Sebbene ammorbidito da reiterati riferimenti ai valori che accomunano storicamente Europa e Stati Uniti, il discorso tenuto da Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza assume, a ben guardare, tutti i tratti di una vera e propria requisitoria all’indirizzo dei leader europei.
La denuncia circostanziata di recenti episodi che hanno visto i Governi europei in netto arretramento sul terreno della democrazia (l’annullamento delle elezioni in Romania, i vari casi di censura per opinioni libere espresse, la criminalizzazione delle preghiere nel Regno Unito in prossimità di cliniche per l’aborto ecc.) è l’elemento chiave per contraddistinguere ed evidenziare quelle implicature intenzionali della nuova Presidenza americana intese ad indurre l’Europa ad abbandonare quel pericoloso processo di deriva autocratica a guida progressista adottato sotto pressione della precedente Amministrazione Biden.
Ed è proprio questo l’intento che traspare dalle parole del Vice Presidente americano. Parole chiare, irrefutabili e intelligibili a chiunque. E strano a dirsi, è proprio l’Europa, quell’Europa caduta vittima delle forze espresse dal “Deep State” americano a restare oggi ingabbiata dalle sue grinfie a dispetto della lotta avviata da Trump per contenerne e limitarne la capacità di sopraffazione.
Dall’atteggiarsi perplesso delle sue leadership, si deduce chiaramente come l’Europa si trovi ora completamente spiazzata dalle nuove proposte d’oltre oceano. E l’invito di Vance ai Governi europei ad “ascoltare la voce dei popoli e degli elettori, anche se contraria al loro pensiero”, suona come un serio monito a non abbandonare la via della democrazia compromessa dalla repressione ancora in atto nel vecchio Continente di qualsiasi voce dissenziente.
Comprensibile, quindi, nella nuova visione proposta da Vance, come questi leader europei, prima svendutisi a interessi allineati su consimili posizioni della precedente Amministrazione Biden, si ritrovino oggi, vis-à vis alla nuova America di Trump, disorientati, smarriti e perfino increduli. I vari Scholz, i Macron di cui l’Europa in veste progressista si è costellata, ora non sanno più a chi credere; se cioè restare ancorati alla immota visione della proposta globalista, rischiando di perdere il sostegno della Casa Bianca, o se adeguarsi ai nuovi venti che spirano da Ovest senza tuttavia perdere la faccia per un repentino cambiamento di bandiera facilmente scambiabile per un inconsulto atto di remissione. Trump, del resto, ha ben compreso il gioco del “Deep State”. Questo, non trovando ormai più valida base di appoggio negli apparati istituzionali – tutti posti sotto la impietosa scure del controllo finanziario del DOGE (Dipartimento per l’Efficienza Governativa) – e incapace così di reagire ad un Presidente programmato per sradicarlo attraverso un’azione di profonda epurazione dell’intera Amministrazione federale, opererebbe ora indirettamente avvalendosi di quegli stessi circoli politici europei, precedentemente conquistati, che stentano a ravvedersi scambiando, in un macroscopico maldestro travisamento delle realtà storiche, totalitarismo con democrazia e ponendo la Russia, tradizionalmente anti-nazista, sullo stesso piano valoriale del nazismo. Emblematico, peraltro, di tale sconsiderata visione politica sarebbe proprio il recente dissennato riferimento fatto alla Russia da Mattarella (discorso all’Università di Marsiglia), nel quale la accusa in maniera del tutto irresponsabile e scriteriata di voler fare del suo intervento militare in Ucraina un progetto di conquista e di dominazione in Europa.
Vance, in questa prospettiva fa così chiaramente intendere la contrarietà americana alla linea seguita dall’Unione Europea, soggetto oggi in profonda antitesi con Washington; e lo fa non menzionandola espressamente in nessun angolo del suo discorso, ma ricordando ai suoi leader che la vera minaccia per l’Europa non è la Russia, né la Cina, né nessun altro attore esterno. La minaccia – chiarisce Vance con manifesta limpidezza di pensiero – proviene invece dal suo stesso interno. E addita, quale unico vero fattore di rischio, proprio l’arretramento democratico che egli rimprovera apertamente agli europei. Il non accettare le forze dell’opposizione, il non ascoltare la voce di colui che dissente è – afferma Vance – sintomo di paura dei propri elettori e se si ha paura – aggiunge ancora Vance – il mandato politico diventa fragile ed effimero.
Dunque, se collochiamo il discorso del Vice Presidente americano in questo contesto prospettico di innegabile efficacia critica, appare chiaramente come esso assuma un portato di rilievo storico irrecusabile. E’ come se la Storia esprimesse se stessa pro-gettandosi in un nuovo piano di organizzazione delle dinamiche euro-atlantiche. E quanto prospettato da Vance nella sede di Monaco, in previsione di un nuovo ordine mondiale di sicurezza, in fondo ne riassumerebbe contenuti, indirizzi e soprattutto metodo di lavoro. Un metodo rappresentato dalla regola del “common sense”, quel “buon senso” cui reiteratamente si riferisce Trump e in base al quale afferma di voler ricercare la soluzione ad ogni crisi. E’ l’era della ragionevolezza che, dunque, oggi si apre e che deve guidare i leader politici nell’azione perché questi possano riflettere gli interessi dei popoli e parlino con la loro stessa voce. E da questo “buon senso” – di cui si sono fatti interpreti sia Trump che Putin in occasione del loro primo recente colloquio telefonico – non c’è modo di tirarsi indietro. Non esiste giustificazione al suo diniego. È un principio irrecusabile, tanto semplice nella sua accezione semantica quanto condivisibile da parte di una intera collettività. Non c’è apoditticità nelle soluzioni che il “buon senso” suggerisce, bensì sapienza, prudenza, saggezza, equilibrio e ponderatezza. Un principio tanto lineare nella sua primitiva naturalezza che non induce a ripensamenti sulla adottabilità delle soluzioni che da esso derivano.
Il monito di Vance alla vecchia Europa, tutt’oggi invischiata in vizi concettuali che ne limitano il progresso delle idee, è dunque un invito al ravvedimento operoso. Ovvero un consiglio a riflettere sui propri destini di democrazia evitando di farsi indurre da oscure forze globaliste ad una pericolosa rinuncia alle proprie libertà.
Ma c’è dell’altro ancora nelle parole di Vance: esse sono anche un chiaro suggerimento alle leadership europee ad ascoltare la voce dei movimenti dissidenti, di quelle forze disallineate, cioè, che per qualificarsi come “anti-sistema” sono tuttora oggetto di provvedimenti censori adottati per tema di una loro ridondanza politica. Forze che, anziché essere relegate ai margini del dibattito politico, dovrebbero al contrario essere ad esso ammesse per garantire quella condizione di stretta contiguità della politica agli interessi del cittadino.
Nessuno, e a questo punto è lecito pensarlo, si sarebbe aspettato qui in Europa di ricevere da Vance una vera lezione di democrazia!
Bruno Scapini