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“L’inspiegabile arcano del Vertice europeo. Vera difesa o semplice business?”, l’Editoriale di Bruno Scapini

Redazione by Redazione
7 Marzo 2025
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“Israele e la parte sbagliata della Storia”, l’Editoriale dell’Ambasciatore Bruno Scapini
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Qualcosa non convince del Vertice europeo appena conclusosi. Al gran clamore che lo aveva preceduto – allorché l’Europa, trovatasi improvvisamente debole e indifesa davanti alla conclamata prossima aggressione russa, sembrava non avere altra scelta se non quella del suo stesso riarmo – ha fatto ora seguito solo la notizia, peraltro accolta non senza sconcerto, che il Consiglio europeo ha approvato, e pure in gran fretta, un maxi-piano di spesa di 800 miliardi di euro per la militarizzazione.

Quello che sorprende di questa insolita vicenda, oltre all’assoluto disprezzo delle più elementari regole di democrazia parlamentare, è che nulla, invece, si sarebbe deciso a Bruxelles circa il vero progetto di difesa, ovvero quello che avrebbe dovuto dotare l’Unione non solo delle risorse finanziarie in misura idonea a far fronte al riarmo in sé, ma anche delle strutture e apparati necessari al fine di adeguare il sistema all’esigenza di una sua efficace centralizzazione. Un aspetto, quest’ultimo, assolutamente imprescindibile per rendere la difesa veramente operativa e funzionale. Trattasi di questioni di coordinamento logistico, di interoperabilità delle varie unità e soprattutto di efficienza della catena di comando. Questioni che avrebbero dovuto essere prese in considerazione, almeno in via incidentale, per una successiva fase decisionale.

Per contro, nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Ci si sarebbe limitati a stabilire il maxi-stanziamento di 800 miliardi di euro, con le sue fonti di approvvigionamento, e a prevedere una flessibilità di massima in termini di bilancio onde legittimamente derogare alle regole del “fiscal compact”. E sì, perché separare le spese per il riarmo dal “Patto di Stabilità” alleggerirebbe il peso del deficit bastando un sapiente virtuale giochino di prestigio per non farle figurare come partita negativa!

In realtà, la questione della costruzione di una difesa europea implicherebbe molto di più che uno stanziamento finanziario, ancorché elevato, per investire – come si evincerebbe dalla logica usata da Bruxelles – il campo ben più delicato e impegnativo della deterrenza nucleare. Tale aspetto, infatti, assumerebbe un rilievo del tutto prioritario qualora si volesse mettere l’Europa al riparo da probabili quanto fantomatiche “aggressioni” da parte di una Russia non ancora sazia del Donbass; e ciò in quanto un tale sviluppo implicherebbe sul terreno militare la realizzazione di nuovi equilibri strategici di cui la difesa europea dovrebbe necessariamente tener conto, sia con riferimento a un possibile disimpegno dall’Europa preannunciato dell’America di Trump, sia per poter tener testa ad una superpotenza nucleare del calibro della Russia.

A questo punto una riflessione sarebbe d’uopo. Basterebbe l’ombrello atomico che Macron, in uno slancio di generosa “grandeur”, avrebbe assicurato agli europei per garantirne la indipendenza militare? Certamente no. La differenza nel numero delle testate nucleari di cui le parti dispongono lo confermerebbe di larga misura. Il che, in una prospettiva di scontro tra Bruxelles e Mosca, renderebbe indispensabile per gli europei appoggiarsi ancora agli Stati Uniti. Ma questa volta con un rischio in più: che la protezione nucleare della Francia potrebbe pericolosamente esporre tutta l’Europa al rischio di una rappresaglia atomica in virtù della nuova dottrina russa sulla deterrenza nucleare. A termini di quest’ultima, infatti, si equiparerebbe la minaccia proveniente da una potenza non nucleare (vedasi per esempio il caso dell’Ucraina) a quella di una potenza nucleare qualora la prima fosse da questa sostenuta e appoggiata.

Alla luce, quindi, dei gravissimi rischi che tali sviluppi verrebbero a comportare sul piano della sicurezza continentale, dovremo augurarci che a Bruxelles si siano veramente limitati ad imporre – benché onerosissimo per i popoli europei – un altro esercizio di deficit di bilancio – dopo quello pandemico – a tutto beneficio questa volta del complesso “industrial-militare”. Una spesa di cui noi italiani avremmo fatto sinceramente a meno considerate le prioritarie esigenze della cittadinanza in cruciali settori della vita sociale del Paese. Mentre, infatti, la sicurezza europea dipenderà ancora in futuro, anche se a costi più alti, dagli Stati Uniti – i quali difficilmente vorranno perdere completamente il controllo sull’Europa in nome di un ritorno ad un “imperfetto” isolazionismo – gli effetti della militarizzazione si preannunciano fin da ora pesantissimi per i popoli europei. Se nell’immediato questo esercizio di spesa aumenterà l’indebitamento degli Stati, sottrarrà risorse a settori cruciali quali sanità, stato sociale, scuola, agricoltura ecc., e eroderà ulteriori spazi alla sovranità nazionale (con trasferimento di competenze per la Difesa agli organi decisori non eletti di Bruxelles), nel medio-lungo periodo sarà lecito ipotizzare un rafforzamento del ruolo dell’asse franco-tedesco – per ovvie ragioni connesse alle dotazioni industrial-militari dei rispettivi Paesi – con tutti i rischi implicati da un eccessivo accentramento di potere decisionale a Parigi e Berlino di cui la Storia più recente ci ha già offerto ampia e drammatica testimonianza.

Ma c’è un aspetto, oltre quello dei giusti equilibri da mantenere sul piano dei rapporti tra Stati membri nel campo della difesa, che dovrebbe preoccupare: come potremo fidarci di Ursula von der Leyen per una gestione di fondi che si annuncia particolarmente golosa e profittevole considerati gli spiacevoli precedenti di cui la Presidente della Commissione ci ha resi testimoni? E’ doveroso ricordare al riguardo i sospetti di malagestione nell’affare del 2019, allorché ricopriva la carica di Ministro della Difesa del suo Paese, e il caso giudiziario insorto più recentemente a seguito dei suoi intrighi con Pfizer per l’acquisto di vaccini nel pieno della crisi pandemica da Sars Cov 2.

Viene il sospetto a questo punto, che si tenti sempre in politica di premiare chi delle cattive esperienze abbia fatto giusto tesoro!

Bruno Scapini

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