Un curriculum ricco di cariche e onorificenze a testimoniare l’impegno per gli italiani oltre oceano di chi, pur essendo nato a Brooklyn, ha sempre avvertito forte il richiamo per il Bel Paese, terra d’origine dei suoi genitori: Joseph Sciame, personalità di spicco negli States anche, e non solo, per il suo ruolo di Presidente della “Fondazione Sons of Italy”, attivissima nel promuovere il lavoro dei connazionali in America, è Cavaliere Ufficiale e Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Vicepresidente della St. John’s University di New York dal 1982 e già Presidente dell’Italian Heritage and Culture Committee NY, fra i tantissimi ruoli ricoperti spiccano quelli di Presidente OSDIA National Commission for Social Justice Board of Directors fino al 2015 e di CEO/Presidente del Garibaldi Meucci Museum fino al 2011.
Joseph Sciame, cosa significa per lei essere il Presidente della “Fondazione Sons of Italy”? “Considero il ruolo di Presidente della “Fondazione Sons of Italy”, entità 501©3 dell’Ordine “Sons and Daughters of Italy in America”, il culmine di anni di attività svolta con vari ruoli nell’OSDIA fin dal 1968, anno in cui mi sono unito per la prima volta alla “Cellini Lodge #2206″, in New Hyde Park, a New York. Ricordo perfettamente, era il 29 settembre 1968, e quello fu per me un grande giorno. Da allora, sono sempre stato orgoglioso di aver potuto ricoprire molti livelli di leadership, portando così avanti la tradizione dei miei nonni materni che arrivarono dalle città collinari di Prizzi e Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, assieme a quelli paterni, provenienti da Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento. Posso dirle che i miei avi erano davvero orgogliosi di essere arrivati in America, dove hanno cresciuto i loro figli con grande unità e senso della famiglia”.
Come viene percepita oggi, secondo lei, la Comunità italiana negli Stati Uniti? “In modo molto positivo, in quanto ha avuto successo nella vita sociale e, mi creda, in qualsiasi professione, mettendosi in mostra non solo grazie al lavoro dei singoli, ma anche come intera Comunità. Molti italiani in America, nel corso di generazioni, hanno faticato a dimostrare il loro vero valore, ma grazie all’alta istruzione sono poi riusciti a guadagnare un posto legittimo nella società. Abbiamo raggiunto risultati importantissimi in ogni ambito e oggi siamo perfettamente integrati. Purtroppo, devo anche dirle, che in passato il nostro successo è stato sovente messo in discussione, soprattutto a causa dei retaggi culturali del passato, che facevano sì che gli italoamericani venissero percepiti in modo negativo a causa di stereotipi consolidati, formatisi negli anni. Ad ogni modo, sono felice di poter dire che oggi, per la maggior parte degli americani, questi stereotipi non esistono quasi più, e così tutti gli italiani sono molto rispettati. Qualche eccezione, purtroppo, capita sempre, tuttavia mi sento di poter dire che la nostra resilienza qui è davvero apprezzata, come del resto la nostra perseveranza. Siamo un popolo forte e lo abbiamo sempre dimostrato”.
Qual è il suo ricordo più bello in tanti anni di attività come Presidente della “Sons of Italy Foundation” e dell’OSDIA? “Faccio fatica a rispondere perché posso dire con orgoglio che sono davvero tanti i successi ottenuti da quando sono diventato Presidente della “Sons of Italy Foundation”. Cinque anni fa, ad esempio, sono riuscito a ottenere fondi aggiuntivi per i nostri programmi e per le nostre borse di studio, tanto che nel maggio scorso siamo stati in grado di assegnare oltre 175 mila dollari a 16 studenti eccellenti, che spiccavano nell’istruzione superiore, sia a livello universitario che post-universitario. Allo stesso tempo, abbiamo onorato, come facciamo da 35 anni, molti premiati nel nostro gala “National Education Leadership Awards (NELA)” a Washington DC. Inoltre, quando ripenso ai miei molti anni come leader OSDIA, posso dire di ritenermi una “risorsa” per i molti “Sons and Daughters of Italy in America”, come ad esempio per l’attuale Presidente nazionale, Michael G. Polo”.
E l’incontro che ricorderà sempre più volentieri? “Ho avuto davvero molte esperienze meravigliose nella vita tuttavia, in tema di incontri, ne citerei tre su tutti: l’udienza papale nell’aprile 2004, quando ebbi modo di incontrare San Papa Giovanni Paolo II e, inginocchiato davanti a lui, ebbi l’onore di potergli parlare faccia a faccia, con i suoi penetranti occhi azzurri che mi fissavano. Nell’occasione, Sua Santità mi tenne la mano e pregò per me e io feci lo stesso per lui. Il secondo ricordo è legato all’incontro con il Primo Ministro Silvio Berlusconi, il quale desiderava che sua figlia venisse a studiare alla St. John’s University, ateneo del quale io ero Vice-Presidente. Figlia che tra l’altro poi si iscrisse e si laureò, e lui ne fu sempre orgoglioso. Infine, un altro grande giorno della mia vita fu quando ricevetti l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Mattarella”.
Qual è il Suo rapporto con la rete diplomatico-consolare italiana? “Grazie agli onori che mi sono stati conferiti nel corso degli anni come Cavaliere, Cavaliere Ufficiale e poi Commendatore, ho sempre avuto stretti rapporti con i Consoli Generali e con gli Ambasciatori d’Italia negli Stati Uniti. Come Presidente dell’Italian Heritage and Culture Committee di New York, Inc., ho poi avuto modo di lavorare su progetti relativi al nostro patrimonio e alla nostra cultura. Numerosi eventi ogni anno mi portano infine a incontrare spesso i diplomatici italiani a New York o nell’Ambasciata d’Italia a Washington DC. Bene, posso tranquillamente affermare che tutti sono stati sempre “generosi” con il loro tempo e non è mai mancato l’impegno per voler costruire, con un occhio di riguardo volto a preservare quella che io amo chiamare la nostra “Italianità”.
Intervista di Marco Finelli
Bravo!