Sold out le prenotazioni per le prime due settimane per la mostra “She Walks in Beauty, Women of the Han Dinasty and Roman Empire”, inaugurata sabato 15 giugno nel Museo provinciale di Hunan, nella città di Changsha, in Cina. Esposti, per la prima volta, 150 capolavori delle collezioni dei Musei Civici di Roma Capitale, in dialogo con oltre cento opere d’arte provenienti da sette musei cinesi, per raccontare, come suggerisce il titolo – tratto da una poesia di Lord Byron – le donne nella Roma antica e nella coeva dinastia cinese Han (220 a.C.- 200 d.C.).
La mostra – promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzata in collaborazione con la società italiana Arteficio, con il supporto dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino e curata da Claudio Parisi Presicce – intende celebrare i cinquant’anni dall’importante ritrovamento delle tombe del sito di Mawangdui, una delle più significative scoperte del panorama archeologico cinese, tra cui spicca la mummia della Marchesa Dai (II sec. a.C.).
Da ottobre l’esposizione proseguirà con altre tappe nelle città di Chengdu, Shenzhen, Shenyang.
“La mostra ‘She walks in Beauty, Donne della dinastia Han e dell’impero romano’ che da giugno 2024 girerà la Cina a partire dalla città di Changsha, si inserisce in un più ampio quadro di iniziative di promozione internazionale del patrimonio storico-artistico di Roma, pensate per attrarre nuovi visitatori e consolidarne il ruolo di Capitale culturale globale”, così l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. “Questo progetto espositivo, che cade in occasione del 700° anniversario dalla scomparsa di Marco Polo, ha il pregio di mettere in luce il ruolo cruciale delle donne nelle due grandi civiltà, quella romana e quella cinese, attraverso un dialogo tra reperti archeologici e altre testimonianze artistiche. La collaborazione in ambito culturale è uno degli strumenti più fecondi per la comprensione reciproca tra popoli con tradizioni diverse”, ha concluso.
“La storia per lo più la scrivono gli uomini. Nell’antichità è agli uomini che viene attribuito di solito il ruolo di protagonisti delle vicende che, concatenate tra loro, determinarono la nascita, lo sviluppo, la conquista e la distruzione delle comunità politiche. Fin dai poemi omerici, tuttavia, le figure femminili sono state il motore originario di molte delle vicende narrate: Elena, Ecuba, Andromeda, Briseide, Penelope, Calipso, Circe, Nausicaa, Euriclea”, scrive il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce nel saggio in catalogo. “La debolezza e la rarità delle informazioni storiografiche concrete e circostanziate sulle donne contrastano, però, con la sovrabbondanza delle immagini. Le donne sono rappresentate prima di essere descritte o raccontate, e attraverso un’attenta analisi qualcosa è possibile afferrare della loro vita”.
Apre l’esposizione la statua di una matrona romana velata di epoca imperiale proveniente dal museo capitolino della Centrale Montemartini che introduce i temi del matrimonio, dello spazio domestico, dell’ideale femminile, della sfera funeraria e devozionale.
Nelle tre sezioni di cui si compone il percorso espositivo, Roma e Han dialogano, come i due imperi non fecero mai direttamente, attraverso reperti come il Sarcofago delle Amazzoni (140-150 d.C.) dei Musei Capitolini, con la scena di battaglia tra i Greci e le mitiche donne guerriere, o il grande stendardo funerario a T di seta, posto sul coperchio del sarcofago più interno di Mawangdui, raffigurante il viaggio nell’aldilà.
Steli funerarie e splendidi busti di donne romane, giovani e anziane, con diverse acconciature ed espressioni arricchiscono il racconto. Una statua di Livia imponente è occasione per ricordare la storia di una delle donne più importanti di Roma, la cui vita fu così simile e diversa allo stesso tempo dalle consorti di imperatori cinesi.
In mostra anche numerosi degli oltre tremila reperti delle tombe di Mawangdui, ritrovate casualmente agli inizi degli anni Settanta, e risalenti alla dinastia Han, fra cui lacche e sete perfettamente conservate e listelli di bambù con iscritti testi di medicina tradizionale, filosofia e astrologia. Gli oggetti erano nelle bare insieme ai corpi dei defunti, inseriti a loro volta in sarcofagi sigillati e interrati ad alcune decine di metri di profondità. In una delle tre tombe, c’era il corpo mummificato di una donna, immerso in un liquido di conservazione che ha mantenuto i tessuti dopo duemila duecento anni dalla morte, forse a cinquant’anni: la Marchesa Dai, ora esposta in una bara di vetro in un allestimento molto scenografico del Museo provinciale di Changsha.