Imprenditore nel campo dell’edilizia, di origine piemontese, Piergiorgio Devalle è Presidente del Comites di Johannesburg. In Sudafrica dal 1987, Paese che ha scoperto grazie alla moglie Cristina, da sempre si spende in lungo e largo per la Comunità dei connazionali, animato dal desiderio di mantenere intatta la loro “italianità”.
Davvero encomiabile il suo impegno che, negli anni, lo ha portato a diventare un vero e proprio punto di riferimento sul territorio. “Ora che i miei figli Marco e Chiara sono andati a vivere all’estero, uno a Londra e l’altra a New York – ci spiega – mi trovo con un po’ di tempo a disposizione, e voglio dedicarlo alla mia Comunità”. Tante le iniziative messe in campo, volte soprattutto al lodevole obiettivo di creare quanto più possibile punti di aggregazione, preservando storia e tradizioni, e tramandando la memoria, “un dovere”, dice lui, verso le nuove generazioni.
Entrato nel Comites nel 2015, Devalle fa parte anche del Comitato del Club Italiano di Johannesburg e del board di “Casa Serena”, residenza per gli anziani
italiani. Appassionato di sport, sovente torna in Italia attratto dal richiamo irresistibile della neve e delle montagne legate alla sua terra d’origine, Murazzano, comune dell’Alta Langa, in provincia di Cuneo.
Devalle, cosa significa per lei rappresentare, in qualità di Presidente del Comites, la Comunità italiana che vive in Sud Africa? “Anzitutto tengo a precisare che il Comites di Johannesburg, che comprende le province di Free State, Gauteng (escluso il distretto di Pretoria), Kwa-Zulu Natal, Limpopo, Mpumalanga, North West Province, insieme ai Comites di Pretoria e di Cape Town rappresenta i circa 50mila Italiani iscritti all’AIRE del Sudafrica. La comunità di connazionali più numerosa si trova proprio nella città di Johannesburg, dove vivono circa 35mila connazionali. Chiaramente, sono molto orgoglioso di poter rappresentare gli italiani che sono qui, assieme a tutto il Comitato. Anche a fronte della lontananza dal Paese di origine, ritengo che il nostro lavoro sia molto importante per rafforzare sempre più il legame con l’Italia. Una vera e propria missione questa per me, per l’amore che da sempre nutro verso il mio Paese. L’idea che, anche se a volte “fatico” parecchio, il mio operato possa essere in qualche modo d’aiuto per qualcuno, mi riempie di grande soddisfazione. Mi creda, quando si riesce a realizzare qualche progetto o qualche attività a favore della Comunità, ci si sente parecchio appagati. In definitiva, ritengo che il motivo principale che anima i miei sforzi è il voler fare in modo, lavorando con le nuove generazioni, che quella che io definisco “italianità” dei nostri figli e dei nipoti nati e cresciuti qui, non si attenui col tempo, fino poi a sparire del tutto”.
E’ possibile, a suo avviso, tracciare un profilo che ben rappresenti gli italiani a Johannesburg? “L’emigrazione italiana in Sudafrica è iniziata alla fine dell’ottocento, quando tuttavia erano pochissimi i connazionali che si trovavano qui, principalmente per lavorare nelle miniere d’oro come esperti nell’impiego di dinamite. Quasi tutti provenivano dalla zona di Avigliana, nel Piemonte. Solo dopo la seconda guerra mondiale si è registrata un’emigrazione più massiccia, allorché gli Italiani in Sudafrica, molti dei quali erano discendenti delle migliaia di prigionieri di guerra catturati dagli Inglesi e detenuti a Zonderwater, vicino a Pretoria, decisero poi di stabilirsi in un Paese che in quegli anni offriva loro, a differenza della disastrata Italia, numerose opportunità di lavoro e senz’altro una vita migliore. Parliamo prevalentemente di artigiani, imprenditori edili, meccanici e professionisti di ogni settore, che hanno dato lustro al nostro Paese guadagnando col proprio lavoro una grande considerazione da parte dei sudafricani, che nutrono da sempre molto rispetto e stima per gli italiani. Quest’ultima generazione di connazionali è rimasta comunque molto legata alla cultura Italiana e alle sue tradizioni e, pur avendo preso qualcosa della mentalità anglosassone locale, resta comunque molto orgogliosa della sua italianità”.
Dunque possiamo parlare di una Comunità oggi ben integrata… “Esattamente, la nostra Comunità si è integrata benissimo in un Paese che ha offerto ai nostri connazionali, negli anni, infinite opportunità di crescita e di lavoro. Gli emigranti italiani, grazie alla propria naturale capacità di adattamento, unita al forte desiderio di raggiungere uno stile di vita di un certo livello, sono riusciti a eccellere in tutti i settori, tanto che ora possiamo tranquillamente dire che sono tutti ben inseriti nel tessuto sociale e altamente rispettati. Tuttavia, c’è comunque da aggiungere che, purtroppo, a livello sociale il Sudafrica è sicuramente molto diverso dal resto del
mondo. Qui sono presenti temi razziali enormi e molto complicati da comprendere, con delle contraddizioni difficili da decifrare per chi viene dal mondo occidentale. La povertà assoluta della maggioranza della popolazione è sotto gli occhi di quanti vivono qui, e cercano al contempo di procurare benessere alle proprie famiglie. A volte, per questo motivo, si finisce anche per essere bersaglio di discriminazioni da parte del governo locale e dei suoi rappresentanti che, attraverso politiche economiche volte essenzialmente a favorire solo gli africani, mettono gli altri, compresi i nostri connazionali, in grave difficoltà nel mondo del lavoro. Anche per questo motivo gli italiani hanno sviluppato la tendenza ad aggregarsi, ritengo pure per un naturale senso di protezione di quelli che sono i nostri valori. Insomma, non le nascondo che qui si registra anche un certo timore per quello che può succedere in un Paese democraticamente giovane e inesperto. Ad ogni modo, pur avendo successo in ogni settore e partecipando intensamente alla vita del Sudafrica, è giusto sottolineare che i nostri connazionali hanno sempre mantenuto un forte attaccamento all’Italia, cercando di tramandare la nostra cultura e le nostre tradizioni nella Comunità che si è stanziata qui”.
Come definirebbe il rapporto fra il Comites da lei presieduto e la rete diplomatica italiana? “Ottimo, soprattutto con il Consolato Generale di Johannesburg, con il quale lavoriamo costantemente. Ora stiamo aspettando l’arrivo del nuovo Console Generale, che subentrerà alla dottoressa Emanuela Curnis, che ha finito il suo mandato lo scorso dicembre. Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre cercato di creare un filo diretto con Roma tramite i nostri Ambasciatori, con i quali abbiamo sempre avuto un buon dialogo. Purtroppo però, da circa due anni, abbiamo perso in nostro rappresentante al CGIE (Consiglio Generale per gli Italiani all’Estero) per colpa di una legge sciagurata che tiene conto solo dei numeri e trascura il fatto che l’Africa è comunque un continente grande quattro volte più grande dell’Europa e destinato in futuro ad avere un ruolo molto importante nelle migrazioni globali. Siamo comunque riusciti a creare un bel rapporto con il CGIE delle zone anglofone e con la Direzione Generale del Ministero, e manteniamo vivi questi contatti per far sentire la nostra voce anche da molto lontano. Speriamo che il nostro Governo non ci abbandoni del tutto e si renda conto del valore aggiunto che gli Italiani all’estero possono portare all’Italia, ovunque essi vivano. Su questo punto vorrei far notare che il Sudafrica sarà quest’anno il Paese organizzatore del G20 e che questo Stato appartiene da molto tempo ai Paesi del BRICS che, come tutti sanno, sono in costante espansione sia come numero che come importanza economica e strategica”.
Qual è il suo ricordo più bello da Presidente del Comites? “I ricordi più belli sono senza dubbio legati alle nostre attività e ai progetti che prepariamo instancabilmente. Credo però che l’emozione che proviamo durante la Commemorazione ai Caduti nel nostro Cimitero Militare di Zonderwater, in programma ogni anno durante la prima domenica di novembre, sia incomparabile. Per noi questa cerimonia rappresenta un punto di riferimento, un segno di profonda appartenenza, capace di coinvolgere tutti gli Italiani, sia quelli nati in Sudafrica, sia tutti gli altri che, come me, sono arrivati dopo. Per chi volesse saperne di più, con il Comites siamo a disposizione per spiegare l’importanza storica e sociale di questo evento. Consiglio vivamente a chi si trova da queste parti di considerare una visita al Sacrario Militare: noi saremo felici di accompagnare ciascuno e raccontare cos’è accaduto in questo posto a circa 105mila giovani soldati Italiani. Storie incredibili di artisti talentuosi, fughe, imprese sportive eccezionali e la nascita di una comunità italiana che proprio nel momento più buio della guerra è riuscita a trovare l’energia per ripartire e creare una nuova vita. E’ stato davvero avvincente ed emozionante per me venire a conoscenza degli accadimenti legati a questo posto e a quel periodo storico, la cui presenza idealmente mi ha sempre sostenuto anche nei miei primi anni in Sudafrica, quando ambientarmi qui era tutt’altro che facile e scontato. Ogni anno partecipano alla cerimonia in memoria dei caduti centinaia di Italiani residenti e moltissime autorità locali della Difesa e degli Interni, assieme al coro Giuseppe Verdi, con il passaggio di pattuglie aeree acrobatiche. Una commemorazione veramente ben organizzata dal Consolato di Johannesburg e dalla nostra Comunità.
Per il resto, cerchiamo poi, il più possibile, di andare incontro alle esigenze dei connazionali che rappresentiamo, e grazie a uno dei nostri progetti aiutiamo anche una struttura che accoglie circa settanta giovani africani senza famiglia e vittime di abusi e di violenza. Fra le alte attività, organizziamo raccolte fondi e l’anno scorso abbiamo collaborato con i ragazzi dell’orfanotrofio, le Istituzioni e i concittadini per organizzare un concerto in occasione dell’Heritage Day del 24 Settembre, che qui in Sudafrica rappresenta la Festa dell’unità sociale e promuove il rispetto delle culture e delle tradizioni di tutte le etnie presenti. Mi creda, è stato un grande successo che ci ha veramente riempito il cuore”.
E il ricordo più brutto? “Credo sia relativo al periodo del Covid. In un clima surreale abbiamo preparato pacchi con viveri, medicinali e aiuti di ogni genere per quei connazionali che in pochissimo tempo si sono trovati in difficoltà. Non esiste in Sudafrica alcun tipo di assistenza sanitaria pubblica o di previdenza sociale, e se non ci si organizza privatamente, è un vero problema. Al tempo, vedere moltissimi connazionali in difficoltà è stato davvero triste. C’è da dire che il Consolato e l’Ambasciata ci hanno aiutato parecchio, ma la situazione è stata davvero pesante per tutti. Ora per fortuna quel brutto periodo è passato. Invito tutti a venire a visitare questo bellissimo Paese: il Comites di Johannesburg è a disposizione per qualsiasi informazione”.
Siete in contatto anche con Comites che operano in altre parti del mondo? “I Comites hanno in questo momento pochissimi fondi a disposizione per le loro attività e
anche noi, purtroppo, dobbiamo far fronte a questo problema. Per quanto ci riguarda, cerchiamo attraverso il nostro volontariato di realizzare quanto ci è possibile. Sarebbe bellissimo poter collaborare, viaggiare e scambiare esperienze e idee con altre realtà nel mondo, tuttavia al momento queste prerogative ci sembrano precluse. A livello personale sono in contatto con alcuni Comites, soprattutto con quelli dei Paesi anglofoni e con il CGIE, e quando posso partecipo a videoconferenze e riunioni. Mi piacerebbe molto però, come detto, poter viaggiare di più per conoscere meglio le altre comunità italiane nel mondo. Abbiamo anche progetti di scambi di esperienze con altri Paesi dedicati ai nostri giovani ma, mi creda, le nostre risorse sono sempre molto limitate”.
Prossime iniziative in programma? “Da circa tre anni abbiamo realizzato un progetto, speriamo in continua crescita, che si chiama S.M.I.L.E., acronimo che sta per Small and Medium Italian League of Enterprises, nato dall’idea di creare una rete di imprese commerciali di piccola e media grandezza. Nel giro di poco tempo abbiamo superato il migliaio di soci, creando una collaborazione più diretta tra gli imprenditori e i professionisti Italiani che operano in Sudafrica. Durante l’anno il nostro Comites organizza, ogni due o tre mesi, degli incontri di networking tra gli iscritti a SMILE, eventi questi che sono ormai diventati anche delle occasioni di aggregazione sociale e di svago. Per il 2025 abbiamo ricevuto dei fondi per promuovere ancora di più questa iniziativa, che riteniamo essere di valore assoluto per tutti gli Italiani in Sudafrica. Un altro progetto in corso, anche questo approvato dal Ministero, è quello volto a creare una maggior fruibilità del Sacrario di Zonderwater per le visite guidate e la sua custodia, e inserire il sito sempre di più negli itinerari turistici della zona. Il coinvolgimento in questi due progetti dei nostri giovani italiani è per noi di importanza assoluta per tramandarne la memoria. Oltre a questi progetti ci interessa naturalmente continuare il lavoro di promozione della nostra Lingua e della nostra Cultura, collaborando con la Dante Alighieri e l’Istituto di Cultura, per far sì che i giovani Italiani in Sudafrica, crescendo, si rendano conto dell’importanza di tramandare valori e tradizioni del Bel Paese. Vorrei concludere questa intervista ringraziando la buona sorte per avermi portato qui, in questo Paese meraviglioso, essere riuscito a crescere con la mia famiglia, ma soprattutto di aver potuto conservare l’orgoglio e l’onore di sentirmi allo stesso tempo profondamente Italiano. Viva il Sudafrica e viva l’Italia!”.
Intervista di Marco Finelli