come la nostra, alla sua cucina, ai suoi sapori, ai suoi colori illustri, ai suoi caftani, alla sua storia. Potremmo parlare di un modello marocchino unico, segnato dalla tolleranza, dal senso civico, dal dialogo, dall’apertura. Un modello marocchino che, tra l’altro, ha prodotto il modello andaluso. Di enorme rilievo anche il privilegio e l’ammirazione di cui gode sempre Sua Maestà il Re, è il caso sia del defunto Hassan II che di Sidi Mohamed VI. Insomma, che sia il Vaticano, l’Ordine di Malta o l’Italia, tutta la sfera diplomatica racconta ricordi, ed esprime ammirazione o racconta pensieri su queste due notevoli personalità, ognuna delle quali ha fatto scuola”.

Lei è stata la prima donna a tenere i tradizionali “Colloqui del Ramadan” alla presenza del Re, del Governo, del Corpo Diplomatico e degli Ulema (pensatori) di tutto il mondo. Una grande soddisfazione. “Secondo analisi e commenti è stata una delle conferenze di maggior successo. Non a caso è stata classificata dalle Autorità competenti come una delle cinque migliori nella storia di questa gloriosa tradizione! Cosa aspettarsi di meglio?”.

Quale contributo sta dando oggi il Marocco alla pace e alla stabilità nel mondo? “L’ho sempre detto, a mio avviso ci sono solo due leader religiosi, protettori dei valori umani, al mondo: il Sommo Pontefice e l’Amir Al-Mouminine (Comandante dei Fedeli), il garante dell’Islam moderato, della via di mezzo, della tolleranza, del dialogo e della libertà di culto per tutte le credenze. In virtù di questa qualità, Egli sta già contribuendo al consolidamento della pace attraverso molti stratagemmi, e mi limiterò a citarne alcuni per le loro particolarità: gli sforzi compiuti per prosciugare le fonti dell’estremismo alle loro radici. E questo in parallelo con gli sforzi politici, di sicurezza ed economici. Vale la pena ricordare le strategie di sicurezza e di lotta al terrorismo, che hanno fatto del Marocco un pioniere e un partner essenziale ricercato da tutto il mondo. Va notato, ad esempio, che l’Imarate Al-Mouminine ha creato una serie di istituzioni costituzionali e di altro tipo, come il Consiglio Supremo degli Ulema, i dottori della legge musulmana, che ha il diritto esclusivo di emettere Fatwa, ovvero decisioni, decreti o pareri legali sulle innovazioni. C’è anche l’Istituto Mohammed VI per la formazione degli Imam e dei predicatori e la Fondazione Mohammed VI per gli Ulema africani, come già detto. Le missioni degli ultimi due enti sono di promuovere la moderazione, la tolleranza, la fratellanza umana, l’apertura agli altri, il dialogo e l’accettazione della diversità come fonte di ricchezza. Per fare qualche esempio, Papa Francesco, che conosceva le qualità dell’Imarate Al-Mouminine, il suo giusto valore e i suoi benefici, mi ha detto in più occasioni che contava su Sua Maestà per garantire la protezione dei cristiani, soprattutto in Africa, in particolare nel tumultuoso Sahel”.

C’è un aspetto culturale del suo Paese che vorrebbe far conoscere meglio? “Oh, moltissimo, visto che è una delle due Monarchie più antiche del mondo (accanto al Regno Unito) e ha saputo mantenere la sua struttura per ben tredici secoli, “accumulando” tradizioni uniche a ogni livello. È impossibile elencarle tutte, ma mi limiterò a citarne alcune: dal punto di vista culturale, da quando era il Regno di Mauritania (più di 1.000 anni a.C.), poi la Mauritania Tingitana (contrapposta alla Mauritania Cesariana, che occupava le attuali Algeria e Tunisia) e fino ai giorni nostri, i marocchini sono sempre rimasti fedeli ai loro valori intrinseci: indipendenza, orgoglio (Leoni dell’Atlante), moderazione, apertura, convivenza, ospitalità. Da lì, nessun potere ha potuto dominarli o cambiarli. Quando è arrivato l’Islam, i marocchini hanno trovato i valori di equilibrio, correttezza, equità, libertà, tolleranza, dignità, accettazione degli altri, valori che vanno di pari passo con le loro autentiche e radicate peculiarità. Da allora, lo hanno consapevolmente e cordialmente abbracciato. Passando all’ospitalità c’è da dire che ogni visitatore del Marocco rimarca sempre le stesse impressioni e sensazioni, restando sorpreso dall’accoglienza, dal sorriso, dalla gentilezza, dalla generosità, dalla qualità della vita, e anche dal costo e dal suo calore. Per quanto riguarda il dialogo, a proposito delle profonde radici nel Regno, mi limiterò a tre esempi: l’Università Al Quaraouiyine, la più antica del mondo, costruita da una donna (8779), che da secoli accoglie grandi nomi della storia, dalla medicina alla matematica, all’astronomia, alla filosofia, alla teologia. Era consuetudine che studenti e professori si confrontassero nei dibattiti più spinosi, e nessuno di loro fu mai chiamato a cambiare le proprie convinzioni. Non è quindi strano che il Marocco moderno sia stato il primo a istituire un’Accademia dedicata al dialogo: Toumiline. È questo grazie al clima, ai costumi e alle tradizioni profondamente radicate che favoriscono il libero scambio e il dibattito. Va inoltre ricordato che, durante il Decennio Nero e la carneficina in Algeria, non sono stati risparmiati sacerdoti e suore, tutti portati nei loro monasteri di Tibhirine e Bab El Oued (maggio 1994-novembre 1995). Infatti, è nel monastero di Notre-Dame de l’Atlas a Midelt che gli unici due sopravvissuti hanno trovato rifugio, e lì hanno trascorso pacificamente il resto della loro vita in totale armonia e convivialità con la popolazione locale (uno di loro è stato ricevuto da Papa Francesco durante la sua visita in Marocco). Questi esempi sono simboli di ospitalità, tolleranza e accettazione dell’altro. Sulla qualità della vita oserei dire che è la migliore, in termini di calore umano, solidarietà familiare e sociale, accoglienza, sicurezza, e anche costi. La prova è che molti europei e americani scelgono il Marocco per vivere o per andare in pensione. Nell’architettura e nella decorazione è tipico poi lo stile marocchino-andaluso. E ogni dinastia ed epoca è descritta dalle sue caratteristiche architettoniche distintive, dall’epoca mauritana (A.J. ), quando i Romani passarono senza dominare, ma lasciando la loro impronta, fino agli Idrissiti, agli Al-Moravidi, agli Al-Muahhad (al-muwaḥḥidūn), ai Merinidi, ai Wattassidi, ai Sadiani e poi agli Alawiti. Su questi temi gli specialisti sanno come districarsi, ma possiamo parlare di una combinazione ineguagliabile di architettura e ornamenti. Basta visitare alcuni siti storici (ad esempio Torre Hassan, Koutoubia), archeologici (Walili, Challa) o anche moderni (Moschea Hassan II a Casablanca, Sukaina a Rabat), Kasba, Ryad per farsi un’idea delle caratteristiche architettoniche e della bellezza incarnata. Nell’abbigliamento, il caftano marocchino, con la sua iconica eleganza, racconta il numero di secoli che ha attraversato e le evoluzioni delle potenti civiltà imperiali che ha segnato. Da solo racconta l’affascinante storia di un millenario Impero Cherifiano, tanto da trascendere le dimensioni del tempo e della geografia. La cucina marocchina, anch’essa profondamente radicata, è famosa per i suoi distinti sapori autentici e per la sua grande diversità: couscous, Tagine, Pastillas, Méchoui, Mrouzia, Tride, Rfissa, Tangia e Harira. E soprattutto per la genialità della combinazione di piatti salati e dolci, di spezie particolari, di estratti di fiori e rose locali… che generano sapori senza eguali! Non è quindi un caso che la cucina marocchina abbia vinto il premio 2024 come migliore nel mondo. Nelle arti, la musica classica (aristocratica e popolare Malhoune) e la musica moderna, il folklore, i canti soufis testimoniano la diversità e la ricchezza del patrimonio artistico e sono paragonabili alla diversità geografica e alla ricchezza culturale di migliaia di anni”.

Se dovesse descrivere gli ultimi tre decenni di storia del Marocco, su cosa si concentrerebbe? “Mi concentrerei sulle rivoluzioni socio-economiche: il Regno del Marocco ha raggiunto un tasso di sviluppo senza precedenti, in particolare nell’industria automobilistica, aeronautica e navale. Basta sapere che tutti gli aerei che sorvolano lo spazio aereo nel mondo trasportano componenti meccanici fabbricati in Marocco, oggi primo Paese arabo in questo campo. In termini di produzione di automobili, il Marocco si colloca invece tra i primi 20 al mondo. Nell’industria navale e nella riqualificazione delle coste è stato avviato il più grande cantiere dell’Africa, dedicato alla manutenzione, alla riparazione, alla produzione e all’esportazione di navi, così da preparare il Marocco a diventare il leader continentale dell’ingegneria navale. Come piattaforma portuale, il Marocco è già dotato di mega-porti all’avanguardia, come Tangeri-Med, uno dei 17 porti container più grandi del mondo, Nador West-Med, Casablanca e il Mega-Dakhla in corso di realizzazione. Questi sono solo alcuni esempi. Nelle energie rinnovabili e nell’impegno ecologico si lavora su energia solare, energia eolica e idrogeno verde decarbonizzato. Per illustrarne la portata, basti considerare che il Marocco ha appena acquisito la più grande centrale solare del mondo (Nour Ouarzazat e diverse altre fattorie a Laayoune e Boujdour). Per quanto riguarda la solidarietà continentale, inaugurate da oltre 50 fruttuose visite reali nell’Africa subsahariana (2014-2018) e dal ritorno nell’Unione africana (30 gennaio 2017), il Marocco sta adottando strategie di sviluppo congiunte basate sul Win-Win, sulla cooperazione Sud-Sud, sull’equilibrio e sulla fiducia, la cui influenza internazionale è molto apprezzata, in modo da posizionare il Regno come attore centrale nella stabilizzazione della regione nordafricana e sahelo-sahariana, ma anche come secondo investitore locale in Africa. E così, grazie alle profonde radici delle relazioni marocchino-africane e alla fiducia secolare nell’Imarat Al-Mouminine, si è improvvisamente messo in moto un modello diplomatico salutare, che ha dato un forte impulso alle relazioni e ha permesso di superare gli ostacoli stagnanti a breve termine. In qualità di Amir Al-Mouminine e di Presidente del Comitato Alqods, Sua Maestà il Re Mohammed VI ha avuto il genio di concordare e firmare con Sua Santità Papa Francesco, durante la sua storica visita in Marocco, il 30 marzo 2019, l’“Appello Alqods”, mettendo in relazione le loro qualità di leader religiosi. L’Appello mira a preservare e promuovere il carattere speciale di Alqods come città multiconfessionale, con il suo aspetto spirituale unico e la sua identità distinta di città santa, dove i credenti delle tre religioni pregano fianco a fianco”.

In definitiva, se dovesse descrivere il Marocco con pochi aggettivi, quali userebbe? “A livello interno pacifico, multidimensionale e globale. A livello internazionale, direi impegnato per la pace nel mondo e la salvaguardia della moderazione e dei valori umani. Nelle relazioni internazionali il Marocco lavora per avere legami equi, basati su partenariati Win-Win”.

Cambiando argomento, quale emozione ha provato nel vedere affacciarsi a San Pietro il nuovo Papa, Leone XIV? “Si tratta di un momento di grande importanza storica, che segna una transizione intrigante e che solleva molte domande sulla continuità. Eppure, non appena sono stati annunciati il nome e la scelta del soprannome del nuovo Papa, si è instaurata una sorta di calma. Una calma basata sulla scuola di appartenenza, sulla sua formazione intellettuale e spirituale, profondamente influenzata da Sant’Agostino, e sulle qualità personali del nuovo Papa: moderazione, apertura mentale e un sincero impegno nel dialogo interreligioso. La tradizione agostiniana è nota per l’importanza che attribuisce alla giustizia, alla pace, alla comunità, alla carità, alla verità e alla ricerca del bene comune. Tali virtù sono destinate a ispirare un governo equilibrato e ponderato, e a guidare il nuovo Pontefice nel gettare i semi della riconciliazione, della pace, dell’ascolto e del dialogo, sia all’interno della Chiesa che al di fuori. La mia gioia è molteplice e giustificata dalla comunione di valori e principi immutabili del Regno del Marocco, fedele alla sua eredità di tolleranza, coesistenza pacifica, dialogo tra culture e religioni, multiculturalismo, cooperazione, solidarietà e fratellanza umana. Questi valori, incarnati da Sua Maestà il Re Mohammed VI, Comandante dei Fedeli, sono stati naturalmente ripresi nelle calorose congratulazioni rivolte al nuovo Papa. Come i suoi gloriosi antenati, il Sovrano marocchino lavora instancabilmente per la pace, il dialogo e la comprensione tra le religioni e le soluzioni pacifiche ai conflitti. Grazie a questi valori e all’impegno costante, il Marocco è diventato una vera terra di tolleranza, dove minareti e campanili condividono talvolta gli stessi orizzonti. Questo momento storico mi ispira e mi impegna, come donna, musulmana, marocchina, portatrice di questi valori nel mio DNA, a costruire ponti, a coltivare l’empatia, a difendere instancabilmente la dignità umana, la giustizia e la pace. Attraverso gli occhi pacati e sensibili del nuovo Papa, emergono rigore e responsabilità, la responsabilità di avvicinare le persone, di ascoltare, di andare verso gli altri, verso l’ignoto, di dialogare. In breve, questa è una rinnovata opportunità per rafforzare la convivenza e dare nuovo impulso al dialogo interreligioso, in un mondo che ne ha più che mai bisogno”.

Concluderei questa intervista dando alcuni consigli di viaggio a chi desidera visitare il Marocco come turista. “Se lo visitate per la prima volta, rimarrete sicuramente stupiti dalla bellezza di un Paese illustre, e non mancherà l’amore a prima vista, per il suo fascino contraddistinto da molteplici colori e divergenze: diversità geografica: tra verdi paradisiaci e sgargianti, e notti in bivacco per vivere appieno lo spirito del deserto, deserti anch’essi diversificati e meravigliose dune di sabbia (tra il dorato e il bianco come la neve) con un’alba rinomata (Merzouga…), l’Ouazis, il Dades, Toudgha, Ercole, le grotte di Friouato, le alte cascate: Ouzoud, Akchour Asserdoun, Sefrou. Tra coste esaltate da sabbie dorate, addirittura bianche come la neve (Tiznit, Dkhla); tra mari azzurri e un cielo blu brillante tutto l’anno, le Onde di Dakhla, un paradiso per gli sport acquatici; tra generosi altipiani verdi e creste (Toubkal, 4. 167 m di altitudine, il più alto del mondo). 167 m di altitudine, il più alto del Nord Africa) vestite, come tutte le catene dell’Atlante e del Rif, di neve bianca, abbagliate dalla limpidezza di un cielo sempre azzurro, che offrono: escursioni, agriturismo, sci, bagni di sole… Insomma, una diversificazione senza pari! Diversità di Città Imperiali, ciascuna con uno stile distinto, ciascuna che memorizza e richiama l’architettura e le specificità di una Dinastia, di un’Epoca! da Marrakech a Fez, Meknes, Rabat (città di luci e di verde abbagliante), Casablanca, Ouarzazat, Agadir, Tangeri, Tetouan, fino a Ifrane, Chefchaoun, Ouazzane, Tinghire, Azilal, Irfoud, Rissani, Dakhla, Laayoune… Fino alle città archeologiche fenicie (Walili, Challa, Essaouira/Mogador).Ognuna rappresenta a modo suo il Marocco multiplo! Diversità culinaria: basterebbe ricordare la sua distinzione, ma anche la sua singolarità, la sua ricchezza, i suoi sapori. In breve, il Marocco dei colori e della diversità”.

Intervista di Marco Finelli

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