“In Bulgaria oggi molte persone si domandano, io per primo, quale storia raccontare e rappresentare del nostro Paese. Numerose voci chiedono la cancellazione dei segni del passato di un regime disumano, proprio lo stesso, del resto, che ci ha insegnato a cancellare la memoria. Il colloquio di oggi è volto a riflettere e a cercare di capire come rapportarsi con la memoria in senso generale”: con queste parole S.E. Bogdan Patashev, Ambasciatore di Bulgaria presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta ha aperto i lavori di una interessantissima conferenza, che si è tenuta a Roma, nell’Aula Magna della Pontifica Università Gregoriana, alla presenza di numerosi diplomatici, autorità, religiosi e giornalisti.
Dopo i saluti introduttivi del Rettore Nuno da Silva Gonçalves e di Anastas Gerdjikov, Rettore dell’Università di Sofia “San Clemente d’Ochrida”, ricchi di spunti sono stati gli interventi di Roberto Regoli, Direttore del Dipartimento di Storia della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, che si è soffermato sul tema de “La Memoria della città, e l’uso della toponomastica di Roma tra città religiosa e città laica”, Luca Ponchiroli dell’omonimo Archivio Ponchiroli, che ha aperto un focus sui segni commemorativi lasciati sul territorio dal regime comunista in Bulgaria, a partire dal 1944, presentando il portale telematico “Testimoni di pietra” (witnessesofstone.com).
A moderare i lavori Stefano Benazzo, scultore, fotografo di relitti di navi spiaggiate, costruttore di modelli architettonici di monumenti di culto, già Ambasciatore della Repubblica italiana in Bulgaria, il quale ha parlato di “memoria come trama della storia, ma anche come trauma della stessa”.
“Non siamo solo noi in Bulgaria ad avere difficoltà a trovare vie serene e lucide verso la memoria – ha detto l’Ambasciatore Patashev, aggiungendo – l’anno scorso abbiamo avuto un’ondata di desiderio di cancellazione del passato a fronte della quale tante statue sono state abbattute in molte parti del mondo occidentale. Nella guerra in corso si adopera la stessa propaganda. Parlare serenamente di questi temi sembra a volte molto difficile o quasi impossibile, ed ecco perché abbiamo organizzato questo colloquio sulla memoria, pensandolo come momento di confronto in uno degli spazi privilegiati per la ricerca della verità: l’Università”.